Si rivive tutto. Da capo. Alla prima udienza del processo a Carico di Valerio e Riccardo Menenti si è partiti con la registrazione della telefonata che Julia fece al 118 chiedendo aiuto. La voce di una bambina, o poco più, che spaventata chiede aiuto, anche lei è ferita ma prima di tutto pensa ad Alessandro che è terra, pieno di sangue, che è stato colpito, da un colpo di pistola e con un pezzo di ferro. “E’ entrato – dice – uno in casa”. Ma quell’uno per la procura di Perugia e per la squadra mobile che ha portato avanti le indagini è Riccardo Menenti, che dopo aver negato per giorni ha infine ammesso di essere stato lui ad entrare nell’appartamento di via Ricci, per “dare una lezione” al nuovo fidanzato della ex del figlio, che aveva messo le mani addosso, e più di una volta, al suo Valerio.
L’udienza di questa mattina è stata caratterizzata dalla testimonianza del teste della pubblica accusa e dal contro interrogatorio della difesa, a Marco Chiacchiera, capo della squadra mobile di Perugia che tra i primi arrivò sul luogo dell’omicidio la notte tra il 25 ed il 26 marzo del 2013.
Dopo aver descritto la scena del delitto, e il quadro che si spalanca agli inquirenti al loro arrivo, partono le domande del procuratore facente funzioni Antonella Duchini. Fino ad arrivare ad uno degli elementi chiave. La pistola. L’arma del delitto trovata sul luogo del crimine, la cui proprietà secondo l’accusa sarebbe da attribuire ai Menenti e da cui invece la difesa vorrebbe smarcarsi per evitare l’aggravante della premeditazione. “Il particolare più importante è il fatto che il padre di Valerio – spiega Chiacchiera – era in possesso di un’arma di cui era stata rivelata l’esistenza, dall’ex ragazzo Julia in un’occasione in cui i due avevano litigato”, qui partono le obiezioni perché non può essere riportato il contenuto delle dichiarazioni di testimoni che saranno chiamati al banco, scena che si ripeterà per tutta la durata dell’udienza odierna.
E poi altri passaggi chiave delle indagini: “Gli agenti che sono andati al casolare di Todi – spiega Chiacchiera – hanno constatato la presenza di carboni ardenti all’interno del camino del casolare ed un giaciglio sfatto solo da un lato. Tiziana e Riccardo dichiararono ai giornali di aver dormito a Todi. Sostanzialmente l’alibi divulgato alla stampa dai Menenti con alcune interviste, ci è sembrato subito abbastanza strano… L’anziana madre della Tiziana viveva a Ponte San Giovanni. La madre inferma e non autosufficiente avrebbe dovuto essere lasciata sola tutta la notte, abitudine che non avevano e poi l’indomani avrebbero dovuto accudire il figlio in ospedale”. In altre parole, perché marito e moglie sarebbero andati fino a Todi alle due di notte (così direbbe l’esame le celle telefoniche) quando il loro domicilio abituale era così tanto più comodo e vicino all’ospedale dove solo poche ore dopo sarebbero andati per Valerio?
Nodi che presto verranno sciolti. Intanto giovedì prossimo si tornerà in aula e a deporre sarà proprio la super testimone sopravvissuta al massacro: Julia, che questa mattina non era in aula, mentre i genitori di Alessandro Polizzi hanno atteso ogni minuto fuori dall’aula. Essendo testimoni non possono assistere alle udienze.