Ieri sera a Umbria Jazz primo concerto del breve tour italiano di Herbie Hancock. Seguono Padova, Pescara, Aosta e La Spezia. Il titolo del tour, “River of possibilities” suggerisce una sintesi degli ultimi due lavori di Herbie, “River”, dedicato a Joni Mitchell e premiato con il Grammy come miglior disco dell'anno, e il precedente “Possibilities”, nel quale Hancock aveva rivisitato canzoni pop con le voci dei loro autori. Tra gli altri: Paul Simon, Carlos Santana, Sting La band assemblata dal pianista di Chicago è per quattro quinti sovrapponibile alla formazione di River. Con Hancock ci sono Dave Holland al basso, Vinnie Colaiuta alla batteria ed il chitarrista Lionel Loueke. Non ci sono Wayne Shorter ai sassofoni, sostituito (bene, per quanto è possibile sostituire Shorter) da Chris Potter, né, per ovvi motivi, le voci, dalla stessa Joni a Tina Turner, da Norah Jones a Leonard Cohen. Al loro posto, la Nera Amy Keys e la bionda Sonya Kitchell, due cantautrici americane che fanno della Mitchell un punto di riferimento artistico.
In realtà sul palco lo spazio ritagliato per le canzoni, quindi per le due cantanti, si è rivelato minoritario: un paio di temi a testa, e la Keys (When love comes to town, A song for you) ha convinto più della Kitchell, che si è prodotta nei temi della musa californiana, ma, per esempio, River è sembrata forzata e artificiosa. Il resto, ovvero Hancock assecondato con grande partecipazione dalla sua band, è stato di livello superiore. Un Hancock che si è diviso equamente tra il gran coda Fazioli e le tastiere Korg e Roland, per ricordare a tutti che, Miles Davis a parte, nessuno come lui ha saputo esprimersi con la stessa qualità nelle due anime (acustica ed elettrica) del jazz moderno.
Un Hancock gigione come sempre, abituato al successo commerciale come alla stima dei puristi, a casa sua su ogni palco e davanti a ogni pubblico. Ha giocato con il piano concedendosi qualche passaggio leggero e ironico, ma quando ha deciso di suonare sul serio si è sentita grande musica. Esempi, l' immortale Canteloupe Island e la recente Seven Teens, uscita dalla penna del suo chitarrista. Una sottolineatura merita la sezione ritmica, con un Holland formato gigante, al quale è stato concesso un breve intermezzo di solo contrabbasso. Per buona parte del concerto però il musicista inglese è tornato al basso elettrico. Un altro piccolo spazio Hancock ha lasciato a Loueke, personaggio interessante, che tradisce l'origine prettamente africana della sua musica (é del Benin) e che Hancock usa con maestria per scompaginare la “normalità” del suono della band.
Prima del concerto Hancock si è fatto vedere nella saletta in cui erano esposti i Fazioli e ne ha provato un paio, compreso quello che appare sul retro di copertina di River. Pochi minuti, e chi c'era si è senza dubbio chiesto a quando un concerto di solo piano di Hancock, magari a mezzanotte, magari nella ovattata architettura di un teatro. Stasera Umbria Jazz ospita un altro beniamino, Pat Metheny in un quartetto guidato da Gary Burton. Domani e sabato, soul con Chaka Khan e Alicia Keys, per chiudere domenica con i Rem, per il cui concerto sono stati venduti più di diecimila dei dodicimila biglietti disponibili.
(ansa.it)
