La situazione di piccoli investitori e dei piccoli azionisti degli istituti di credito interessati, loro malgrado, dal decreto Salva-banche, non può essere liquidata come una conseguenza dell’azzardo implicito a quel tipo di titoli ma merita una valutazione ulteriore da parte del Governo nell’ambito di una vicenda che genera un trattamento impari e provoca una perdita economica, spesso consistente, in soggetti completamente estranei agli organismi dirigenti delle banche fallite
Così dichiarano i sindaci degli 8 Comuni dell’Alto Tevere Umbro: Luciano Bacchetta per Città di Castello, Marco Locchi per Umbertide, Paolo Fratini per San Giustino, Giuliana Falaschi per Citerna, Letizia Michelini per Monte Santa Maria Tiberina, Mirko Ceci per Pietralunga, Mirco Rinaldi per Montone, Gianluca Moscioni per Lisciano Niccone, in una nota congiunta, fanno appello soprattutto ai rappresentanti locali a Roma.
Ci rivolgiamo ai parlamentari perché sensibilizzino i colleghi e si attivino presso il Governo in vista di una soluzione che alleggerisca il contributo di chi ha obbligazioni subordinate e titoli azionari al risanamento degli istituti in fallimento e permetta ai piccoli e medi clienti coinvolti di non perdere quelli che spesso sono i risparmi di una vita
“Se la normativa europea, applicata nel caso di Carife, Cari Chieti, Banca delle Marche e Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, vieta aiuti di stato, – si legge nella nota – nessuna legge prescrive di equiparare nelle responsabilità la governance di una banca ai suoi clienti, costretti a pagare un prezzo troppo alto per la loro fiducia mal riposta. In questo senso valutiamo positivamente l’idea di istituire una commissione parlamentare che lavori, parallelamente alla magistratura e agli organismi di controllo, per fare luce sull’intera vicenda e dare un nome a chi ne ha determinato l’esito finale”.