Nel mirino del Centro destra alcune scelte e il ruolo del Direttore Artistico che escono dal confine stabilito con l'organizzazione tecnica
” Spoleto non sarà terra di conquista!“, campeggia come titolo nel comunicato stampa odierno firmato da alcuni capigruppo dei partiti di opposizione in Consiglio Comunale a Spoleto e diretto ad analizzare il ruolo della Direzione Artistica del Festival assegnata a Monique Veaute. Un ruolo che sembra non essere in linea con i desiderata, o la “tradizionale” gestione tecnico-amministrativa della kermesse spoletina. Una macchina decisamente collaudata nel tempo (almeno dal punto di vista organizzativo) e che in alcuni aspetti specifici sembra invece essere stata rimessa in discussione, causando più di un mal di pancia, anche oltre gli addetti ai lavori.
Il primo fronte di critica, anche se non specificamente indirizzato a fatti concreti , è stato l’intervento dell’ex-Presidente della Fondazione CaRiSpo, prolifico e munifico sponsor del Due Mondi, Sergio Zinni, che ha parlato per primo di “perplessità”. E la metafora di Spoleto che non è terra di conquista, come intitolato nel comunicato delle opposizioni, richiama alla memoria la famosa lettera di Gian Carlo Menotti che titolava invece “Spoleto non è un safari”. Con la differenza che all’epoca (si era nel 1999, 40esimo anno della manifestazione) era lo stesso direttore artistico (ma fondatore) ad alzare la voce, mentre nel 2022 si sperava che nessuno più avrebbe avuto da ridire sulla separazione tra direzione artistica e struttura tecnico-ammnistrativa. A quanto pare e a quanto raccontano le opposizioni, la cosa non è ancora ampiamente data per accettata.
Un indizio è un indizio…
«Un indizio è un indizio,due indizi sono una coincidenza,ma tre indizi fanno una prova». Agatha Christie”
Se la politica ha un compito specifico in un comune come Spoleto e, soprattutto, se questa politica è frutto del lavoro delle minoranze in opposizione al governo cittadino, questo è proprio quello di osservare e di sottolineare tutto ciò che, per qualche motivo, viene percepito come un problema o un disagio da parte dei cittadini, di qualunque colore essi siano e in qualunque ruolo svolgano il loro compito.
Questa premessa è doverosa, vista l’importanza dell’argomento, così come è inevitabile affrontare la natura del disagio che si percepisce nettamente, oramai da mesi, e che nasce dalla gestione della parte organizzativa del Festival dei Due Mondi di Spoleto e dalle annunciate novità riguardanti la stessa Fondazione.
Premesso che la direzione artistica di Monique Veaute ha e deve avere una totale libertà di espressione, bisogna rendersi conto, il più velocemente possibile, che al Festival di Spoleto ci sono cose che si posso fare ed altre che NON si possono (devono) assolutamente fare.
Cose da fare e cose da NON FARE
Nel tempo, ad esclusione della gestione Menotti padre e figlio che ha una sua storia precipua, se ne era rapidamente accorto Giorgio Ferrara che, raccogliendo i cocci di una manifestazione che stava per chiudere bottega, ha con grande oculatezza tenuta salda la barra sulla struttura organizzativa e tecnica, cambiando e ruotando anche persone e professionisti, ma mantenendo inalterato il disegno strategico che fu già del Maestro Menotti.
E per essere molto chiari parliamo della direzione tecnica, dell’ufficio di produzione, del botteghino, dell’ufficio stampa, marketing etc. etc..
Questo ha consentito, nei 13 anni di gestione di Ferrara, di poter avere un Festival che ticchettava come un orologio svizzero mentre, al massimo, le critiche si potevano concentrare sulla scelta di questo o quello spettacolo.
Ma su questo il bilancio di luci e ombre è già stato fatto due anni fa e, a quanto pare, le luci sono sempre rimaste accese.
Se invece, come appare nella gestione Veaute, avere la direzione artistica della manifestazione può voler significare rivoluzionare anche uno schema lavorativo consolidato, con l’inserimento di figure professionali in settori strategici, avulse da una macchina collaudata come il Due Mondi, allora deve essere chiaro che questo rappresenta un problema e che la città non può permettersi tanto, e di certo non sul Festival, che è il brand più prestigioso del territorio e dell’intera regione.
Il ruolo mancato della Fondazione Festival
Diverso è invece il discorso di chi ha in mano la barra di comando della nave e che è assolutamente in grado, per statuto, di poter dire la sua: stiamo parlando del Sindaco di Spoleto, Andrea Sisti, che è anche il presidente della Fondazione Festival (vero motore dell’intera kermesse) e che sembra essersi ritagliato sull’argomento uno strano mutismo , come nel caso di determinate scelte e interferenze che esulano dalla competenze della direzione artistica.
A rendere evidente tutto ciò, che non è un pretesto di polemica politica o una fantasia dell’opposizione, parla chiara l’assenza inspiegabile del primo cittadino (a meno di malattia o cause di forza maggiore per le quali avrebbe comunque potuto mandare un suo sostituto) nella recente trasferta americana di Monique Veaute a Charleston, occasione in cui si sarebbero riallacciati ufficialmente i rapporti con la manifestazione dello Spoleto Charleston USA compito istituzionale, in primis, che spetta a chi rappresenta la Fondazione.
Il possibile conflitto di interessi…
I fatti ad oggi dimostrano che il Presidente non riesce a dire la sua quando Monique Veaute si occupa di struttura tecnico-amministrativa, utilizzando, in maniera del tutto discutibile, nei posti chiave (vedi produzione e organizzazione), personale proveniente da RomaEuropa, un Festival creato dalla stessa Veaute, del quale è attualmente Presidente onorario e membro del CDA e che, vale la pena ricordare, è il festival concorrente del Due Mondi essendo l’altro festival di natura multidisciplinare italiano che usufruisce dei fondi ministeriali.
Appare chiaro, se questi sono i fatti, che la gestione del Festival oramai è a trazione Romaeuropa. Ed è difficilmente spiegabile la pratica dello spoil system applicata ad una struttura complessa di matrice profodamente culturale, che si basa su competenze accertate negli anni di esperienza maturata sul campo.
…e gli errori di gestione!
Da qui l’inspiegabile errore riguardo lo spettacolo di danza dedicato a Pina Bausch, già da gennaio programmato al Teatro Romano, e che ha imposto viste le dimensioni dei due palcoscenici, il trasferimento del tutto al Teatro Nuovo. Una location che porterà ad un probabile decremento del botteghino vista invece l’ottima capienza ed il fascino del Teatro Romano per gli spettacoli di danza. Ne è possibile pensare che la responsabilità possa essere imputata alla Direzione Tecnica visto che nella attuale composizione sono ben tredici anni che la stessa gestisce spazi teatrali.
A seguire, una macroscopica sovrapposizione negli orari degli spettacoli, anch’essi già programmati da gennaio, ed alla quale si sta ponendo rimedio in queste ore, con tutti i disagi organizzativi e di pubblico che tutti possiamo immaginare.
Errori che lasciano presupporre un “inceppamento” anomalo della struttura, da “principianti”.
Un conflitto di interessi in casa, quello con RomaEuropa, di cui si sarebbe dovuto fare a meno, anche con una simbolica sospensione dai ruoli di gestione della Veaute della manifestazione romana. Il caso più eclatante è quello della neo incaricata per il settore della danza, Francesca Manica, che permane nel ruolo anche a RomaEuropa. E sia chiaro, anche Giorgio Ferrara portò con se uno staff che proveniva da ambienti ed esperienze diversi, ma mai “attivo” in festival o kermesse in corso d’opera o concorrenti con il Due Mondi.
I Mugugni e la “pandemia” come alibi
Certo è che i mugugni sono sempre di più e sempre più rumorosi, provenienti da più fronti e ambienti e, a quanto pare, anche tra i colleghi stessi di partito del Sindaco-Presidente di Fondazione.
Per il secondo anno mancherà l’Opera, la grande assente, che ha sempre garantito l’appeal e la connotazione del Festival dei Due Mondi, un festival musicale che di menottiano, ad oggi, aldilà degli annunci fatti, ha molto poco. Niente Opera e niente o poco lavoro per maestranze e indotto. Non vorremmo insistere, ma l’Opera lirica è sempre andata in scena, altrove, oltre che a Spoleto nell’edizione del 2020, anche in piena emergenza pandemia.
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Prova ne siano i cartelloni del Lirico Sperimentale, che nella imminente 76^ stagione, tanto per dire, metterà in scena 5 nuovi allestimenti ed una prima mondiale. Bastava chiedere a loro per realizzare una collaborazione, anche a basso costo, ma di sicura qualità. Sull’argomento, peraltro, non si ode voce del consulente musicale di Monique Veaute che invece dovrebbe poter dire la sua con cognizione di causa. Si sentono invece circolare scuse del tipo, “non è stato possibile per la pandemia”.
Si segnala inoltre un laboratorio di scenotecnica ancora chiuso alla data del 1 giugno.
Il “fronte” Zinni
In questo senso, e riassumendo, è apprezzabile il recente intervento di Sergio Zinni, già presidente della Fondazione Carispo, che sottolinea come ci siano “perplessità” per alcune scelte, soprattutto per lo svolgimento degli spettacoli in location delocalizzate e per collaborazioni che esulano dalla storia del Festival.
E non crediamo si possa liquidare l’intervento di Zinni come di parte, considerato che la Fondazione Carispo ha sempre avuto un ruolo di solida spalla per la manifestazione, soprattutto in termini economici, ed è, oltretutto, membro autorevole del CDA della Fondazione Festival.
Il Presidente Sisti e la Fondazione Festival
Sarebbe interessante, inoltre, comprendere le ragioni del perché il Sindaco, nonché Presidente della Fondazione, non abbia sentito l’esigenza di un confronto preventivo con gli organi della Fondazione rispetto alle modifiche che intenderebbe apportare allo Statuto ed alle motivazioni alle stesse.
Durante l’ultima Assemblea dei Soci, Andrea Sisti ha annunciato l’intenzione di sottoporre al consesso un nuovo Statuto, del quale al momento non si conosce però con certezza il contenuto. Stante le insistenti e molteplici voci, si narra di un concepimento tecnico del documento non del tutto spoletino ma piuttosto avvenuto in ambienti romani. Certo è, fermo restando il parere del Ministero, che lo statuto è comunque un caposaldo ottenuto con fatica e sudore in anni tempestosi e che, anche se un po’ obsoleto per alcuni aspetti, ha finora garantito ruoli e finalità della Fondazione.
A ciò si sovrappone con insistenza l’ipotesi di una Fondazione Festival che, con il restyling dello statuto, andrebbe anche a gestire attività non direttamente riconducibili alla storica tradizione della manifestazione.
Le voci circolanti, infatti, parlano che con la Fondazione entrerebbe in scena, anche una nuovissima struttura (ad hoc) del Comune di Spoleto di cui si parla da tempo e che si occuperebbe di monumenti, spazi museali, in primis la Rocca Albornoziana, sostituendosi in tutto e per tutto agli enti gestori, utilizzando, sempre secondo le voci circolanti, cooperative non spoletine per servizi ed accessori.
Qualora questo disegno sia di possibile realizzazione, usufruendo delle risorse economiche messe a disposizione per i progetti riguardanti la cultura, siamo sicuri che, vista la complessità della gestione che comporterebbe, sarebbe anche economicamente sostenibile?
Spoleto non è terra di conquista … e nemmeno un Safari
E’ venuto forse il momento, come accadde al secondo anno della sua conduzione anche per Giorgio Ferrara, di comprendere che Spoleto non è una terra di conquista dove imporre le proprie regole o i propri interessi.
Spoleto ha dei ritmi e delle capacità che vanno sfruttate ma non mortificate. Spoleto va coinvolta, e fare il contrario, è la cosa più sciocca che si possa pensare perché, è provato dalla storia di questa città, non ha mai portato da nessuna parte.
Consiglieri Comunali: Alessandro Cretoni (Fratelli d’Italia), Alessandra Dottarelli e Gianmarco Profili (Alleanza Civica), Sergio Grifoni (Obiettivo Comune), Paolo Imbriani (Spoleto nel cuore/Lega/Cambiamo).