Fondi Ue per l'agricoltura, il buco nero di Agea | Pagamenti fermi da tre anni - Tuttoggi.info

Fondi Ue per l’agricoltura, il buco nero di Agea | Pagamenti fermi da tre anni

Christian Cinti

Fondi Ue per l’agricoltura, il buco nero di Agea | Pagamenti fermi da tre anni

Migliaia di imprese a rischio crac | Coldiretti: ritardi inaccettabili, Cecchini: i soldi ci sono e vanno liquidati
Sab, 07/04/2018 - 13:22

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Il buco nero di Agea rischia di risucchiare migliaia di agricoltori umbri. Colpa dei ritardi che stanno interessando i pagamenti relativi al programma di sviluppo rurale 2014-2020 e che sono fermi al 2015. Tre anni di scartoffie, promesse e burocrazia e che per una larghissima parte del mondo agricolo regionale potrebbero significare la fine.

Cos’è Agea

L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) è stata istituita nel 2006 “per lo svolgimento delle funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore” per conto dell’Unione europea prima e degli Stati membri poi che sostengono la produzione agricola dei Paesi Ue attraverso l’erogazione, ai produttori, di aiuti, contributi e premi. Tali erogazioni, finanziate dal Fondo europeo agricolo di garanzia e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, vengono gestite appunto dagli Stati membri attraverso gli stessi organismi pagatori. Ad oggi ne risultano costituiti sei regionali (Artea, Agrea, Avepa, Arcea, Arpea e Regione Lombardia), due per le provincie autonome di Trento e Bolzano e tre nazionali: Agea (per le regioni che non hanno istituito un organismo pagatore come l’Umbria e per tutte le funzioni non attribuite agli organismi pagatori) Ente Risi (settore risicultura) e Saisa ( restituzioni alle esportazioni).
Agli organismi pagatori spetta la funzione di autorizzazione dei pagamenti (ossia determinare l’importo da pagare ai richiedenti) l’esecuzione dei pagamenti (ossia impartire le istruzioni per il pagamento agli istituti “cassieri”) e quella di contabilizzazione dei pagamenti (ossia registrare i pagamenti eseguiti nei “libri contabili” e predisporre sintesi periodiche di spesa).

Come funziona

L’accesso ai contributi si ottiene presentando ogni anno (le domande vengono inoltrate entro il 15 maggio) la richiesta di fondi per le misure approvate come ad esempio le misure a superficie, il benessere animale o il biologico che oggi in Umbria rappresentano il nodo del contendere. La domanda va presentata attraverso un sistema informatico (il Sin) che poi trasferisce i dati al Sian, il Sistema informativo agricolo nazionale. La procedura viene effettuata rivolgendosi ai centri di assistenza fiscale delle associazioni di categoria o comunque a professionisti ad un costo (una provvigione) che oscilla tra il 6 ed il 10% dell’importo del contributo e che gli imprenditori agricoli anticipano. Il meccanismo vorrebbe che entro ottobre dell’anno di presentazione della domanda venisse liquidato il 75% di quanto spetta, per chiudere poi i conti entro i primi mesi dell’anno successivo.

Che succede

L’ingranaggio però si è inceppato e ad oggi migliaia di agricoltori umbri hanno incassato – ad ottobre 2017 – solo un acconto sulle pratiche relative al 2015. Una voragine finanziaria che diventa ancora più rilevante se si considera che è prassi piuttosto comune rivolgersi agli istituti di credito chiedendo anticipi sui contributi, sui quali quindi si pagano interessi senza però avere ancora visto il becco di un quattrino. “Fatti due conti – racconta un piccolo imprenditore agricolo, dietro la garanzia dell’anonimato – io dovrei incassare circa 40.000 euro dell’ultimo triennio. Possono sembrare pochi soldi, ma per me fanno la differenza tra andare avanti o mollare tutto”.
L’assessorato regionale all’agricoltura stima che le situazioni più pesanti siano “quelle che riguardano l’agroambiente, dove c’è un 30%, oltre a benessere animale e biologico dove manca ancora il 40% degli aiuti”. “Solo per le misure a superficie – aggiunge Albano Agabiti, presidente di Coldiretti Umbria – abbiamo un 30% di non pagato relativo al 2015, 20% per il 2016 e ora dobbiamo quantificare i ritardi del 2017. Considerando che stiamo approntando le domande 2018, la situazione mi sembra paradossale…”.

Le cause

Capire quello che sta accadendo è piuttosto complicato: Regione e associazioni di categoria puntano il dito contro un macchinoso sistema informatico dentro al quale sembra che la pratiche si ingolfino con una facilità disarmante. “Colpa della burocrazia”, dice Agabiti. Con l’avvio della nuova programmazione il sistema si sarebbe insomma “inceppato”, innescando la frana che oggi è sotto gli occhi di tutti. E che ha spinto anche la Commissione europea ad avviare un processo di attento monitoraggio su Agea proprio per favorire l’accelerazione delle procedure e dei pagamenti. Spiegazione che però non basta a placare i timori della “base” agricola. In molti temono infatti che in realtà l’inghippo sia di natura economica e che le risorse non vengano distribuite semplicemente perché non ci sono. O meglio, quelle che ci sono, non bastano per tutti.

Coldiretti

I soldi sono nelle casse di Agea – dice invece Agabiti – e questo rende i ritardi ancora di più inaccettabili. Gli imprenditori vantano crediti certi ed è quindi opportuno fare una forte azione di pressing su Agea perché sblocchi questa situazione. E anche se la battaglia dell’Umbria è solitaria (la regione ha infatti aperto, unica in Italia, i bandi già nel 2015, ndr) il grido d’allarme che lanciamo è forte e più che mai giusto”.

La Regione    

Una parte del mondi agricolo teme che le risorse non siano sufficienti. I soldi ci sono?

La Regione può dare ogni tipo di rassicurazione – risponde l’assessore regionale all’agricoltura, Fernanda Cecchini – I soldi ci sono e tra l’altro, a seguito del terremoto e fino al 2020, siamo anche esentati dal coofinanziamento. Il nostro interesse è dunque spendere le risorse che abbiamo a disposizione”.

Quali sono le motivazioni di Agea per giustificare i ritardi?

Essenzialmente di natura tecnica. E dovute soprattutto al fatto che il sistema è stato da poco riappaltato a soggetti diversi che dunque hanno difficoltà nella gestione. Difficoltà che però non possono assolutamente ricadere sugli agricoltori”.

E’ una opzione percorribile quella di costituire un soggetto pagatore regionale come hanno fatto altre realtà?

Abbiamo valutato questa opportunità. Che però non riteniamo di dover percorrere. Primo perché non vogliamo spendere due o tre milioni di euro l’anno per la gestione di un ente pagatore. E poi perché, al netto dei ritardi che stiamo riscontrando, siamo comunque la seconda regione in Italia, dopo il Veneto, per risorse liquidate. E quindi siamo anche avanti a regioni che operano con un soggetto pagatore proprio”.

Ora come vi muoverete?

Stiamo organizzando una delegazione per portare all’attenzione di Agea le nostre ragioni. E lo faremo quanto prima”.

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