La Fondazione Carispo ospita una mostra a cura di Giuliano Macchia che presenta immagini digitali di grande dimensione e un video che insieme raccontano il mondo di Atlantide di Fabio Fabiani.
Un’occasione per vedere architettura e arte che si mescolano alla ricerca di un personale linguaggio compositivo per una visione immaginifica e utopica della città di Atlantide. Gli stessi disegni in mostra a Spoleto saranno alla Scola dei Mercanti di Venezia per una mostra in contatto con la Biennale di Architettura di Venezia 2018, curata dallo studio newyorkese Milestone e patrocinata dal Patriarcato di Venezia.
Estratto PROFEZIE NEL MARE di Franco Purini:
La serie di disegni di Fabio Fabiani, dal titolo Atlantide, è un vero e proprio poema visivo sulla fine della città e sulla sua rinascita. Ispirata a una visionarietà inquieta, nella quale si ritrovano echi fantascientifici e risonanze storiche, nonché la suggestione dell’origine, le immagini del giovane architetto umbro emanano una fragranza mitologica mentre fanno trasparire, al contempo, un allarme silenzioso ma chiaramente avvertibile. Rivolte al futuro, queste architetture embrionali e insieme antichissime avvertono chi le osserva che il futuro stesso sembra in esse già compiuto, avviate quindi verso un prossimo e forse invocato dissolvimento. (…)
Gli elementi architettonici che compaiono in queste tavole, graficamente sospese tra evidenza ed evanescenza, sono nello stesso tempo frammenti di costruzioni scomparse e parti componenti, appena approntate, di edifici che forse saranno costruiti o, cosa più probabile, destinati a rimanere profezie inascoltate. (…) Lo spazio in cui queste architetture impossibili abitano è lo spazio duale del mare e del cielo, due entità intrinsecamente indivisibili eppure unite in un binomio in cui la prossimità e la lontananza, l’acqua e le nuvole, la luce del giorno e l’ombra delle stesse presenze architettoniche giocano un ruolo centrale.
I teoremi architettonici di Fabio Fabiani, dalle inquadrature attentamente calcolate, composti con magnetici equilibri, alimentati anche dal clima della metafisica con i suoi ingannevoli silenzi, dichiarano l’abbandono di ogni prospettiva immediatamente operante per darsi tempi di interpretazione e di eventuale realizzazione quanto mai dilatati, poeticamente tesi, internamente divisi tra presenza e assenza, sospesi tra la stendhaliana bellezza “come promessa di felicità”, e il bello di Rainer Maria Rilke, “il tremendo al suo inizio”.