Si fugge quando si scappa da qualcosa. E’ quindi improprio definire Lorenzo Moncelsi un “cervello in fuga”, perché la sua in realtà è una corsa incontro a qualcosa, verso quello che più desidera nella vita: essere uno scienziato. Lorenzo, originario di Passignano sul Trasimeno ha 32 anni e da qualche giorno è forse l’unico, e se non l’unico sicuramente uno dei pochi umbri, ad aver messo piede in Antartide. Nel luogo più freddo della terra ci è arrivato come dice lui, per “costruire telescopi che sorvolano l’Antartide a 40km di altitudine appesi ad un pallone grande come il Colosseo per studiare l’origine dell’Universo”. TO ha deciso di intervistarlo e di seguirlo in questa sua avventura.
Quando i tuoi amici ti chiedono cosa fai di lavoro come glielo spieghi? Dipende dalle circostanze e dalla persona che mi ha fatto la domanda. Spesso, ironicamente, recito tutto d’un fiato una verità romanzata, “costruisco telescopi che sorvolano l’Antartide a 40km di altitudine appesi ad un pallone grande come il Colosseo per studiare l’origine dell’Universo”, seguita da una risata. Poi attendo la reazione dell’interlocutore, spesso imprevedibile, e spiego più o meno in dettaglio la parte di quella frase che li incuriosisce di più. Ovviamente, gli amici più stretti conoscono già gran parte della storia, ma i recenti sviluppi scientifici che hanno attorniato SPIDER hanno mantenuto la vicenda movimentata, e quindi si finisce spesso a parlare dell’origine dell’Universo, degli aspetti di “politica” accademica e le ripercussioni più personali legate ad una potenziale scoperta. A volte, meno spesso, mi capita di trovare interlocutori interessati nella parte più tecnica (meno speculativa) del mio lavoro, e allora veramente viene fuori la quotidianità del mio lavoro, che è di natura concreta e sperimentale: tante ore passate in laboratorio o sul campo a progettare, costruire e testare congegni per ottenere misure sensibilissime di temperatura del cielo (un esempio che faccio sempre è che i nostri detector sono così sensibili da rilevare il calore prodotto da una caffettiera sulla luna), usando branche della fisica sperimentale come criogenia, superconduttività, superfluidità, ottica, e termomeccanica.
Nel curriculum di Lorenzo ci sono una laurea triennale in Fisica a Perugia, poi la magistrale in astronomia e astrofisica a Roma “La Sapienza” e poi un dottorato in fisica e astronomia a Cardiff University (Inghilterra) e un Post-dottorato al California Institute of Technology. Ora tutte le energie di questo giovane ricercatore si concentrano sul progetto SPIDER.
Riassumi il progetto a cui partecipi: SPIDER è un telescopio polarimetrico trasportato da un pallone stratosferico di dimensioni simili al Colosseo ad un’altitudine di 40km per osservare il cielo a lunghezze d’onda millimetriche, che sono parzialmente bloccate dall’atmosfera terrestre. SPIDER mapperà circa il 10% della volta celeste alla ricerca di una tenue impronta lasciata dalle ipotizzate onde gravitazionali primordiali, asseritamente generate un infinitesimo di secondo dopo il Big Bang durante un periodo di espansione esponenziale dell’Universo (chiamato Inflazione), sulla radiazione di fondo cosmico che permea l’universo e costituisce la prima immagine che possa esser mai catturata dell’Universo “neonato”. Il team internazionale di SPIDER si sta preparando ad una lunga spedizione in Antartide dove il telescopio verrà assemblato, testato, calibrato e infine lanciato a fine Dicembre 2014 dalla base Americana di McMurdo, da dove inizierà’ il suo percorso circolare intorno al continente ghiacciato seguendo i venti sub-orbitali, fino ad essere sganciato dal pallone al termine delle osservazioni e recuperato dopo una discesa assistita da paracadute. La missione di SPIDER e’ di far luce sull’infiammata diatriba scientifica iniziata dal team (perlopiù’ Americano) di BICEP2, che a Marzo 2014 ha annunciato la scoperta della tenue impronta di cui sopra con un livello di confidenza di un miliardo ad uno; una scoperta tuttavia confutata recentemente dal team (perlopiù’ Europeo) del satellite Planck, i cui dati supportano un’interpretazione più’ ordinaria, e non cosmologica, del segnale rivelato da BICEP2, ovvero che la sorgente dell’emissione non e’ altro che radiazione termica infrarossa parzialmente polarizzata proveniente da nubi di polvere interstellare, riscaldate da stelle massicce appena formatesi nella nostra Galassia.
Dal Trasimeno all’Antartide il passo sembra veramente lunghissimo, per questo cerchiamo di capire cosa c’è in mezzo.
Perché hai lasciato l’Italia? e pensi di tornarci un giorno? Ho lasciato l’Italia per inseguire le mie ambizioni da scienziato, ed in particolare da cosmologo sperimentale. In Italia c’è un gruppo di cosmologia sperimentale di eccellenza a Roma “La Sapienza”, guidato dal Prof. Paolo de Bernardis, dove ho conseguito la mia laurea specialistica e acquisito conoscenze fondamentali per il resto della mia carriera. Dopo la laurea a Roma, andare all’estero per il dottorato mi è sembrato il naturale passo successivo, sia da un punto di vista accademico per attingere conoscenze nuove da scienziati e tecnici diversi, sia da un punto di vista personale per espandere i miei orizzonti culturali. L’Università di Cardiff in Regno Unito ospita un altro gruppo di cosmologia sperimentale di eccellenza, che mi ha subito offerto delle opportunità di ricerca eccitanti e d’avanguardia. In particolare, il mio supervisore Enzo Pascale (Italiano) mi mise subito a lavorare nel team di analisi dei dati raccolti dal telescopio BLAST, che nel giro di un anno e mezzo dal mio arrivo a Cardiff sono stati pubblicati sulla rivista Nature, ad alto impatto scientifico. In principio, lasciare il proprio paese per intraprendere un’esperienza formativa del genere non deve essere necessariamente visto come un punto negativo per l’Italia, che ha investito risorse pubbliche per formare un/a ricercatore/trice, il/la quale esporta all’estero il proprio bagaglio cognitivo ma che a sua volta assorbe come una spugna idee, tecniche, nozioni da istituzioni e accademici stranieri. Il punto negativo si presenta, a mio parere, quando l’afflusso totale di “cervelli”, che siano Italiani o stranieri, in istituzioni accademiche Italiane, è molto inferiore all’esodo dalle stesse. Personalmente, non vedo ovvie opportunità di rientro in Italia nel futuro immediato, specialmente in una maniera che valorizzerebbe le mie specifiche competenze settoriali. Forse se estendessi il mio raggio di azione professionale al di là dell’ambito puramente accademico, le possibilità di rientro potrebbero esser più elevate, ma a quel punto probabilmente il Nord America e molti paesi Europei offrirebbero in proporzione molte più opportunità di impiego a tempo indeterminato, con compenso e/o benefici tipicamente superiori.
Cosa rappresenta per te questa esperienza in Antartide? e sopratutto come ci sei finito? Questa esperienza è il culmine assoluto di tanti anni di lavoro, miei e di tutto il team di SPIDER all’unisono. In realtà noi eravamo già pronti ad andare un anno fa, ma lo shutdown del governo Americano ha creato una cascata burocratica di eventi che hanno portato alla cancellazione completa della passata stagione Antartica. Questo ha portato ad un’esasperazione del nostro desiderio/necessita’ di mettere lo strumento in campo per mantenere l’attualità’ del nostro progetto in un panorama scientifico già molto competitivo, come dimostra la recente diatriba tra BICEP2 e Planck (spiegata brevemente sotto nel riassunto del progetto). Questa dibattito ha portato ulteriore attenzione su SPIDER, che ora molti sperano riesca a far luce sulla questione, grazie alla sua complementarietà’ rispetto agli altri due esperimenti. Il mio diretto coinvolgimento nella spedizione Antartica e’ stato sanzionato nel momento stesso in cui ho preso parte al team di SPIDER tre anni fa (spiego meglio sotto come e perché), vista che la natura del telescopio su piattaforma stratosferica intrinsecamente richiede una messa in campo nel continente ghiacciato (vedi sotto per i motivi). D’altronde, io già avevo partecipato ad una spedizione Antartica nel 2010 per seguire il mio progetto di dottorato BLAST, anch’esso su pallone.
Andare in America è stata una scelta mirata o una necessità? Assolutamente una scelta mirata. Alla fine del dottorato, vista la mia esperienza con esperimenti su pallone in Antartide (maturata con BLAST), è sembrato naturale unirmi al team di SPIDER, che al momento era nella fasi iniziali di sviluppo e realizzazione. Inoltre, lavorare su uno strumento come SPIDER era per me il sogno di sempre, visto che studiare i primi istanti della formazione del nostro Universo e’ stato il motivo originario per cui in quinto liceo decisi di intraprendere questo corso di studi. Quando si presento’ nel 2011 l’opportunita’ di un post-dottorato al California Institute of Technology a Los Angeles come membro del team di SPIDER, mi ci sono fiondato a capofitto. Ho avuto altre offerte per andare in posti diversi (come d’altronde per il dottorato), ma ho sempre avuto la fortuna di poter seguire la mia “vocazione” vera e quindi la scelta del luogo/istituto è sempre stata determinata in primo luogo dal ramo di ricerca.
Cosa ti piace più dell’America e cosa ti manca del Trasimeno? Sicuramente la mia personalità si abbina bene con l’area di Los Angeles, di cui è difficile non abituarsi al meteo quasi sempre perfetto e alla varietà’ paesaggistica disponibile a breve distanza, che spazia dalla spiaggia soleggiata, ai parchi naturali dei canyon, alle foreste di sequoie, alle località sciistiche, e al deserto inoltrato. Inoltre, la città offre tantissimo in termini di attività sportive (sia da praticante che da spettatore) e di vita notturna, lasciandoti sempre con l’impressione che non puoi vivere qui abbastanza a lungo da provare tutte le iniziative che la citta’ offre. Ovviamente il traffico e le lunghe distanze rendono la vita meno semplice, ma 10 anni di vita a Roma mi hanno formato bene. Quello che mi manca di più’ del Trasimeno (e in generale dell’Italia) sono le serate fuori, dove per fuori intendo folle di gente in strada o piazza, non rinchiusi in un locale. Questo tipo di cultura sociale “di strada” manca da questo lato dell’Atlantico, specialmente sulla costa Ovest, nonostante il meteo sia eccelso per più’ di 9 mesi all’anno. E ovviamente la cucina Italiana a prezzi non esorbitanti; qui si trovano anche ottimi ristoranti Italiani, ma non si spende mai meno di 50$ a testa.
E poi ancora due domande, decisamente più specifiche che riguardano il progetto
Qual è stato il tuo ruolo diretto all’interno di SPIDER? Al cuore del telescopio SPIDER si trovano sei sensibilissime fotocamere a microonde, che sono state sviluppate, costruite e testate interamente al California Institute of Technology in collaborazione stretta con il vicino laboratorio della NASA, Jet Propulsion Laboratory (JPL). Ogni fotocamera contiene più’ di 500 pixel fotolitografati su substrati di silicio, e ogni pixel costituisce un termometro ultra-sensibile fatto di materiale superconduttore. Tra gli obiettivi di SPIDER c’e’ quello di qualificare questa tecnologia innovativa per una futura missione su satellite, visto che il nostro pallone porterà queste fotocamere ad operare “quasi” nello spazio, dove le condizioni esterne di temperatura, pressione, e ambiente radiattivo sono molto diverse da Terra. Nei miei tre anni qui a CalTech, io ho condotto il team locale di SPIDER (4 persone) fino alla consegna delle sei fotocamere, complete delle proprie ottiche e testate sotto ogni aspetto sperimentale.
Perché SPIDER e BLAST operano in Antartide? Contrariamente ai telescopi da terra, per cui l’Antartide è un luogo molto propizio per osservazioni astronomiche per via dell’atmosfera estremamente secca e stabile, i palloni stratosferici non ne beneficiano perché volano al di sopra del 99.5% dell’atmosfera terrestre. Ci sono tre motivi: 1) durante la stagione estiva (invernale nell’emisfero Nord) c’è il sole 24 ore su 24; questo ci permette di utilizzare pannelli solari per ricaricare continuamente le batterie (identiche a quelle di una macchina) che alimentano tutto l’esperimento (che, per inciso, consuma meno di un asciugacapelli) 2) inoltre, visto che il pallone e’ pieno di elio, l’assenza del ciclo giorno-notte evita che il gas si espanda e contragga ogni giorno, mantenendo l’altitudine del pallone più o meno costante. Questo e’ importante per evitare segnali spuri dovuti alle diverse condizioni atmosferiche presenti a diverse altitudini. 3) all’inizio della stagione estiva si instaurano dei venti circolari che mantengono la traiettoria del pallone (su cui noi non abbiamo controllo) sopra il continente ghiacciato, senza farlo andare alla deriva sopra l’oceano. Questo è fondamentale perché la quantità di dati prodotta al secondo da SPIDER e’ troppo alta per essere trasmessa interamente in telemetria, e quindi alla fine delle osservazioni i dischi fissi contenenti i preziosi dati devono essere andati a recuperare fisicamente.In linea di principio, queste condizioni sono verificate anche al polo Nord, e infatti progetti Europei su pallone spesso lanciano dall’arcipelago delle Svalbard in Svezia. Invece, poiché SPIDER è finanziato dalla NASA, non può sorvolare lo spazio aereo Russo, e quindi l’emisfero Sud è l’unica opzione per noi.