Non ha ancora un epilogo la storia della sede del circolo Omphalos di via Fratti a Perugia, ristrutturato dal Comune e ancora non restituito alla comunità gay umbra. Una vicenda che, dopo diversi anni di pendenza, sbarca in consiglio comunale a Palazzo dei Priori. A sollevare la questione è la consigliera del PD, Sarah Bistocchi, che ha chiesto alla giunta, e dunque all’assessore Cristina Bertinelli, di rispondere sulla destinazione della storica sede situata vicino Via dei Priori. Un consiglio comunale partecipato, che ha visto la presenza anche dei rappresentanti dell’associazione Arcigay – Lesbica.
Omphalos, raggiunta telefonicamente da Tuttoggi.info, si è dichiarata pronta a continuare con le interrogazioni, le lettere e le manifestazioni per il riottenimento della sede di Via Fratti. “Vogliamo comprendere qual è la posizione della giunta Romizi a proposito dei diritti delle persone omosessuali. Vogliamo chiarezza e risposte, anche in caso di esito negativo“. Una questione che riguarda anche quanto accaduto con la vicenda di Stefano e Antonio, destinati a diventare un simbolo per la città di Perugia: risale esattamente a un anno fa, infatti, il loro matrimonio regolarmente celebrato a Londra. La loro storia torna a essere un punto di riferimento per il capoluogo umbro dopo il no del sindaco Romizi per la trascrizione del loro matrimonio. “Niente di rivoluzionario o avanguardistico”, nelle parole del gruppo del PD di Perugia, “ma lnormale prassi amministrativa sostenuta anche da sentenze del Tar. Lo fanno già serenamente quasi tutti i Sindaci, come quello di Milano, Roma, Torino, Bologna, Napoli, Fano (di centro-destra tra l’altro come Romizi) e molti altri. Ma a Perugia no. E’ una scelta politica quella del Sindaco Romizi, per carità legittima, ma che tradisce la vera natura bigotta e arretrata di questa amministrazione: spacciata come civica per quasi un anno, ma alla prova dei fatti, su tutte le vere scelte di campo come questa, dimostra di essere ancora legata ad una vecchia mentalità conservatrice ed illiberale, superata ormai dai tempi. Di certo Romizi non è stato fortunato nemmeno sulla tempistica, infatti dopo aver rimandato la scelta per più di un anno è riuscito a far coincidere il suo rifiuto di riconoscere il matrimonio celebrato all’estero di Stefano e Antonio con il giorno in cui anche la Questura di Parma (sicuramente non un covo di bolscevichi) ha riconosciuto come famiglia un coppia sposata all’estero. Un tempismo formidabile. Non si può morire di equilibrismi per tirare a campare. Non si può andare avanti con continui silenzi, assenze, latitanze e non scelte. Per dirla con le parole dei diretti interessati: “Ci saremmo aspettati più coraggio, Perugia merita di meglio”, concludono dal gruppo del PD perugino. E annunciano di non volersi fermare: “stiamo già lavorando ad una mozione che chiede al Parlamento di legiferare e al Comune di Perugia di riconoscere, come già fanno molti altri comuni italiani, i matrimoni regolarmente contratti all’estero”.
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