il Natale Ortodosso è da considerare "primigenio", l’originale, quello che c’era prima della tradizione nordica dell’albero e del Presepio francescano
A volerla dire tutta, perlomeno in termini cronologici, il Natale Ortodosso è senz’altro da considerare “primigenio”, l’originale, quello che c’era prima che la tradizione nordica dell’albero di Natale e del Presepio di matrice francescana salissero alla ribalta ad opera di un cattolicesimo militante che sull’argomento ha costruito un brand efficacissimo.
Così si festeggia oggi, 7 gennaio 2021, in tutto il mondo di osservanza ortodossa, la ricorrenza della nascita di Gesù figlio di Dio e della Vergine Maria, un Natale postumo per i cattolici di Sancta Romana Ecclesia, frutto di una vicenda che vide protagonista Papa Gregorio XIII che nel 1582 decise di modificare il calendario Giuliano (introdotto da Giulio Cesare ndr.) cancellando d’un colpo i giorni tra il 5 ed il 14 ottobre e traslando di fatto il Natale dalla data del 25 dicembre al 7 gennaio dell’anno successivo.
Un frattura che divise ancor più, se ce ne fosse stato bisogno, la chiesa dell’est da quella romana e papalina.
Il Patriarcato di Mosca, Serbia, Ucraina, Bielorussia, Georgia, Macedonia, Montenegro hanno dunque iniziato con la vigilia di ieri, 6 gennaio, a festeggiare come si faceva appunto dai tempi di Giulio Cesare.
Si discostano invece da questa tradizione il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (comprendente la Grecia), la Chiesa ortodossa bulgara e quella romena che hanno invece optato per il Natale del calendario Gregoriano.
Il Natale ortodosso,
dovrebbe essere preceduto da un periodo di digiuno e preghiera della durata di 40 giorni, secondo la più classica simbologia iniziatica conosciuta e descritta in molti testi antichi.
Mentre alle origini il digiuno era pressochè totale ai nostri tempi, verrebbe da dire ahinoi, ovviamente questo non è replicabile ma prevede di consumare pesce nei giorni di mercoledì e venerdì, tradizione peraltro piuttosto comune anche nelle famiglie di matrice cattolica.
Il digiuno si fa più stretto nella giornata della vigilia, il 6 gennaio, in cui la tradizione prescrive il consumo di cibo povero come è il grano lesso o la frutta.
Le festività natalizie nel mondo ortodosso terminano quindi con la celebrazione dell’Epifania e della solennità di San Giovanni Battista, il 6 e 7 gennaio secondo il calendario Giuliano (il 19 e 20 gennaio secondo quello Gregoriano).
Sulla coincidenza del Natale ortodosso con l’Epifania,
si potrebbe scrivere un libro e forse qualcuno l’ha già fatto. In questo piccolo nostro resumé ci limitiamo a ricordare un vecchio articolo pubblicato su Tuttoggi nel 2013, in cui tentammo di spiegare nel miglior modo possibile come l’Epifania veniva intesa dai sacri testi, attraverso anche la figura dei Re Magi.
Tutt’altro che la tradizione pagana della vecchietta sulla scopa, la Befana, frutto di racconti e contesto proto-medievale che tanto piaceva allo scomparso Giulio Andreotti che la volle fortemente come festa nazionale.
Diventa così molto interessante, nella tradizione iconografica del Natale Ortodosso e alla luce del concetto di Epifania, la presenza di dipinti in cui il bambino esposto il 7 gennaio è deposto in una piccola culla a forma di bara completamente fasciato, a voler simboleggiare il senso ciclico di ininterrotta morte e rinascita.
Così nei primi secoli i cristiani commemoravano tre eventi insieme: il Natale, la manifestazione dei Re Magi e il Battesimo di Gesù.
Ovviamente cambia un pò anche il tipo di addobbi natalizi che nelle case ortodosse sono ghirlande e i soggetti principali sono i pesci e le pecore. Esclusi quindi alberi addobbati e natività in forma di presepe.
Ma su questo, almeno sino ad ora, ci siamo risparmiati battaglie ideologiche in nome della matrice cristiana della civiltà europea del tipo “Io sono più cristiano di te…”.
Ma in tempi di pandemia non è detta l’ultima.