Carlo Vantaggioli
Chi dice che le inaugurazioni sono tutte uguali, noiose e scontate, allora si è perso quella di oggi al Teatro Caio Melisso – Spazio Carla Fendi per festeggiare il restauro del sipario del piccolo teatro spoletino, secondo atto del corposo intervento di ristrutturazione generale promosso della Fondazione Carla Fendi. Un miracolo di sintesi culturale e semplice ospitalità, ma sostanziosa, come solo i gesti non ostentati sanno riuscire a dare. Che Carla Fendi sia una bravissima stratega della comunicazione è piuttosto noto, come è ormai assodata la sua convinta passione per Spoleto ed il Festival. E le piccole cose fanno la differenza. Come quella di mettere in scena una breve piece con cui esaltare il “colore” ritrovato del magnifico sipario, “L’Apoteosi di Caio Melisso” di Domenico Bruschi (1879). Nello splendido telo, raffigurate le arti e la poesia. E con il sipario ritrovano colore anche le scenografie dette de “La Camera Ricca”, 4 quinte di scena per lato e 3 soffitti con fondale e fondino, rappresentanti una sala decorata di palazzo nobiliare usate per concerti o balli, opera dell’ architetto Giovanni Mottironi (1874).
C’era molta attesa per questa giornata programmata nel corso di Spoleto55, e molte persone erano pronte all’ingresso del Caio già da prima dell’orario stabilito per le 12. Molte le personalità in piazza Duomo, tra cui il Ministro Passera con la famiglia, che dopo una breve visita a Casa Menotti, prima di ripartire per Roma, ha abbracciato calorosamente il Presidente della Fondazione Carispo, Dario Pompili ed il sindaco Bendetti. Passera si è intrattenuto qualche minuto anche con Philippe Daverio in attesa di entrare in scena al Melisso. Gustoso il siparietto di Daverio, notoriamente un elegantone, che ha platealmente apprezzato la giacca indossata del regista Stefano Alleva. Una canicola decisamente “ardente” ha scaldato l’attesa dei presenti che proprio per sfuggire all’afa si sono poi accalcati all’ingresso creando qualche problema allo staff della Fondazione che non si è perso d’animo e, con la signora Carla Fendi in testa, ha subito distribuito a tutti degli utilissimi ventagli di foggia orientale e provvidenziali bicchieri di acqua gelata per stemperare un po’ l’affanno. Una calca spontanea e affettuosa oltre che incuriosita dalla partecipazione alla piece in programma del grande affabulatore Philippe Daverio, professore, nonché colto abituè dell’arte e della comunicazione culturale, volto notissimo a coloro che amano senza mediazioni le sue trasmissioni televisive, Passpartout prima ed ora Il Capitale.
In tempi non sospetti Tuttoggi.info ha sempre seguito Daverio ogni qualvolta lo stesso si è presentato in Umbria, e non nascondiamo una certa predilezione per la sua concretezza “alsaziana” dovuta alle sue origini. Una chiacchierata o una lezione del professore non delude mai, rendendo insignificanti le parole fumose o fumanti di tutti coloro che poi lo seguono sulla scena. Carla Fendi che la sa lunga, crea così per questa giornata speciale una Theatre Minute con protagonista Philippe Daverio nella parte del Narratore e lo splendido Peppe Barra nella parte della Maschera. Al professore il compito di descrivere il mondo dei piccoli teatri che affollano la nostra regione e Spoleto in particolare, coniugando a questo rimandi antropologici sul legame dell’Umbria con le Marche. Si illustra così il contesto storico in cui maturano le iniziative sulla creazione dei contenitori teatrali e di come in certi periodi (tutto l’ottocento ed il novecento) le arti e la cultura fossero considerate la base per la educazione di un popolo ed una società. Si diverte la platea quando Daverio, a cui non difetta la battuta fulminante, afferma che la cultura di una società “non è data dalla presenza dei licei classici sul territorio, ma dalla presenza dei teatri in cui “rappresentare””.
Affermazione che serve al professore da aggancio per ricordare che è necessaria la presenza dei mecenati come la Fondazione Carla Fendi, laddove lo Stato non è più in grado di operare con completezza. E che è necessario altrettanto che i contenitori vengano poi riempiti di contenuto. In questo il plauso di Daverio è per la sinergia tra il Comune di Spoleto, la Fondazione Festival dei Due Mondi e la Fondazione Carla Fendi. I comportamenti pratici sono poi la testimonianza diretta di come ci si muove se si ha un obiettivo, e il professore non si lascia sfuggire l’aneddoto sulla battaglia vinta contro la discarica che la regione Lazio intendeva posizionare a due passi da Villa Adriana a Roma: uno scempio contro cui molti personaggi pubblici, come lo stesso Daverio, hanno combattuto e poi vinto. Uno di questi personaggi è l’attrice Franca Valeri che lucidamente ha parlato di “rivoluzione degli educati”.
Si potrebbe ascoltare ancora per ore la chiacchierata del “narratore”, ma lo stesso si affretta a concludere perché è venuto il momento del Sipario ritrovato e de La Maschera, Peppe Barra. Emozionante l’attimo in cui le luci di scena mettono in risalto la forza dei colori ritrovati del sipario, difficile da descrivere a parola se non con l’occhio vivo dei presenti e l’applauso liberatorio. Al sollevarsi del prezioso telo, ecco apparire la Camera Ricca su cui fa il suo ingresso La Maschera.
Spoleto non dimentica una fortunata edizione del Festival, quella del 1976, in cui il giovanissimo Peppe Barra con la madre Concetta e la Nuova Compagnia di Canto Popolare misero in scena per la prima mondiale la Gatta Cenerentola di Roberto De Simone. Barra, come Daverio nel suo campo, è la quintessenza dell’attore e musico di ricerca. Non v’è testo o studio sul teatro popolare che Barra non abbia affrontato e nella lunga carriera teatrale è stato sempre seguito da una folta schiera di ammiratori. Per la speciale giornata del Melisso la Maschera racconta “Tempus transit gelidum” , una rielaborazione dei Carmina Burana a cui segue “Che cos’è l’amore” di Antonio Petito e “Piccirè” di Pietro Gallo, con l’accompagnamento alla chitarra di Paolo del Vecchio, i fiati di Massimiliano Sacchi i costumi di Piero Tosi e la Regia di Quirino Conti. Consulenza musicale di Alessio Vlad.
Scroscianti e prolungati gli applausi per i due protagonisti, in un Caio Melisso stracolmo persino nel ridotto Loggione. Presenti in sala anche il M° Giorgio Ferrara, ed il sindaco Daniele Benedetti che con la Signora Carla Fendi replicano, al termine dello spettacolo, il già collaudato trio filiale (clicca qui) in cui la Signora Carla con amore si stringe al petto i due “ragazzacci” che in fondo le danno molte soddisfazioni. Apprezzamenti entusiastici di Carla Fendi vanno ad una delle preziose realtà professionali della città di Spoleto, la Coobec, che ha messo in opera il prezioso restauro dei due manufatti e che la regia dello spettacolo vuole, con i suoi artefici, tutti in scena per un ringraziamento collettivo. Il sindaco Benedetti, di cui è visibile l’entusiasmo, comunica a sopresa alla Signora Fendi l’assegnazione da parte del Consiglio Comunale della cittadinanza onoraria, lasciando visibilmente comossa la destinataria, che chiude la giornata con la dedica della cittadinanza al marito Candido, “il più grande amore della mia vita”. Al termine tutti i presenti hanno potuto visitare l’allestimento presso la Manna D’Oro del percorso che ha portato al risultato del restauro inaugurato.
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