Il tribunale di Roma, con ordinanza 27 ottobre 2014 ha stabilito che l’assunzione effettuata dal datore di lavoro a tempo determinato, coeva all’epoca del licenziamento non comporta la violazione dell’obbligo di repechage.
I fatti – Il caso in esame riguardava un licenziamento di una lavoratrice, addetta all’ufficio paghe, per soppressione dell’intero reparto.
La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento contestando l’effettività della esternalizzazione e la violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di offrirle posizioni alternative all’interno dell’azienda.
La sentenza – L’esame condotto dal giudice ha innanzitutto attestato la veridicità della riorganizzazione, provata dall’esistenza di un contratto di outsourcing verso un terzo soggetto. L’altra indagine ha riguardato l’obbligo di repechage,ossia, appunto, la verifica dell’esistenza di posizioni alternative che il datore di lavoro avrebbe potuto offrire alla lavoratrice.
Secondo il tribunale tale obbligo, conformemente a quanto già affermato dalla Cassazione con sentenza del 13 agosto 2008 n. 21579, non deve essere solo limitato alla prova dell’inesistenza di mansioni equivalenti ma anche relativamente alla mancanza di mansioni inferiori purché rientranti nel bagaglio professionale del lavoratore, alle quali lo stesso acconsenta e che siano compatibili con il mutato assetto dell’impresa.
Le motivazioni – Con l’indagine effettuata il giudice ha quindi respinto le rivendicazioni della lavoratrice in quanto: non vi erano state assunzioni a tempo indeterminato dopo la risoluzione del rapporto di lavoro, altre assunzioni erano state effettuate prima del licenziamento ed in tempi che non erano in contraddizione con lo stesso. Altre posizioni rivendicate riguardavano invece personale con inquadramento superiore.
L’assunzione che poteva dar adito a riflessioni a favore della lavoratrice era stata effettuata a tempo determinato con inquadramento analogo a quello della licenziata un mese prima del licenziamento della stessa. Il giudice ha però ritenuto irrilevante tale assunzione a termine ai fini della violazione dell’obbligo di repechage; egli infatti ha giudicato che benché il datore di lavoro fosse al tempo consapevole della propria situazione produttiva non poteva offrire alla lavoratrice un’assunzione a termine, come alternativa.
A cura del Dott.ssa Claudia Paoli, Consulente del Lavoro
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