Comunità torgianese in lutto per scomparsa di Italo Galletti, il fabbro del paese, attività iniziata a soli 12 anni nella bottega dello zio Erminio. Da allora la sua passione era cresciuta giorno dopo giorno e, nonostante un grave infortunio sul lavoro che gli aveva impedito l’uso della mano destra, aveva continuato nella sua arte.
Ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, non avendo come fine primario l’arricchimento ma per pura e smisurata passione. “Era sempre in officina sotto casa. Mi svegliavo al mattino e lo sentivo lavorare; mi addormentavo la sera e spesso era di nuovo sceso in officina” ricorda la figlia. “Tagliava, mollava, saldava e, quando suonava il campanello di casa noi figli ancora piccoli ci guardavamo interrogandosi su quale fosse il nostro compito quel giorno: passare antiruggine alle ringhiere, infilare le guarnizioni agli infissi oppure scagliare le sbavature delle saldature ad elettrodo. Sì, perché il papà ci ha sempre insegnato e mostrato il lavoro, come si costruisce qualcosa: ‘Con il lavoro onesto’, diceva, ‘con i sacrifici uniti alla passione”. Uomo di fede: la domenica mattina andava a messa e, una volta finita, andava dal cliente di turno per prendere delle misure e fare due chiacchiere, ‘sul lavoro, sulla società, sul sistema che stava correndo troppo’, diceva“.
Uomo di grande onestà ed intelligenza, ancorato ai valori veri, buono, riservato tanto da non voler mai sentire parlare male degli altri. “Pensa a comportarti bene tu e a fare le cose seriamente e con impegno – ripeteva alla figlia – e vedrai che non avrai problemi nella vita”. Ospitale, “tanto che a tavola spesso ci trovavamo in compagnia di vari autisti che portavano i materiali e se era l’ora di pranzo faceva aggiungere un piatto a mamma e diventava l’uomo più felice del mondo”.
“Ci ha insegnato – prosegue la figlia – l’amore verso l’altro, il rispetto verso l’altro, il tendere la mano sempre. Sembrava un uomo burbero di primo impatto ma il suo sguardo severo e dolce nascondeva una grandezza d’animo che solo chi lo ha conosciuto da vicino può conoscere. Non ha mai imposto nulla a nessuno. Non ho mai sentito mio padre dirmi “tu devi fare questo” oppure “non devi fare quello”. Lui ce lo ha insegnato (a me e ai miei fratelli) con il suo esempio quello che era giusto fare. Abbiamo seguito i suoi passi silenziosi, le sue orme ed è stato tutto semplice. Si dice che quando si perde un Uomo così “viene meno una colonna”: traballeremo un po’ papà, ma tu hai costruito delle fondamenta talmente forti che nulla ci farà paura. Ci mancherai, certo, però siamo certi che continuerai ad osservarci da lassù, con i tuoi bellissimi occhi severi/dolci e noi non ti deluderemo. Grazie Papà! Tutti i figli del mondo dovrebbero avere un papà come Te”.