Casa Ancarano, le difese di Alemanno: "Non si considerano bisogni post sisma"

Casa Ancarano, le difese di Alemanno: “Non si considerano bisogni post sisma”

Redazione

Casa Ancarano, le difese di Alemanno: “Non si considerano bisogni post sisma”

Sab, 26/03/2022 - 10:01

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Casa Ancarano, le considerazioni dei difensori del sindaco Alemanno dopo la sentenza di condanna del tribunale di Spoleto. Annunciato ricorso

È forte la presa di posizione dei difensori del sindaco di Norcia, Nicola Alemanno, gli avvocati Massimo Marcucci e Luisa Di Curzio, dopo la condanna relativa al processo su Casa Ancarano. Vale a dire la struttura polivalente in fase di realizzazione e poi sequestrata nella frazione nursina distrutta dal terremoto del 2016. Un luogo che avrebbe dovuto avere una funzione aggregativa ma anche preventiva: in caso di ulteriori calamità naturali avrebbe potuto ospitare la popolazione, sull’esempio positivo di quanto era avvenuto nella vicina frazione di Campi.

L’iter autorizzativo ed il luogo scelto, oltre al basamento in cemento in cui poggia la struttura in legno, finanziata da un’importante mobilitazione popolare, però, sono stati contestati dagli inquirenti, fino al processo ed alla condanna del tribunale di Spoleto – in primo grado – nei confronti del primo cittadino, del presidente della Pro loco di Ancarano e del direttore dei lavori a 15 mesi di reclusione e 60mila euro di multa. E se i legali di tutti gli imputati hanno sin da subito annunciato ricorso contro la sentenza, una volta depositate le motivazioni, i difensori di Alemanno a mente fredda fanno alcune considerazioni sulla vicenda.

Di seguito la loro nota integrale.

“In qualità di legali del Sindaco di Norcia per il procedimento a suo carico denominato “Casa Ancarano”, preso atto della sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Spoleto, non possiamo esimerci da alcune considerazioni.

Il Giudice ha ritenuto fondato l’impianto accusatorio della Procura della Repubblica di Spoleto, seppure solo in parte, riducendo le pene richieste da quest’ultima e disponendo la demolizione dell’opera e non anche la confisca della medesima.

Certamente il primo rammarico è rivolto all’organizzazione della giustizia che consente il trasferimento di un processo, alla vigilia della sentenza, a un giudice diverso rispetto a quello che lo ha gestito dall’assegnazione, ha sentito i testimoni, ha interloquito con i consulenti, insomma ha avuto modo di “vivere” il processo, e non di “trattare” un fascicolo.  

Non è nostro costume commentare le sentenze e non lo facciamo nemmeno questa volta. Non può però non rilevarsi che macroscopici appaiono fin da subito alcuni errori che nulla hanno a che vedere con uno stato di diritto, ragion per cui, una volta lette le motivazioni, sarà immediatamente nostra cura presentare appello alla corte d’Appello di Perugia.

Come ha rilevato anche il collega Brunelli la sentenza è in contrasto con il diritto e con la giustizia. Si valutano i fatti come se si fosse trattato di comportamenti in tempo “ordinario” e non durante una delle più importanti emergenze che il nostro Paese ha dovuto affrontare nel dopoguerra.

Un evento che per dimensione del danno, estensione territoriale e caratteristiche non ha eguali in Italia. Una sentenza che mina alla base l’agire dell’intero sistema della Protezione Civile Nazionale. Chi si attiverà più, con propri atti in deroga, sulla base del disposto delle Ordinanze del Capo Dipartimento di Protezione Civile, se questi, assunti in momenti straordinari e contingenti, vengono poi riletti da altri zelanti funzionari dello stesso Stato, e considerati, a “tavolino” non applicabili? Neppure sono valse le dichiarazioni del Capo Dipartimento della protezione Civile, dott. Angelo Borrelli, unico a poter fornire l’interpretazione autentica di una sua Ordinanza.

Il rammarico è per coloro che oggi, cercando di dare risposta ai bisogni della popolazione colpita dal sisma, rispondendo ad una fortissima richiesta di solidarietà,   ha operato nel solo e precipuo interesse di quelle, nel tentativo di offrire loro un concreto argomento per scegliere di restare in luoghi così difficili anzichè abbandonarli, e oggi si ritrova condannato come un comune delinquente in ragione di una diversa interpretazione di due organismi dello stesso Stato”.

Avvocato Luisa Di Curzio

Avvocato Massimo Marcucci

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