Iloka Anthony Azubuike, nato in Nigeria nel 1968, non era solo uno dei più autorevoli membri del gruppo nigeriano “disarticolato” dall’operazione “Turnover” della squadra mobile di Perugia, ma era il capo “locale” del gruppo operativo nel padovano, alle dirette dipendenze di Anioke Jonathan, considerato il “capo” del sodalizio operativo in Italia e domiciliato a Roma (catturato all’alba dello scorso 21 maggio davanti all’ambasciata della Nigeria a Roma).
L’operazione “Turnover”, condotta tra il 2012 ed il 2013 dagli uomini della “Criminalità organizzata”, diretti da Marco Chiacchiera e coordinati operativamente da Piero Corona e dall’Isp. Superiore Bigini, è stata concepita e condotta per contrastare e neutralizzare una vera e propria “rete” di soggetti nigeriani, tutti dediti in maniera attiva e proficua all’immissione di droga in Italia e presenti in numerose province del territorio nazionale ed all’estero (Nigeria, Congo, Zambia, Brasile, Ecuador, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna etc.), ed ha avuto epilogo nell’emissione, da parte del Gip di Perugia Lidua Brutti, di ben 37 misure di custodia cautelare in carcere, molte delle quali eseguite all’alba dello scorso 21 maggio su tutto il territorio nazionale.
Riti Voodoo Particolarità del gruppo oggetto dell’indagine “Turnover” è la triste circostanza per la quale i corrieri di droga che avevano la sventura di cadere nella trappola degli investigatori di Perugia, solitamente appena atterrati a Fiumicino, venivano erroneamente ritenuti, dai loro mandanti, in fuga con la sostanza e pertanto “traditori”: le conseguenze, per le loro famiglie e per le loro case in Nigeria, erano nefaste, al punto che dopo la “somministrazione” di un potente rito “Voodoo” sull’arrestato, i familiari erano oggetto di pesanti violenze e ritorsioni. Qualora invece i capi venissero a conoscenza dell’avvenuto arresto del loro inviato, i riti malefici erano invece destinati agli operatori di Polizia autori della cattura (…”gli uomini in divisa”).
L’organizzazione L’indagine, oltre a permettere di individuare e cogliere in flagranza circa un decina di “corrieri-ovulatori” inviati in Italia per immettere sul mercato nazionale ingenti quantitativi di “eroina” e “cocaina”, sequestrata per oltre 10 chili, ha consentito soprattutto di identificare i “mandanti”, gli “organizzatori” dei vari trasporti, presenti in vari paesi esteri e distribuiti nelle principali città italiane per la gestione delle relative piazze di distribuzione, all’ingrosso, dello stupefacente. Tali soggetti, considerati “capi” o “referenti” locali, si occupavano, oltre che dell’organizzazione dei viaggi per l’immissione della droga, anche della successiva distribuzione, a connazionali e non, per lo spaccio al dettaglio, riuscendo quasi sempre a non farsi mai trovare nella disponibilità della sostanza. Tra essi, Iloka Anthony, che gli uomini della Mobile avevano avuto modo di conoscere già all’inizio dell’indagine attaccando una sua foto, sulla cartina dell’Italia, proprio su Padova, si era distinto per la scaltrezza e per l’acume criminale grazie ai quali non solo non era mai stato arrestato in flagranza, ma soprattutto, all’esito delle catture scattate all’alba dello scorso 7 maggio, si era dato alla fuga, facendo perdere ogni traccia di sé dal Veneto e da tutto il territorio nazionale.
Ma gli uomini di Marco Chiacchiera non si sono persi d’animo, ed hanno continuato a seguire le sue tracce in maniera discreta ed impercettibile, intervenendo nel momento più opportuno: nella tarda mattinata di ieri, martedì 30 settembre, dall’aeroporto di Dubai, attraverso la Polizia di Frontiera di Venezia, arriva la tanto attesa conferma degli accertamenti e degli approfondimenti svolti e diretti ad assicurare alla giustizia anche il referente padovano del gruppo.
L’arresto Alle ore 13.45, infatti, proveniente da Dubai su un volo “Fly Emirates”, sul suolo veneto è ricomparso Iloka il quale, pensando di aver eluso, passati ormai diversi mesi dalle catture dei suoi compagni, le ricerche della Polizia, prima ancora di mettere piede in aeroporto è stato immediatamente ammanettato e successivamente trasportato nella più vicina casa circondariale: ad eseguire la cattura ha provveduto il personale dell’Ufficio Polizia di Frontiera dello scalo aereo di Venezia. A nulla è servita la scelta “strategica” dello scalo intermedio negli Emirati Arabi Uniti, per “ingannare” gli investigatori alla ricerca del suo nominativo sulle liste dei passeggeri provenienti dalla Nigeria: soltanto ieri pomeriggio il sospettato ha potuto constatare come tale sistema, peraltro utilizzato in precedenza nell’organizzazione dei trasporti di droga, sia ormai obsoleto e fallimentare.