A Spoleto l'Opera è viva, La "Tragédie de Carmen"del Lirico Sperimentale è un successo - Tuttoggi.info

A Spoleto l’Opera è viva, La “Tragédie de Carmen”del Lirico Sperimentale è un successo

Carlo Vantaggioli

A Spoleto l’Opera è viva, La “Tragédie de Carmen”del Lirico Sperimentale è un successo

Sab, 13/08/2022 - 13:04

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Nella Carmen il regista Alessio Pizzech riscopre una interessante dimensione ciclica, di morte e rinascita, come in una porta girevole.

Non è mai semplice o men che meno scontato riportare sulle assi del palcoscenico ciò che era nato per un adattamento cinematografico. Come il film musicale, La Tragedie de Carmen, specificamente nato dal genio di Peter Brook nel 1981 con la musica di Marius Constant e le scene di Jean-Claude Carrière , per raccontare una storia per immagini prima ancora che per musica e cantanti. Qualcosa di simile fu fatta anche da Carlos Saura nel 1983 con Carmen Story, dove la musica e la storia di Carmen di Prosper Mérimée divennero il pretesto di un racconto contemporaneo che tramutava Carmen una ballerina di flamenco (Laura Del Sol) e in cui protagonista maschile era, tra gli altri, il grande Antonio Gades, notissimo per le sue partecipazioni al Festival dei Due Mondi.

Una operazione ardita e coraggiosa, quella di Brook, nel voler adattare cinematograficamente un opera ricca e complessa come la Carmen di Georges Bizet, asciugandola di tutti i fronzoli esotici e di maniera dell’epoca, portandola a soli 80 minuti di durata per concentrarsi sull’unico concetto onnipresente dall’inizio fino alla fine: la morte.

La morte fisica ovviamente, ma anche la morte come passaggio ad altra dimensione.

In questo senso l’operazione messa in scena al Teatro Caio Melisso dal regista Alessio Pizzech riscopre una interessante dimensione ciclica, di morte e rinascita, come se si fosse in una porta girevole.

Qualcosa cambia per non cambiare di fatto nulla e tornare al punto di partenza.

Ne sa qualcosa il Don Josè di questa edizione spoletina, nella rassegna Eine Kleine Musik.

Un protagonista che non riesce mai ad assaporare fino in fondo il piacere ingannatore dell’amore per Carmen. In ogni momento di felicità procurato dalla tormentata sigaraia zingara, c’è sempre un ritorno agli inferi della dannazione e della consunzione umana. Quella che ti fa perdere tutto e ti fa precipitare fino ad essere il “cannibale” delle vite altrui mentre cerchi ancora disperatamente di ritrovare la tua.

Nella messa in scena spoletina, complici le scene di Andrea Stanisci, le luci di Eva Bruno ed i costumi di Clelia De Angelis, il regista Pizzech va alla ricerca dell’autenticità dei personaggi e la cosa migliore per farlo è vederli costretti nei loro ambienti quotidiani. Sorta di camerini di scena in cui ognuno indossa la propria forma umana e compie il suo destino.

L’eroina Carmen, soprattutto, contrapposta alla normalità di Micaela (fidanzata di Don Josè), sopraffatta dal sentimento di libertà che alla fine le procurerà solo lutti e disperazione.

Non siamo molto convinti del fatto che tutto questo rappresenti una critica alla morale del tempo (quella sessuale, politica e sociale), quanto invece ci convince di più il tema della morte e della rinascita che Brook non lascia mai velato.

Diamo atto alla messa in scena spoletina di aver fatto comprendere meglio questo aspetto dandone una una sua versione autentica, senza utilizzare i soliti trucchi tipo il sigaro arrotolato sulle gambe (le cosce?) della sigaraia, artificio a cui non resiste lo stesso Peter Brook nel suo film e che, per una sorta di incomprensibile dettaglio, fa arrotolare a Carmen su una gamba coperta da spesse calze nere. La morte dell’erotismo. O anche, forse, un fosco presagio di ciò che accadrà. A Spoleto invece, il buon senso ha suggerito una Carmen decisamente libera da vincoli, ammennicoli e orpelli seduttivi.

Dove invece la perplessità per il gesto si è trasformata rapidamente in comicità involontaria è quando il povero oste Lillas Pastia viene fatto morire per overdose dopo aver raccolto i cadaveri di Zuniga, Garcia, ed Escamillo, tutti pretendenti di Carmen. Una sorta di nemesi dell’oste, che “non si fa i cadaveri suoi “, e la fa finita pure lui in solitudine.

Una botta di “pacchianeria giovanilistica” diceva Guido Davico Bonino litigando con Carmelo Bene. Ma facciamo finta di nulla, come non detto!

Foto: Lirico Sperimentale (Ludovica Gelpi)

I cantanti e l’Orchestra.

Siamo da sempre sinceri e convinti sostenitori del metodo “Spoleto” applicato dal Lirico Sperimentale e ribadito anche da quasi tutti i vincitori, anche ormai famosi, del Concorso Comunità Europea per cantanti lirici e che ritengono Spoleto forse l’unica vera palestra per il mestiere di cantante d’opera che si trovi in Italia. Un luogo di formazione dove si mettono in pratica tutte le necessarie arti per andare in scena e non solo il canto.

Sappiamo che in questa Tragedie de Carmen il lavoro di Alessio Pizzech sui cantanti è stato profondo ed emozionale. Ma i risultati si vedono. Prendere dei ragazzi digiuni di attorialità e metterli in equilibrio con la loro dote che è il canto non è impresa scontata.

Grande lavoro anche del M° Carlo Palleschi, un direttore d’orchestra ferreo e sapiente che conosce alla perfezione l’ambiente e che governa con mano sicura, da buon padre di famiglia, i cantanti ed i 16 elementi dell’Ensemble del Lirico Sperimentale.

Due conferme sono certamente l’Escamillo vigoroso e solido di Alberto Petricca, già notato in Giovanni Sebastiano dello scorso anno e la Micaela di Maria Stella Maurizi, già sentita al Festival dei Due Mondi e dalle doti vocali e musicali inequivocabili. Tuttavia la giovanissima soprano (24 anni) deve maturare in esperienza sul palcoscenico e non dubitiamo che questo accadrà presto.

Equilibrati e godibilissimi la Carmen di Veronica Aracri e il Don Josè di Oronzo D’Urso ai quali peraltro è stato chiesto uno sforzo recitativo notevole. Se possiamo, per Veronica un po più di voce e per Oronzo meno preoccupazione per la prestazione vocale e più attenzione all’attorialità.

Ma ovviamente ciò che sempre conta al Lirico Sperimentale è la prova d’esperienza. E come sempre è un piacere incredibile vedere questi ragazzi all’opera.

Infine, dopo aver registrato un calorosissimo plauso del pubblico che ha riempito il Caio Melisso in una recita di tardo pomeriggio feriale (quindi di difficile collocazione), vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà a Valentino PaglieiLillas Pastia per la sua prematura dipartita a causa di un overdose di scena.

Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)

Opera e dintorni…

All’uscita del teatro, qualche addetto ai lavori che ci conosce ci ha detto “finalmente l’Opera”. E il riferimento all’assenza della stessa da ben due anni dal Festival dei Due Mondi di Spoleto era inequivocabile.

Ieri sera peraltro lo Sferisterio di Macerata ha aperto la sua stagione con un clamoroso sold out per Il Barbiere di Siviglia di Rossini.

Evidentemente al Festival non interessa nemmeno ciò che accade nei dintorni, Lirico incluso

Ed è tanto vero il fatto che il “mondo non basta” a quelli del Due Mondi che vi anticipiamo che l’Opera nel 2023 si farà e che sarà un prodotto chiavi in mano, e presumibilmente già andato in scena. Nel frattempo, se la notizia sarà confermata, esultano i tecnici di Spoleto che per il 3° anno, a questo punto, lavoreranno solo un terzo ( e nemmeno tanto) dell’abituale ingaggio pre-nuova direzione artistica.

Ma oggi è la festa del Lirico Sperimentale e dunque, evviva il Lirico. Qui i tecnici lavorano per tutta la durata della manifestazione, almeno.

Modificato (18,32)

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