CONFINDUSTRIA PERUGIA: SEGNALI DI RIPRESA DOPO LA CRISI ECONOMICA - Tuttoggi.info

CONFINDUSTRIA PERUGIA: SEGNALI DI RIPRESA DOPO LA CRISI ECONOMICA

Redazione

CONFINDUSTRIA PERUGIA: SEGNALI DI RIPRESA DOPO LA CRISI ECONOMICA

Sab, 19/09/2009 - 08:56

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Sulla situazione economica della regione e della provincia di Perugia si sono confrontati gli imprenditori che fanno parte della Giunta di Confindustria Perugia. Nel corso della riunione, la Giunta confindustriale, principale organo di indirizzo dell’Associazione degli industriali, ha anche provveduto a designare con consenso unanime alla presidenzadell’Associazione per il biennio 2009-2011 il presidente uscente Antonio Campanile. Sarà ora compito dell’assemblea generale dei soci, fissata per il 22 ottobre, eleggere il presidente designato. Situazione economicaDall’indagine congiunturale elaborata da Confindustria Umbria in collaborazione con l’Università di Perugia e conclusa proprio nei giorni scorsi, risulta che per la prima volta dopo alcuni mesi sono più numerose le imprese che hanno incrementato l’attività rispetto a quelle che l’hanno diminuita. I settori ancora in grande affanno sono la meccanica, la lavorazione dei minerali non metalliferi (cemento, piastrelle e ceramica) e la cartotecnica. Male anche l’edilizia e la filiera ad essa connessa. Il mercato umbro delle costruzioni dovrebbe perdere intorno al 4% nel 2009, secondo le stime Cresme, presentate nei giorni scorsi nel corso di un convegno di ANCE Perugia. Meglio sembra andare l’alimentare. Anche la dimensione incide sulle prestazioni. Le piccole unità, con meno di 20 dipendenti, soffrono di più di quelle maggiormente strutturate.

“Per i prossimi mesi gli indicatori di fiducia – ha sottolineato il presidente di Confindustria Perugia Antonio Campanile – sono incoraggianti. Aumenta la quota di imprese che formula previsioni di vendita migliori rispetto ai mesi passati. Ma se sul piano produttivo è plausibile immaginare un lieve miglioramento, diversa è la prospettiva sul piano occupazionale”. Fino ad oggi le industrie hanno cercato di fare fronte alla flessione dei livelli produttivi – che a volte ha toccato anche punte del 50-60% – salvaguardando quanto più possibile l’occupazione. Vi è stato un minore ricorso a contratti di lavoro a termine, un ridotto utilizzo del contratto interinale e un massiccio impiego della cassa integrazione guadagni, ma si è cercato di non licenziare. Nei primi otto mesi del 2009 le ore di cassa integrazione autorizzate sono state il 340% in più di quelle concesse nello stesso periodo dell’anno precedente. In sostanza, il ricorso alla mobilità è stato finora evitato cercando di utilizzare gli altri ammortizzatori sociali.

“Le previsioni a medio termine – ha aggiunto Campanile – fanno immaginare che nei prossimi 3-4 anni il livello della produzione industriale sarà notevolmente inferiore rispetto a quello degli anni passati. Questa prospettiva, confermata dalle valutazioni di numerosi istituti di analisi e ricerca che indicano che per tornare alle quote del 2007 occorrerà molto tempo, ci preoccupa moltissimo, specialmente per l’impatto che potrebbe avere sull’occupazione. Un altro motivo di cruccio è rappresentato dalla possibilità che le difficoltà di accesso al credito per le imprese possano essere addirittura maggiori nel 2010 rispetto ad oggi a causa dei negativi risultati di bilancio 2009. Mentre, comunque, già oggi il fabbisogno di liquidità rappresenta un’esigenza assai diffusa nel nostro sistema produttivo.La situazione di emergenza in cui si trovano a dover operare le imprese – ha rilevato Campanile – è confermata anche da dati elaborati dalla sezione perugina di Fidindustria Umbria – il Consorzio fidi di Confindustria Umbria – che nel 2009 ha prestato garanzie per 10 milioni di euro, un importo doppio rispetto a quello dell’anno precedente. È significativo che il 70% dei finanziamenti erogati dietro garanzia consortile siano stati destinati alla liquidità, e solo il 30% agli investimenti”. Alla luce di ciò, c’è il rischio fondato che permanga per anni una ampia capacità produttiva inutilizzata, che costringa le aziende a ristrutturarsi intorno a dimensioni più ridotte e che porti aggiustamenti profondi nel tessuto industriale vadano nel senso della razionalizzazione del presente rispetto alla preparazione del futuro. Vi è, in sintesi, il pericolo di una cronicizzazione del basso tono produttivo, con conseguenze negative sia sul piano sociale che su quello economico.

“Ritengo che per scongiurare questa prospettiva – ha concluso Campanile – sia necessario stimolare le imprese ad intraprendere la strada dell’innovazione e della ricerca con ancora più incisività ed impegno di quanto abbiano fatto fino ad ora. È difficile, infatti, ipotizzare strade diverse per mantenere alta la competitività in una fase economica più selettiva dove sarà decisiva la specializzazione produttiva e la internazionalizzazione degli affari. Ma sarà a tal fine indispensabile il sostegno di misure di politica industriale capaci di offrire un supporto concreto allo sforzo delle imprese in questa direzione”.


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