“Non solo morti e aggressioni“, ma anche impedimenti per le persone transgender e transessuali al “diritto all’autodeterminazione, al lavoro, allo studio”: è l’allarme lanciato da Patrizia Stefani ed Emidio Albertini, copresidenti di Ompalos Arcigay Arcilesbica, e da Michele Guaitini segretario di Radicaliperugia.org. Una discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, in generale, e la transfobia, in particolare. Diritti violati, che invece costituiscono condizioni necessarie per condurre una vita dignitosa e godere di una pari cittadinanza.
Proprio a proposito di studio, “anche le Università possono fare la loro parte“. Così Stefani, Albertini e Guaitini propongono la loro idea: permettere agli studenti ed alle studentesse transgender di richiedere il cambiamento del proprio nome nel libretto e nei documenti universitari. Il tutto per avere la possibilità di frequentare i corsi, rispondere agli appelli, sostenere gli esami senza che la loro privacy venga violata e senza sottoporsi a situazioni imbarazzanti o umilianti. Per questo Omphalos Arcigay Arcilesbica e Radicaliperugia.org – concludono Stefani, Albertini e Guaitini nella loro nota – hanno scritto ai Rettori delle due Università perugine, rispettivamente Franco Moriconi Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia e Giovanni Paciullo Magnifico Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, chiedendo di attivare una procedura di tutela della identità degli studenti transgender.
Una pratica divenuta prassi per la prima volta nell’università di Torino, primo Ateneo in Italia ad aver approvato il procedimento nel 2003. Seguito dall’Università Alma Mater di Bologna nel 2004, dalla Statale ed Università Bicocca Milano nel 2009, dalla Federico II di Napoli nel 2010. A schierarsi dalla stessa parte anche il Politecnico di Torino nel 2011, l’Università di Padova nel 2013, Urbino e Verona dal 2014, Bari e Catania da quest’anno.
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