Non è bastato il Tavolo tecnico del Mef per capire se e quanti soldi in più gli umbri debbano sborsare per avere i conti della sanità in pareggio, relativamente al 2024 e per i prossimi anni. Almeno, non per come la raccontano e la interpretano le opposte “tifoserie” politiche.
Il Tavolo del Mef
Una premessa: il Tavolo del Mef non “certifica” i bilanci. Acquisisce quelli che portano le Regioni. Che poi saranno vagliati in altre sedi da organismi a ciò preposti. Nella scontata speranza – di chi nel 2024 ha governato per 11 mesi, di chi per il solo ultimo mese, ma soprattutto di chi in Umbria vive e lavora – che i bilanci delle due Asl e delle due Aziende ospedaliere siano corretti.
I conti
I numeri che la delegazione umbra guidata dalla dirigente Donetti hanno portato ai tecnici del Mef indicano un disavanzo strutturale per le quattro Aziende, al quarto trimestre 2024, di -243,453 milioni di euro. Cifra dalla quale occorre scalare l’utile della Gestione sanitaria accentrata (+153,141 milioni), che portano ai “famosi” -90 e rotti milioni. Dai quali scalare le ulteriori voci in entrata certe: i 22,975 milioni del pay-back farmaceutico (cifra che però, a marzo, sarebbe salita intorno ai 28 milioni). E i 33 milioni della quota premiale. Somma, tra dare e avere, che porta a -34,268 milioni (al netto della maggiore entrata del rimborso sui farmaci).
Il nodo Fondo di dotazione
Questo è il disavanzo di esercizio che la Giunta Proietti oggi ammette anche nelle comunicazioni ufficiali. Perché, allora, il centrosinistra parla di “buco” di 73 milioni? Perché aggiunge i quasi 39 milioni (38,522 milioni) del Fondo di dotazione che chi parifica i bilanci, negli ultimi anni, chiede di ricostituire.
Soldi da mettere tutti insieme, subito? Una nota della Giunta regionale fa chiarezza su questo punto, rispetto a ricostruzioni che erano state fatte martedì, anche da esponenti della stessa maggioranza. “In merito alla posta ‘fondo di dotazione’, per cui è necessario trovare coperture di parte corrente – scrive Palazzo Donini – già ieri durante il Tavolo tecnico, è stata richiesta dalla Regione la possibilità di rateizzazione, operazione non consentita, invece, per il disavanzo di esercizio accertato”. I 34 milioni vanno pagati subito, dunque; i 39 milioni anche a rate, da concordare.
E lo “scudo”?
La maggioranza ha ottenuto dal Tavolo tecnico ciò che, arrivati a questo punto dello scontro politico, voleva: la presa d’atto del disavanzo dei conti della sanità umbra da parte del Ministero. Che ora avvierà la procedura per la diffida, formale, cui seguono, in ordine temporale e di “gravità”, la nomina della governatrice come commissario ad acta, la trattativa sul Piano di rientro e, nel caso limite, il commissariamento vero e proprio della sanità umbra. Una pronuncia che giustifica un aumento di tasse.
E il cosiddetto “scudo”, cioè la manovra preadottata dalla Giunta con cui presentarsi meno in difetto al Tavolo? Non ha sortito effetto, come era scontato. Perché una manovra preadottata non vale “soldi certi”. Quelli che, al Mef, hanno voluto vedere, almeno sulla carta. Tanto più che pubblicamente, presidente e maggioranza hanno detto, anche ai tavoli con le parti, che l’intenzione è quella di limare quegli aumenti.
Il nodo del 15 aprile
La nota di Palazzo Donini poi prosegue ribadendo l’arco temporale entro il quale la maggioranza vuole approvare l’innalzamento delle aliquote per l’anno in corso (Irpef) e dal primo gennaio 2026 (Irap e bollo auto): “Il tempo per la manovra fiscale, il più possibile equa e dalla parte delle fasce basse e medie di reddito, rimane il 15 aprile“.
Perché il vero nodo di questa vicenda è proprio la tempistica, che incide sulle possibilità di utilizzo dell’extragettito a cui sono chiamati gli umbri.
Come usare l’extragettito?
La Finanziaria consente di indicare le nuove aliquote addizionali entro il 15 aprile. In via ordinaria. Fiscalità, dunque, che entra nelle casse della Regione e che può essere spesa per ogni voce. La sanità, che ha un suo specifico bilancio che pesa per circa l’80% su quello complessivo della Regione. Ma anche per trovare quelle “risorse indispensabili” per le materie indicate nella delibera 260 del 21 marzo 2025: trasporto pubblico locale; diritto allo studio; interventi socio-educativi e contrasto alla povertà; sviluppo economico e ambiente; cofinanziamento programmi comunitari. Quella delibera con la quale la Giunta regionale ha approvato all’unanimità la preadozione di una manovra con un aumento della fiscalità di 90 milioni per l’anno in corso e di 116 milioni per il 2026 e per il 2027.
La revisione degli aumenti
Cifre eccessive per il fabbisogno della sanità visti i numeri portati al Mef, anche nell’ipotesi peggiore in cui si decida, oltre a reperire i circa 34 milioni per coprire il disavanzo di Asl e Aziende ospedaliere, di ricostituire in un solo colpo il Fondo di dotazione, senza chiedere rateizzazioni.
Su questo la maggioranza è disposta a fare un mezzo passo indietro, prevedendo una sorta di clausola di salvaguardia per i redditi tra 15mila e 28mila euro.
Ciò su cui la maggioranza al momento non sembra invece essere disposta a derogare è la necessità di approvare la manovra entro il 15 aprile. Così da poter utilizzare l’extragettito, una volta speso ciò che si deve per i conti effettivi della sanità, per le altre politiche. Appunto.
Il pay-back dispositivi
Per l’opposizione non c’è bisogno di alcuna manovra, almeno per la sanità. I cui conti sarebbero in ordine, considerando i circa 48 milioni che l’Umbria attende per il pay-back dispositivi, in base alla “mediazione” sancita nel 2023 col decreto legge n. 34. Ma sulla quale, come avvenuto in altre regioni, possono aprirsi contenziosi con le imprese private chiamate a rimborsare queste cifre.
Risorse dal bilancio
Attenendoci alle poste certe, i circa -34 milioni della gestione della sanità umbra nel 2024 (forse qualcosa in meno, aggiornando il conto del pay-back farmaceutico), le strade percorribili sono tre.
La prima è che la Giunta trovi queste risorse all’interno del suo bilancio di circa 2 miliardi. Possibilità che chi ha governato negli ultimi cinque anni ritiene possibile, ma che la presidente Proietti ha escluso: non ci sono margini, perché già si è stretti.
Riforma della sanità
L’altra è ridurre le spese della sanità. Obiettivo che la governatrice assicura di poter raggiungere, confidando sulle riforme che si potranno mettere in campo con l’ausilio del lavoro della dirigente Donetti e della sua squadra. In attesa dell’approvazione del nuovo Piano sanitario, che richiede i suoi tempi, nel brevissimo periodo possono essere attuate solo alcune razionalizzazioni. Difficile si possa incidere sui conti dell’anno in corso. Ma dal 2026, se le misure saranno realmente efficaci, alcuni effetti benefici sui conti si potrebbero vedere. Riducendo, a parità delle altre voci di spesa e delle entrate, il disavanzo corrente.
L’aumento delle tasse
La terza strada – parallela alla seconda, ma che è ovviamente più veloce – è quella di aumentare il prelievo fiscale.
Ma qui, come nel Monopoli, si torna alla fatidica data del 15 aprile. Perché se l’aumento viene approvato dall’Aula entro tale data, l’extragettito potrà essere usato dalla Regione per i conti della sanità e per altre politiche.
Il commissario è “lontano”
Che succede se si supera questa data? Non scatta il commissariamento, inizialmente paventato e dato addirittura per certo dalla maggioranza nella narrazione iniziale per giustificare la manovra. Quello che farebbe scattare automaticamente le aliquote al massimo. In base alla complessa procedura di legge, al commissariamento vero e proprio si arriva solo in presenza di una voragine nei conti o se un’amministrazione decide… di farsi commissariare. Scelta che Proietti ha detto sarebbe stata la più conveniente politicamente, ma scartata per senso di responsabilità. Perché non presenta alcun piano di rientro credibile. O perché, una volta concordato con il Mef (e con il Ministero della Sanità per gli aspetti delle prestazioni da garantire), non lo rispetta negli step di verifica previsti.
La “trattativa” col Mef
Cosa succede invece una volta che la Regione riceve dal Mef la diffida a ripianare il deficit della sanità? Se i soldi già pronti in cassa (o introitabili con una manovra lampo) non ci sono, si apre una trattativa tra il Ministero e il presidente della Regione, che diventa commissario ad acta (cioè l’interlocutore del Mef) sulle misure per il Piano di rientro. Che riguardano, appunto, tagli alla spesa ed aumenti delle entrate. Non più liberi, appunto, ma vincolati al riequilibrio dei conti della sanità.
Le parole di Marini
Che è la strada che aveva indicato, intervistata da Pasquale Punzi, la già presidente Catiuscia Marini, persona “informata sui fatti”, per il suo trascorso da governatrice. Marini aveva chiarito la necessità di distinguere tra conti della sanità – da mettere al sicuro con una riforma attesa da anni, senza più l’utilizzo di entrate straordinarie, ma che nella gestione del deficit possono essere oggetto di trattativa con il Ministero – e fiscalità generale, che legittimamente un’Amministrazione può perseguire per le proprie politiche, assumendosene la responsabilità.
Manovra e manovra
A conti fatti, evitare che l’aumento della fiscalità “per la sanità” venga approvato entro il 15 aprile, concordandolo poi successivamente nella trattativa col Mef, è l’unico modo per garantire che gli umbri paghino effettivamente per rimettere a posto i conti della sanità, senza dover attendere le sorprese di poste ancora incerte. E che questa tassazione, per i prossimi anni, vada di pari passo con i benefici che le riforme attuate potranno effettivamente portare. Misure, tra l’altro, concordata tra i tecnici di una Regione di centrosinistra e di un Governo di centrodestra.
Certo, sarebbe un po’ la resa della politica. Ma quale politica? Quella che, ormai divisa tra opposte tifoserie, non riesce nemmeno a concordare sui conti “certificati” da comunicare agli umbri, pur nella diversa visione delle scelte da adottare?
Martedì sera, maggioranza in conclave fino a tarda ora a Palazzo Donini, opposizione riunita nell’occupato Palazzo Cesaroni. Giovedì nuovo atto, in Commissione.