Lunedì 11 luglio la Chiesa ha festeggiato S. Benedetto da Norcia, patrono principale d’Europa. A Norcia i festeggiamenti ufficiali in suo si sono tenuti lo scorso 21 marzo, giorno della morte del Santo, alla presenza del Card. Giovanni Lajolo Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. In quell’occasione è giunta a Norcia la Fiaccola benedettina “Pro pace et Europa una” accesa nell’Abbazia di Westminster a Londra il 1° marzo scorso. Da ricordare che la festa più antica relativa a S. Benedetto è quella del 21 marzo. In quella data le diverse comunità benedettine del mondo, quindi anche quella di Norcia, ricordano la ricorrenza della morte del loro fondatore. La Chiesa universale, invece, da quando Papa Paolo VI ha proclamato San Benedetto da Norcia patrono d’Europa il 24 ottobre 1964 in onore della consacrazione della Basilica di Montecassino, ne celebra ufficialmente la festa l’11 luglio.
A Norcia, comunque, e nelle altre chiese dell’Archidiocesi di Spoleto si è fatta memoria del Patrono d’Europa in tutte le celebrazioni eucaristiche. Nella basilica nursina dedicata a S. Benedetto la messa solenne è stata presieduta da padre Richard Duffield, superiore dell’Oratorio di S. Filippo Neri di Birmingham, fondato dal beato John Henry Newman nel 1848. Presente il Priore del Monastero di Norcia, padre Cassian Folsom, insieme ai monaci che vivono nel luogo dove sono nati i Santi Benedetto e Scolastica.
Papa Benedetto XVI, che del Santo nursino ha assunto il nome una volta eletto Vescovo di Roma, nell’Angelus di domenica 10 luglio scorso ha detto: «guardiamo al Patrono d’Europa come al maestro dell’ascolto della Parola di Dio, un ascolto profondo e perseverante. Dobbiamo sempre imparare dal grande Patriarca del monachesimo occidentale a dare a Dio il posto che gli spetta, il primo posto, offrendo a Lui, con la preghiera del mattino e della sera, le attività quotidiane».
L’Arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, nel suo messaggio per la festa di S. Bendetto sottolinea come il carisma del Santo «sia una sorgente ricca ed abbondante che giunge a rispondere alla siccità di ogni epoca, ed il suo contenuto sembra adattarsi ogni volta ai bisogni dell’umanità». Il Presule si è soffermato ad analizzare gli aspetti più urgenti della società attuale: da una cultura che non sa più come gestire l’umanità degli esseri umani ai governi, le autorità, i genitori e gli educatori che sembrano a disagio di fronte al problema “uomo”. «Si cercano degli alibi – afferma mons. Boccardo – si mettono avanti ogni sorta di problemi planetari, politici, economici, ecologici e religiosi; si affrontano come se fosse l’uomo a crearli, dimenticando invece che egli ne è il centro e che tutti i problemi ci rimandano a lui, cioè a noi stessi, al mistero della nostra umanità». In questo contesto la posizione di S. Benedetto è profetica. «Lo è – continua il Vescovo – perché è un’esperienza, un cammino e non una teoria o un’ideologia sull’uomo. L’uomo contemporaneo sogna successi diversi per la sua vita, ma trova raramente qualcuno che gli proponga un cammino valido per raggiungerli. E quando non si può percorrere un cammino, non rimane che il sogno, un sogno che la realtà della vita trasforma presto in incubo deluso e disperato. E se ogni sorta di “droga” è offerta per prolungare un poco il sogno, ciò non farà che rendere ancora più deludente ed insopportabile la realtà di una vita che nessuno aiuta a riconoscere come cammino possibile di pienezza». La novità dell’esperienza di S. Benedetto è la preghiera, la Lectio Divina, ovvero l’ascolto della Parola di Dio. «Il nostro Santo – dice Boccardo – ha intuito che era necessario guardare più lontano, guardare un’altra cosa, guardare un Altro. Si è addirittura ritirato tre anni in solitudine per fissare il suo sguardo su Dio. Ed è uscito da quell’esperienza con uno sguardo nuovo. Non aveva più bisogno di cambiare la realtà e la società per vedere la positività di ogni cosa, perché la positività la portava in lui, nei suoi occhi, nel suo cuore dilatato dall’amore di Cristo. Ed ha compreso che doveva aiutare gli altri a fissare gli occhi al di là di loro stessi, al di là della loro miseria e di quella del mondo, levandoli verso il Volto misericordioso di cui ogni essere umano rimane, in modo indelebile, immagine e somiglianza».