Festival Spoleto, successo per "Io sono Misia" con Lucrezia Lante della Rovere - Tuttoggi.info

Festival Spoleto, successo per “Io sono Misia” con Lucrezia Lante della Rovere

Carlo Vantaggioli

Festival Spoleto, successo per “Io sono Misia” con Lucrezia Lante della Rovere

In scena la "favola" esagerata di Misia Sert, musa dei maggiori artisti a cavallo tra '800 e '900
Sab, 04/07/2015 - 11:33

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Concentrare in un ora di spettacolo una vita complessa come quella di Misia Sert, nata Godebska, (Pietroburgo 1872-Parigi 1950), musa, confidente, patronessa o solamente finanziatrice inconsapevole dei maggiori artisti a cavallo tra la fine dell’800 e l’alba del ‘900, è un opera eroica e pericolosa. Il rischio maggiore è quello di offrire al pubblico una sola parte di quello che questa donna è stata in un periodo turbolento della vecchia Europa, dove movimenti e cultura erano molto prossimi ad un magma vulcanico, risvegliato dopo un lungo periodo e dopo tante piccole scosse di avvertimento.
Mallarmé, Toulouse-Lautrec, Verlaine, Renoir, Diaghilev, Proust, Debussy, Picasso, Ravel, Jarry, Stravinskij, Satie, solo alcuni dei nomi che sono passati nella sua casa o hanno stretto amicizia con questa donna che nella vità, grazie anche a 3 mariti facoltosi, avrà la possibilità di “ricevere” e condurre rapporti intensi, al limite dello scandaloso con tutta la società che conta dell’epoca. La sua più grande amicizia, quella con Coco Chanel, sarà anche un punto fermo dello spettacolo Io sono Misia, al suo debutto in scena per Spoleto58 al Teatro San Nicolò ieri, 3 luglio, con Lucrezia Lante della Rovere nella parte di Misia, in una produzione della Compagnia Stabile del Molise e la regia di Francesco Zecca.
Lucrezia Lante della Rovere si cimenta in una prova attoriale in forma di monologo, forse la più difficile per un attore, scegliendo coraggiosamente un personaggio complesso come Misia Sert, di cui esistono molte testimonianze biografiche ed anche fotografiche, e dove lo spazio per una reinterpretazione teatrale ha margini molto stretti di manovra.
Tuttavia nello spettacolo spoletino, forse anche grazie ad una scena “favolistica” composta da una sola enorme poltrona, opera di Gianluca Amodio, Misia Sert-Lante della Rovere si fa immaginifica e bambina, un po’ come una Alice nel Paese delle Meraviglie, una esploratrice alla ricerca del proprio “io” avendo ben presente invece il proprio “se”, quello ritratto anche da Renoir e Lautrec.
Una dimensione del personaggio Misia che non “re-cita” allo spettatore la sua biografia ma interpreta la necessità di vita, come una sete antica e mai soddisfatta, che ha tormentato la Sert in tutta l’esistenza. Nonostante la grandezza di chi gli è stato accanto, questa donna ha avuto comunque la sua personalità, seppure a tratti infantile, e non è vissuta “all’ombra di”. Nemmeno quando il terzo marito, Josè Maria Sert, sposato a 42 anni, intrattiene una relazione extraconiugale con una artista di origini russe, e lei per non dissolvere un amore in cui crede, decide di vivere un triangolo amoroso, scandaloso ma niente affatto inusuale per l’epoca.
Quando si apre il sipario della piece spoletina il colpo d’occhio della enorme poltrona damascata, in cui è persino difficile individuare la Lante della Rovere che vestita di una stoffa tono su tono si mescola al seggiolone come un camaleonte, è stupefacente. Nemesi o forse necessità di sopravvivenza della stessa Misia Sert.
L’impressione è quella di vedere Helena Bonham Carter in Alice in Wonderland di Tim Burton. Una favola, trattata in modo esagerato, come esagerata è stata la vita di Misia rispetto ad un normale cittadino del mondo.
Esagerata, ma adatta al personaggio, anche la tradizionale pettinatura ottocentesca di Misia-Lante della Rovere che a Spoleto diventa simile alla cofana sciolta al vento della Signorina Silvani.

Interessante anche l’uso delle luci che in un particolare momento della piece, in cui le mani dell’attrice diventano il linguaggio di scena mentre il corpo di Lucrezia Lante della Rovere è immerso nell’oscurità, sembra citare il Manfred di Carmelo Bene andato in scena alla Scala di Milano nel ’78.
Nel complesso si entra in teatro incuriositi e ne esce voyeur e forse anche ingolositi. Lucrezia Lante della Rovere è una attrice artisticamente “matura” ed affascinante che riesce a trasmettere un senso di disagio e spaesamento di Misia per il mondo che pretende di governare e che in sostanza la governa. A tal punto che la sua fine sarà segnata dalla mancanza di controllo sull’oppio e la morfina, forse per causa d’amore. Parafrasando, così fan tutti!
In platea al San Nicolò, Marina Ripa di Meana e Carla Fendi. Molti applausi dei circa 300 spettatori presenti.

Riproduzione riservata

Foto: ML Antonelli per Agf

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