Etruschi maestri di scrittura | A Cortona in mostra sorprendenti reperti archeologici - Tuttoggi.info

Etruschi maestri di scrittura | A Cortona in mostra sorprendenti reperti archeologici

Carlo Vantaggioli

Etruschi maestri di scrittura | A Cortona in mostra sorprendenti reperti archeologici

Lo strano caso del manoscritto etrusco su lino, usato come benda per una mummia egizia, la Mummia di Zagabria
Mar, 29/03/2016 - 21:13

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Un fatto è certo, agli Etruschi la scrittura piaceva così tanto che non c’era oggetto di loro produzione in cui non vi fosse una iscrizione, anche di poche lettere, o un monogramma come firma dell’autore. Una passione, una regola o forse anche una necessità che ha caratterizzato la storia di una delle civiltà più misteriose ancora oggi frutto di innumerevoli studi, che vide il suo massimo splendore tra l’ VIII ed il I secolo A.C.
Etruschi misteriosi, perchè con il passare del tempo e con i recenti ritrovamenti archeologici, si disvela una civiltà molto più complessa di quello che ci si era fermati a pensare alla luce dei primi ritrovamenti quasi tutti afferenti alle sepolture. Una civiltà dove il “logos” aveva natura magistrale e sapienziale, di indirizzo e rappresentava anche la narrazione di un popolo che non era affatto confinato in solo luogo, ma poteva già definirsi “cosmopolita”.
Il nuovo corso delle ricerche su questa incredibile parte della storia precristiana mette in condizioni gli studiosi di affrontare nuovi aspetti interpretativi.
Nasce qui la fruttuosa collaborazione tra il Museo del Louvre di Parigi ed il Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona (Maec), che ha dato vita ad una delle mostre più interessanti di questo 2016 tra Umbria e Toscana, “Gli Etruschi maestri di scrittura”.
Il Maec, con il Louvre e i preziosi prestiti del Museo di Lattes (Montpellier), ha messo in mostra un percorso virtuoso sulla vita degli Etruschi a partire dai classici reperti frutto di anni di scavi sulle sepolture sino ad arrivare alla diffusione della scrittura. Un tema affascinante che ci parla della penetrazione di una lingua e di una cultura per mezzo di conquiste, contatti commerciali, scambi di idee, diretti o mediati, in tutto il bacino del Mediterraneo e forse anche oltre, fra il VII sec. e il I sec. a.C.
“Ad oggi– si legge nel catalogo della mostra- benché si possa leggere con una certa facilità, tale idioma non è ancora ben compreso, soprattutto nei significati specifici delle parole, che non presentano parentele comuni con lingue antiche più note. Questa arretratezza nella comprensione dipende essenzialmente dalla scarsa quantità di testi lunghi e ha contribuito a creare intorno a tale lingua e al popolo etrusco un alone di mistero. Anche la nota vicenda della dibattuta origine di questo popolo trae alimento da una lingua che, anche agli orecchi dei contemporanei, pareva incomprensibile e arcaica.”

Solo nell’ottobre dello scorso anno Tuttoggi.info diede notizia dell’ultima importantissima scoperta fatta a Città della Pieve.

Un Dròmos con porta a doppia anta con all’interno due sarcofagi e tre urne funerarie, integri ed in ottimo stato di conservazione, oltre a molti altri reperti di sepoltura. Il tutto custodito al momento al Museo Civico di Santa Maria dei Servi, a Città della Pieve

A Cortona va dunque in “scena” una nuova ipotesi interpretativa su questa popolazione, di lingua non indoeuropea. Oggetti affascinanti (l’Apollo di Ferrara, il Fegato di Piacenza, il Vaso da profumo, il Lampadario di bronzo etc.) e reperti testuali decisivi come le Lamine di Pyrgi, ritrovamento degli anni ’60 nella zona di Santa Severa-Cerveteri, che testimoniano la consacrazione di un tempio alla dea fenicia Astarte. O come la Tabula Cortonensis, sorta di atto notarile per la cessione di terreni che apre per la prima volta uno spiraglio chiarissimo sulla presenza etrusca presso il Lago Trasimeno, scoperta nel 1992 e considerata la terza iscrizione più lunga mai ritrovata sull’argomento della scrittura.

Gli altri due reperti che precedono la Tabula per importanza sono la Mummia di Zagabria, e la Tegola di Capua. Mentre il ritrovamento ottocentesco della Tegola di Capua (originaria del V secolo A.C.) era considerato il testo più lungo mai scoperto, e per importanza descrittiva con le sue 390 parole una sorta di Stele di Rosetta, un discorso a parte va fatto per il Liber Linteus, che avvolge la cosiddetta Mummia di Zagabria.
E’ noto come alla fine del ‘700 e per tutto l’800 il fascino dei primi ritrovamenti in Egitto della civiltà dei faraoni mise in moto una incredibile quantità di spedizioni, per lo più finanziate direttamente da ricchissimi europei che oltre al fascino dell’avventura cercavano anche ricche memorabilia da collezionare e commerciare.
Uno di questi, tal Mihael Barich, di origini croate, intorno al 1847, riportò in patria il trofeo dei trofei, una mummia. Il nobile però, scomparso nel 1859, non fece in tempo a sapere che le bende che avvolgevano in superficie il prezioso reperto, erano completamente istoriate da caratteri che non erano certamente geroglifici. Nel 1892 infatti alcuni esperti dell’epoca contarono ben 1200 parole di origine etrusca sui lini provenienti dall’Egitto. Dalla data del 1947 la mummia è conservata nel Museo Nazionale di Zagabria. Ma bisognerà attendere il 1986 per scoprire definitivamente alcuni dati fondamentali utili a capire cosa era stato realmente scoperto. La datazione al radiocarbonio effettuata sulla mummia, una donna di 30-40 anni, diede come risultato una data di origine della stessa intorno al 390 A.C.
Parte del fascino di questo prezioso lino risiede anche nella natura del testo, un insieme di prescrizioni su rituali sacri, da cui risultano anche nomi di alcune divinità o di offerte sacrificali. Insomma il Liber linteus altri non è che un calendario liturgico reso in forma di codice. La domanda ancora inevasa è invece cosa ci faceva in Egitto il Liber in un periodo datato intorno al IV secolo A.C.
Nel catalogo della mostra di Cortona si legge che forse in quel periodo era possibile esistesse in Egitto una piccola comunità etrusca con la presenza quindi di un sacerdote o una autorità che fosse in possesso del Liber per le incombenze comunitarie.
Molto interessante anche una seconda ipotesi che trova maggior credito quando un team di archeologi americani e italiani individuò nel 2012 i primi manufatti piramidali mai rinvenuti di origine etrusca, sotto una cantina ad Orvieto. Premesso che in quella zona esistono ben 1200 grotte ancora tutte da esplorare, la datazione probabile della piramide ritrovata e di cui gli stessi archeologi dissero estasiati “Mai visto prima niente di simile…”, è intorno al V secolo A.C.. Il che aprirebbe la strada ad una teoria di lunghe frequentazioni tra gli etruschi e l’Egitto.

Il pregio della mostra di Cortona è esattamente quello di non offrire ai visitatori solo reperti in visione ma di proporre nuove ipotesi di ricerca e sopratutto mostrare un volto di questa prima civiltà dell’Italia antica che sino ad ora era rimasto confinato nelle stanze degli studiosi. Ci sono voluti due secoli di pazienza e studi approfonditi su quasi 12mila reperti testuali per arrivare al punto in cui oggi si può dire che gli Etruschi erano veri maestri di scrittura.

E certamente il fascinoso e misterioso Liber linteus, vale da solo la visita al Maec. Una specie di Sindone inversa, dove il logos non  è più nell’impronta del corpo che il telo avvolgeva, ma nella sacra scrittura preesistente al corpo da avvolgere. Come sempre la conoscenza non è mai una sola.

Riproduzione riservata

Foto: sito ufficiale mostra “Gli Etruschi maestri di scrittura” (CLICCA QUI)

           Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)

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