Nei giorni scorsi i carabinieri del reparto operativo nucleo investigativo del comando provinciale di Perugia hanno concluso un’attività d’indagine nei confronti di due uomini di origine calabrese, un 27enne e un 49enne da tempo residenti a Magione e Ponte Felcino e impiegati nel settore dell’edilizia, ritenuti autori di una tentata estorsione aggravata messa in atto, secondo quanto ricostruito, con modalità mafiose ai danni di un professionista del perugino anche lui di origini calabresi.
Il Gip nell’emettere l’ordinanza, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, contesta ai due arrestati il reato di associazione di stampo mafioso, per il fatto accaduto lo scorso 28 luglio che avrebbe visto la vittima, noto notaio della città, subire minacce con una pistola. E a carico dei due c’è infatti anche il porto e la detenzione illegale di arma da fuoco.
Tutti i particolari dell’operazione sono stati resi noti questa mattina in conferenza stampa dal comandante provinciale dell’Arma, colonnello Cosimo Fiore, dal maggiore Carlo Sfacteria e dal Capitano Pascariello del nucleo investigativo. I militari hanno spiegato come le minacce dei due arrestati non si sarebbero limitate alla sola vittima, ma anche ai suoi familiari. E’ il 28 luglio scorso che il tentativo di estorsione sarebbe diventato più diretto, rispetto ad un primo “abboccamento” avvenuto già nel 2014: i due indagati si sarebbero recati nello studio del noto professionista, minacciandolo con una pistola, seppur senza fargliela vedere. L’arma sarebbe rimasta infatti nascosta nel borsello del 27enne, mentre i due gli avrebbero detto di “stare molto attento“.
I due chiedevano denaro per i parenti in carcere, per uno zio in particolare detenuto al sud e ritenuto il capo cosca del caln ‘Giglio’ del crotonese, ma anche soldi per organizzare un matrimonio. Entrambi avevano già lavorato con il professionista vittima dal quale pretendevano anche la commessa ad una ditta che era stata esonerata in un’altra occasione. “Se non ci dai quello che vogliamo finisce male per la tua famiglia. Sappiamo dove sono i tuoi figli”, avrebbero detto i due arrestati all’imprenditore che ha deciso di denunciare ai militari il fatto, rifiutandosi subito di consegnare il denaro che gli sarebbe stato estorto da quelli che secondo le indagini sono soggetti legati ad un clan attivo a Strongoli, nel crotonese. Durante un altro episodio, la vittima sarebbe stata costretta ad acquistare una gru ad un prezzo maggiore rispetto a quello pattuito in precedenza.
“Un fatto grave”, lo ha definito il colonnello Cosimo Fiore, “che riporta alla mente quanto accaduto con l’operazione Quarto Passo“, quando a Perugia e in altre località italiane, nel dicembre 2014, furono emesse 61 ordinanze di custodia cautelare e sequestrati beni mobili e immobili per circa 30 milioni di euro.
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Non è ancora chiaro, hanno dichiarato gli inquirenti, se il fatto possa essere riconducile al clan di Strogoli, o se la tentato estorsione sia stato opera di “cani sciolti”. Entrambi gli indagati sono stati condotti in un primo momento presso il carcere di Perugia Capanne a disposizione dell’Autorità Giudiziaria e successivamente presso il carcere di Terni, dove è presente la sezione Alta Sorveglianza.
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Ultimo aggiornamento ore 15.15