Jacopo Brugalossi
Ci si aspettava che fosse il giorno buono, in un verso o nell’altro, per diradare le nubi sul futuro delle aziende Ims e Isotta Fraschini di Spoleto, e invece quanto accaduto oggi in tribunale rimette di fatto tutto in discussione. Arrivati a Spoleto per l’adunanza dei creditori, i vertici del Gruppo Casti hanno chiesto al giudice Roberto Laudenzi di annullare l’attuale procedura di concordato preventivo, accolta dal tribunale nel febbraio dello scorso anno, per aprirne una del tutto nuova che sarebbe peraltro già nero su bianco. Una facoltà che la legge fallimentare riconoscerebbe al debitore, il Gruppo Casti appunto, anche se a decidere sui nuovi documenti non sarebbe più il giudice monocratico, bensì il collegio civile.
Dei contenuti di questo nuovo concordato si sa ben poco. A quanto è stato possibile apprendere ci sarebbe la volontà di creare due nuove e distinte società che dipenderanno sempre dal Gruppo Casti e che andranno a rilevare le attuali Ims e Isotta Fraschini subentrando in affitto nei rispettivi rami aziendali. Una mossa che, forse, potrebbe servire a dare continuità di produzione alle fabbriche in attesa di individuare nuovi potenziali investitori.
Rimane però il problema dei creditori. Solo al comparto della ghisa (Ims) sono circa 700 quelli che attendono di essere liquidati, per una cifra complessiva che supera i 40 milioni di euro. E ancor più pesante – circa 60 milioni – è il passivo che si registra nell’alluminio (Isotta Fraschini). Per far fronte a questo problema la proprietà sarebbe pronta a mettere a disposizione dei creditori una palazzina di ampia metratura a Varese in cui sarebbe possibile ricavare tantissime unità immobiliari, tra uffici e abitazioni. Un’operazione potenzialmente da svariati milioni di euro.
A regnare ora, però, è solo una grande incertezza. Sia sui tempi di della convocazione dell’udienza di fronte al collegio civile sia sull’effettiva possibilità che questa nuova proposta di concordato preventivo possa essere accolta. Le carte sarebbero comunque già in mano ai commissari Marco Silvestrini ed Eros Faina, che nelle prossime settimane avranno il tempo per analizzarle. Chi, probabilmente, farà ancora le spese di questo ulteriore allungamento dei tempi tecnici saranno i lavoratori, sempre più provati dall’incertezza che regna sul futuro loro e delle aziende.
Notoriamente poco incline a conversare con la stampa, il direttore dello stabilimento di Santo Chiodo, l’ingegner Massimo Santoro, si è limitato a dichiarare: “stiamo facendo il possibile per garantire continuità a queste aziende”. Difficilmente queste parole basteranno a tranquillizzare gli animi degli oltre 200 dipendenti.
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