Il piano strategico è un percorso organizzato su diverse tappe ognuna delle quali contiene un obiettivo che, a sua volta, sviluppa più temi e coinvolge più protagonisti.
Il documento di sintesi del piano presentato dal Sindaco nelle scorse settimane si articola lungo 10 li-nee di azione che disegnano un’agenda di priorità per la città. Un insieme coordinato di questioni per le quali mettere a punto risposte realistiche e praticabili nel medio periodo. Ogni linea di azione sarà approfondita settimanalmente con dati e spunti di riflessione. In questo primo approfondimento, dedicato alle politiche per la cultura e la crescita delle imprese culturali a Terni e nell'area ternana, è stata già sperimentata, attraverso un lavoro preliminare sul polo audiovisivo umbro, una delle modalità operative del piano strategico che ha portato alla predisposizione, congiunta tra più soggetti, di un dossier quale base per aprirsi alla città attraverso un percorso di partecipazione e di discussione.
La cultura, una risorsa per una città che non vuol essere provinciale
Terni ha bisogno del piano strategico per guardare al futuro con speranza. Non un vago sentimento ma la certezza che possiamo farcela grazie alla consapevolezza dei propri mezzi, alla necessità di abban-donare ciò che non serve più e di conservare invece ciò che è utile, migliorandolo e rilanciandolo, la-sciando lo spazio per inventare ciò che ancora non c’è. Tra ciò che serve troviamo la materia della prima tappa del percorso: Terni città della cultura e dell’industria culturale. In parte un dato di fat-to. In parte un obiettivo da raggiungere. Tra i protagonisti troviamo essenzialmente imprese e associa-zioni, ma anche scuole, pubbliche amministrazioni, banche, fondazioni, comunità religiose. Sono questi gli attori che mettono in relazione cultura e impresa e che possono insieme centrare l’obiettivo.
Puntare su cultura e industria culturale è ciò che Terni sta cercando di fare da almeno 15 anni. La stra-da è giusta ma dobbiamo cambiare il nostro modo di percorrerla Si tratta di ricalibrare le scelte com-piute, di valutare serenamente ma senza sconti gli errori, di intraprendere strade nuove. La città ha preso una decisione di fondo: riutilizzare il suo passato industriale non per farne un museo (anche se fare archeologia industriale è tutt’altro che conservare in maniera statica il proprio passato) ma uno strumento di creazione di impresa e quindi di crescita economica. Questa scelta ha nomi e cognomi: Università, centri di ricerca, bct, Caos, Videocentro, studios di Papigno, Icsim, Briccialdi. Alcune tra queste scelte vanno ripensate, rimodulate, riprogettate. Molto c’è ancora da inventare.
Innanzi tutto dobbiamo ricollocarle in un quadro sociale e tecnologico non soltanto profondamente cambiato ma anche in continua accelerata evoluzione. Si è modificata la domanda di cultura, la tecno-logia che struttura la produzione di cultura e la diffonde, come pure il ruolo delle città. Non possiamo separare questa tappa del piano strategico da una chiara comprensione del ruolo della città e della di-mensione urbana né possiamo pensare alla cultura e all’industria culturale come realtà senza luogo. Al contrario cultura e industria culturale vivono e si sviluppano nella città e hanno assoluto bisogno della dimensione urbana. Se Terni cessa di avere autonomia economica, politica, culturale, non può ambire a sviluppare la dimensione della cultura e dell’industria culturale come dimensione di crescita.
Cultura, industria culturale e città sono una la condizione dell’altra. Garantire la qualità e l’eccellenza dei collegamenti infrastrutturali tra Terni e Roma è, ad esempio, una condizione per far decollare cul-tura e industria culturale a Terni. Allo stesso tempo investire su questo settore significa rendere possi-bile il futuro di Terni come città e non come sola area residenziale del sistema metropolitano romano. Terni lo ha fatto, gli spazi industriali dismessi e rigenerati lo testimoniano.
La seconda generazione
Ora si tratta di avviare un processo di costruzione di progetti di “seconda generazione”, facendo tesoro di un passaggio: la stretta connessione tra il fare impresa e il fare cultura, anzi l’identificazione tra po-litiche per la cultura e politiche per l’impresa e lo sviluppo economico. In questo piano strategico la cultura è primariamente un settore produttivo, è quello che gli addetti ai lavori chiamano “industria culturale”. E’ questa dimensione commerciale e di mercato che fa della cultura un motore di crescita. E’ questa dimensione che occorre aggredire per costruire progetti di “seconda generazione”.
Se ci fermiamo anche solo per un momento a riflettere possiamo considerare come nessuno dei prota-gonisti degli investimenti che la città ha fatto sulla cultura sia estraneo a questa logica di impresa. Per questo, a partire dalla metà dello scorso decennio, la città ha cominciato a ragionare di distretto cultu-rale, cioè della creazione di un contesto urbano favorevole alla creazione e alla localizzazione di im-prese culturali. Alla base del modello di distretto culturale c’è inoltre la consapevolezza che la cultura costituisce uno degli strumenti di diversificazione e di sviluppo della realtà produttiva del territorio, in una prospettiva fortemente connessa a quella dell’economia della conoscenza. Per poter accompagnare lo sviluppo di una logica di distretto culturale è necessario che il contesto locale presenti una serie di caratteristiche: un appropriato sistema di infrastrutture culturali; un’offerta culturale ampia, diversi-ficata e di qualità, un sistema sociale integrato e partecipe del progetto di sviluppo; un sistema forma-tivo che garantisca prestazioni di elevata qualità; un sistema economico-produttivo in grado di favorire la circolazione delle conoscenze e generare innovazione; più network integrati capaci di mettere in relazione i soggetti del territorio con altri soggetti nazionali e internazionali. In questo contesto, consi-derando la storia industriale dell’area ternana, il distretto culturale si può sviluppare mescolando di-versi ingredienti, dalla rigenerazione dei siti industriali dismessi alle politiche di attrazione dei talenti creativi, dalle azioni per la capacitazione della comunità locale alla costruzione di modelli di gover-nance più flessibili. Per questo occorre, in questa prima tappa del piano strategico, valutare lo stato di avanzamento della realizzazione di questo disegno e selezionarne le concrete possibilità di sviluppo.
La ricerca elemento essenziale del Polo universitario
Lo sviluppo della presenza universitaria a Terni, una questione con punti interrogativi ma non per questo affievolita. La città ha speso molte risorse in questa direzione. Un incontro è ancora possibile se tutti i protagonisti credono fino in fondo e senza riserve alla convenienza dell’investimento che fanno: dall’Università di Perugia alle imprese. Terni ha bisogno soprattutto di una presenza qualificatissima e autonoma nel mondo della ricerca, capace di generare effetti pervasivi sul fronte dell’innovazione in-dustriale e, certo, anche dell’innalzamento della qualità dell’offerta nel mercato del lavoro. Terni ha bisogno di una presenza universitaria che attragga domanda esterna. Tra l’altro semplici considerazioni di carattere demografico ci fanno capire come non solo l’area ternana ma l’intera realtà umbra non siano in grado di sostenere da sole una domanda di istruzione universitaria capace di giustificare i costi di produzione dell’offerta. A meno di non tollerare un’offerta di poca qualità e con costi occulti impropriamente trasferiti sulla collettività locale. Il tema della presenza universitaria è dunque tutto da riscrivere con la partecipazione attiva di molti interlocutori. Senza dimenticare che l’efficacia del ne-goziato dipende dalla disponibilità di alternative e dalla libertà delle parti di guardare a queste alternative. L’Università di Perugia e le imprese del territorio sono chiamate a questa riscrittura. La conclusione della stagione delle riforma statutaria non ha messo la parola fine alla questione. Si pensi a questo proposito anche al circuito degli istituti di ricerca e di alta formazione (Icsim, Briccialdi, ricerca nel campo biomedico) e al loro ruolo di nodi di un’articolata rete di soggetti capaci di produrre beni e servizi e di fertilizzare l’intero contesto urbano.
Il polo audiovisivo umbro
L’industria cinematografica e il polo audiovisivo umbro possono svilupparsi intorno ai due siti di Pa-pigno e dell’ex Videocentro. Anche in questo caso le potenzialità di crescita sono legate alla schiettez-za delle valutazioni che i diversi protagonisti fanno quando decidono di investire. Lo sviluppo del polo audiovisivo umbro richiede un dialogo serrato e la voglia di sperimentare soluzioni che mettano Terni e l’Umbria in competizione con altre aree del paese e guardino con coraggio e gusto del rischio ai mercati europei e internazionali. Per far questo occorre sciogliere alcuni nodi. Innanzitutto è necessario non confondere le strategie di sostegno del polo legate allo sviluppo di un vero e proprio distretto audiovisual con le politiche che hanno come scopo l’attrazione di produzioni (cinema e fiction Tv) secondo la logica del mercato delle location. Occorre poi concentrare le risorse e scegliere il settore audiovisual, con tutte le sue connessioni Ict, come uno dei settori delle politiche di sviluppo regionale, rompendo l’equivoco per cui le politiche di sostegno finiscono con il concentrarsi su uno dei punti della filiera produttiva senza tener conto degli effetti complessivi in termini di sviluppo locale. L’attrazione delle produzioni deve confrontarsi con quanto avviene in altre regioni per competere au-torevolmente e fornire strumenti innovativi sotto il profilo finanziario, intervenendo anche nel capitale di rischio. E infine l’investimento sul turismo indotto dalle produzioni di grande successo non può na-scondere la priorità dell’impegno alla promozione di condizioni di sviluppo delle imprese. La Regione dell’Umbria e il principale operatore del settore (Cinecittà studios) sono chiamati ad un’assunzione di responsabilità. In questo contesto il Comune di Terni deve rivedere radicalmente la missione dell’area Videocentro e ricollocarla in un prospettiva di sviluppo e non solo di mantenimento dei livelli occupa-zionali il destino dell’ex Cmm. Su questo tema la Giunta comunale ha elaborato una riflessione aperta.
La logica di impresa
L’avvio di una fase di “seconda generazione” riguarda da vicino anche le strutture che, seppur gestite in forme qualificate e innovative, come testimoniato da riconoscimenti nazionali ed europei, devono fare di più sul fronte dello sviluppo della logica di impresa. Pensiamo ad esempio a caos e al sistema museale. I successi relativi agli allestimenti permanenti, a quelli temporanei, alle attività educational e agli eventi festival devono incorporare una quota sempre crescente di attività di impresa. In questa di-rezione è necessario pensare ad una evoluzione di questi contenitori in termini di incubatori di imprese, lasciando dunque aperta la strada ad una logica commerciale e di sviluppo di servizi per start up nel campo dell’impresa creativa.
Una torsione imprenditoriale va immaginata anche nelle modalità di gestione dei servizi tradizional-mente a gestione diretta come quelli della biblioteca comunale di pubblica lettura. bct ha contribuito a costruire uno spazio urbano dedicato alla cultura e costituisce tuttora un presidio fondamentale della visione del distretto culturale come forma delle politiche di sviluppo della città. E’ però necessario uno sforzo ulteriore per produrre valore aggiunto alle attività di questo presidio. Il modello, da aggiornare e adattare, è quello degli idea store, luoghi di consumo e di produzione di cultura, informazione, formazione. I servizi educational sono quelli che meglio possono recepire allo stesso tempo la logica di impresa e la funzione sociale di disseminazione.
Il quartiere creativo
Sviluppo di una logica di localizzazione di attività imprenditoriali e artigianali nel campo dell’industria culturale e dell’impresa creativa è anche il tema che guida il progetto “Città Giardino – quartiere creativo”. In questo caso ci troviamo di fronte ad un mix tra politiche di sviluppo urbano e politiche di sviluppo economico generato da un’idea progettuale messa a punto da soggetti privati locali (Gatr, Molly and partners, Indisciplinarte, con la collaborazione dell’Università di Perugia, Corso di laura in Scienze sociali per la cooperazione e lo sviluppo). L’idea è legata in parte ad una vocazione che quel contesto urbano sta maturando attraverso la presenza del centro Caos e del suo indotto e per l’altro ad una potenzialità inespressa di valorizzazione di spazi pubblici e privati per l’insediamento di attività creative. Il progetto riassume in sé molte delle dimensioni fondamentali di questa prima tappa del piano strategico: attrazione di talenti e imprenditorialità esterni, sviluppo talenti interni, forme e strumenti partecipativi, arricchimento della produzione culturale, costruzione di una rete locale tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati. Il progetto rappresenta dunque un importante spazio la-boratoriale nel quale il Comune si muove su due fronti. Da una parte ha un ruolo di supporto alle azioni dei soggetti privati proponenti il progetto dall’altra assume un ruolo propulsivo mettendo in campo una serie di azioni che possono poi essere replicate per altri quartieri o per l’intera città. La risposta dei residenti del quartiere è incoraggiante. Come emerge da una più ampia ricerca in via di completamento, condotta da Cecilia Cristofori dell'Università di Perugia, i 3/4 dei residenti attuali di città giardino vedono con favore lo sviluppo di un progetto di quartiere creativo. Naturalmente tra le fasce di popo-lazione residente più giovane questa percentuale cresce e, tra i residenti tra i 18 e i 35 anni ben il 25% sarebbe molto interessato ad un coinvolgimento diretto nel progetto.
Su questa prima linea di azione si intende avviare un percorso di partecipazione con la città attraverso un forum tematico sul Polo audiovisivo umbro quale sviluppo del lavoro già avviato, un focus group sulle azioni per il Distretto culturale e la prosecuzione delle iniziative di partecipazione già sperimentate con i residenti del quartiere Città giardino nel corso del festival dell'architettura 2010 e 2011