Omicidio Cenerente, l'imputato "Io sono innocente" - Tuttoggi.info

Omicidio Cenerente, l’imputato “Io sono innocente”

Sara Minciaroni

Omicidio Cenerente, l’imputato “Io sono innocente”

Questa mattina in tribunale Alfons Gjergji ha raccontato la sua versione della notte in cui vennero massacrati Sergio Scoscia e Maria Raffelli
Gio, 22/05/2014 - 14:29

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“Io sono innocente e non so nulla dell’omicidio”. E’ questo il passaggio cruciale della testimonianza di Alfons Gjergji, imputato per l’omicidio di Sergio Scoscia e Maria Raffelli. Il giovane albanese questa mattina davanti alla corte d’Assise di Perugia ha di nuovo dichiarato la sua estraneità ai fatti “Io so solo che ho accompagnato un amico non so nulla dell’omicidio” e alla domanda del pm Claudio Cicchella sul perché la banda (composta dai già condannati all’ergastolo Ndrek Laska e Artan Gjoka) avrebbe invece spiegato il suo coinvolgimento, l’imputato ha risposto: “Loro accusando me hanno pensato di salvare se stessi. Sicuramente hanno deciso in Albania di fare questo. Lo hanno progettato insieme per accusare me. Mi dispiace per tutti ma non c’entro niente io in questo caso”.

Gjergji incalzato dalle domande dell’accusa da anche la sua versione rispetto al rinvenimento, nell’auto rintracciata a Roma al momento del suo arresto, di guanti in lattice, cacciavite e di un piede di porco: “Avevo una Ford Focus del 2004 di colore grigi – spiega Alfons – avevo quegli oggetti perchè li usavo per la macchina, i guanti li usavo per non sporcarmi quando dovevo cambiare le gomme. La macchina non funzionava bene e per farla partire usavo quegli attrezzi”.

Ora sarà la corte giudici Mautone e Narducci (a latere) a dover decidere se il racconto dell’imputato ha una ragionevole credibilità. Rispetto alla notte tra il 5 e il 6 aprile del 2012, quando Scoscia venne ucciso a colpi di martello in testa e la madre morì di stenti, Gjergji ha spiegato di non essere a conoscenza del fatto che i suoi amici volessero entrare nel casolare di Cenerente per mettere in atto una rapina. Ha detto di averli attesi in macchina e di essersi addormentato mentre aspettava e di essere stato informato soltanto che si trattava di un appuntamento per “riprendere dei soldi”.

Ma allora perché la banda lo avrebbe tirato in ballo? A cosa poteva giovare il suo coinvolgimento ai banditi che con rito abbreviato sono già stati condannati all’ergastolo ammettendo le proprie responsabilità? Sono queste le domande che ora aleggiano su questo processo, il cui esito potrebbe arrivare già alla fine dell’estate.

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