Terremoto, le storie di ripartenza - Tuttoggi.info

Terremoto, le storie di ripartenza

Sara Fratepietro

Terremoto, le storie di ripartenza

Ad un anno dalle prime scosse di terremoto in centro Italia, le storie di Daniele, Lisa, Arianna, Lorenzo e Ilaria
Gio, 24/08/2017 - 09:22

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Quando la notte tra il 23 e il 24 agosto il terremoto ha distrutto San Pellegrino di Norcia e la sua casa, Daniele stava già combattendo contro un altro ‘mostro’, un tumore. Aveva deciso che se fosse riuscito a sconfiggere il cancro avrebbe compiuto il Cammino di Santiago, il percorso che a piedi porta fino a Santiago da Compostela. Dopo un mese in tenda, convivendo con le terapie, ce l’ha fatta. Ed oggi sta preparando il viaggio con un obiettivo diverso: tenere accesi i riflettori sul suo paese e sulla sequenza sismica che ha devastato il centro Italia.

Lisa, di Preci, invece aveva un ristorante a Visso, rimasto isolato dopo una frana; le scosse di ottobre lo hanno reso inagibile e l’hanno portata a ridisegnare la sua vita. Arianna quella notte era al mare, e quando è tornata a Norcia ha trovato tutto sottosopra ma la sua vita era proseguita come sempre, fino al 30 ottobre, quando è cambiato tutto. Ilaria e Lorenzo avevano scelto la Valnerina, e in particolare San Pellegrino di Norcia, per trasferirsi ed aprire un’azienda agricola biologica, investendo tutti i loro risparmi; un anno fa però il sisma ha spazzato via i loro investimenti. Grazie alla solidarietà di tante persone – anche se minata da episodi di sciacallaggio – sono riusciti a ripartire.

Ogni abitante della Valnerina porta con sé è una storia che parla di paura per quel “mostro”, il terremoto, con cui è costretta a convivere praticamente da sempre, ma anche forza di volontà, coraggio, ripartenza. E ad un anno da quando tutto ha avuto inizio, mentre le istituzioni tracciano il loro bilancio e si annuncia l’arrivo di un nuovo commissario per la ricostruzione e mentre nella giornata di oggi sono previste varie iniziative in Umbria (qui il programma), le storie di ciascuno diventano un simbolo ed un esempio, mentre la terra – in Italia e nel mondo – continua a tremare e lo farà sempre, nella consapevolezza che contro le forze della natura ci si deve solo attrezzare per conviverci.


>> Terremoto in Umbria, a un anno dall’inizio della paura e della distruzione


“Pellegrino a Compostela, per me e la mia terra”

Mi chiamo Daniele Franchi sono un ragazzo di 25 anni abito a San Pellegrino di Norcia uno dei paesi colpiti fortemente dal terremoto. Ho deciso di fare il cammino di Santiago di Compostela perché mi ero promesso che se mi salvavo da una brutta malattia sarei partito. E poi trovandomi come molte persone colpito dal terremoto del 24 agosto e 30 ottobre 2016, vorrei portare la mia testimonianza lungo il cammino di quello che è successo e della situazione attuale che stiamo vivendo nelle zone terremotate. Aggiornerò le persone che mi seguono su questa pagina Facebook quando troverò una linea wifi disponibile nei posti in cui mi fermo“. Scrive così sulla pagina Facebook che ha aperto qualche settimana fa per raccontare la sua storia.

Daniele è di San Pellegrino di Norcia, il paese epicentro delle due scosse di 5.1 e 5.4 gradi avvenute alle 4.32 ed alle 4.33 del 24 agosto, un’ora dopo quella di 6 gradi di magnitudo con epicentro nei pressi di Accumoli, che ha distrutto Amatrice ed Arquata del Tronto. Gli abitanti di San Pellegrino si sono salvati solo perché dopo la prima fortissima scossa sono usciti tutti di casa; un’ora dopo il paese era tutto completamente inagibile. Ma quando il terremoto è passato, Daniele Franchi, nonostante la giovane età, stava già combattendo contro una grave malattia. Ha continuato a farlo mentre una tenda è divenuta la sua casa, lì al campo della protezione civile di San Pellegrino. Finché a fine settembre ha finalmente smesso le terapie contro il tumore: almeno quel mostro era stato sconfitto. “È stata una situazione parecchio complicata” racconta il 25enne, che per settimane si è diviso tra tendopoli e ospedale. “Avevo già programmato che se fossi guarito sarei partito per il cammino di Santiago, poi ci si è messo il terremoto, e così ho deciso di farlo ora per due motivi: per me stesso e per riaccendere i riflettori su quello che abbiamo vissuto e sulla mia terra”. Daniele dovrebbe partire ad ottobre, dopo alcuni controlli di routine programmati per settembre. Andrà in Francia in treno e poi da lì a piedi fino Santiago ed oltre, raggiungendo Finisterre, sulla costa occidentale spagnola. Percorrerà a piedi 900 km, ma cercherà di prendere tutto il tempo che servirà, per fermarsi lungo il tragitto a raccontare la situazione di San Pellegrino di Norcia. Nel frattempo continua a vivere nell’ex campo della protezione civile del suo paese, in un camper: “Alla mia famiglia è stata assegnata una casetta ma è piccola e ci vive anche mia nonna e così ho deciso di lasciare la camera tutta per lei”.

Lisa, dal ristorante al furgoncino | Ma tra Regione Umbria e Marche rimpalli per la delocalizzazione

Lisa Maria Cetorelli è di Preci, ma aveva un ristorante a Visso, “La taverna del Ponte”. Ora quel ristorante non esiste più, ma con coraggio Lisa lo ha trasformato ne “Il furgoncino”, unataverna on the road. Mentre cerca di ottenere, tra mille difficoltà, la possibilità di delocalizzare il suo ristorante.

Il 24 agosto il ristorante non aveva subito danni, ma siamo stati chiusi 20 giorni a causa della prima chiusura della statale 209 Valnerina per una frana” racconta. La “Taverna del Ponte” aveva quindi riaperto i battenti, fino a che le scosse di fine ottobre lo hanno reso inagibile, mentre la strada per Visso veniva resa impraticabile (lo è ancora, dopo 10 mesi) da un’intera montagna franata. “Abbiamo aspettato qualche mese, per capire il da farsi”. A dicembre, durante gli incontri operativi sulla delocalizzazione delle attività economiche, Lisa Maria Cetorelli pone il suo problema: vuole delocalizzare in Umbria, a Preci (dove tra l’altro ha sede la sua ditta individuale), il ristorante; la legge permette di poterlo fare nel comune confinante. A febbraio arriva l’ok per la struttura emergenziale, di 150 metri quadrati. “Ad oggi però non è partita nemmeno l’urbanizzazione dell’area, c’è un rimpallo tra Regione Umbria e Regione Marche”. Una situazione anomala, quella di Lisa, che si trova ad affrontarla da sola, visto che nessun altro è nelle sue stesse condizioni. E nessuno, soprattutto, le fa sapere niente. Nel frattempo la giovane decide di darsi da fare, non può più rimanere ferma ed anche i 5mila euro una tantum concessi alle aziende non le sono stati erogati dall’Inps “non so perché, eppure sono stata una delle prime a presentare domanda”. A marzo, quindi, decide di comprare un furgone e di aprire un’attività ambulante, lo ‘street food’ diventa la sua nuova vita. Ma la sua base ora è Preci: “andare a Visso mi costa 3 ore e mezzo di strada, devo passare per Foligno e col furgone carico la velocità è di 30 km orari. Per fortuna i preciani hanno reagito bene, c’è anche chi viene e si prende le cose da portar via”. Insomma una vera e propria rosticceria ambulante. Ma il freddo è un grave problema: “già ora quando c’è il vento si spegne la friggitrice”. E poi c’è la preoccupazione per l’attrezzatura nel ristorante a Visso, dove a causa dei danni ci sono anche infiltrazioni d’acqua. “Dove le metto le cose che stavano in 160 mq? Non è stato possibile nemmeno trovare un locale agibile dove potermi trasferire, come hanno fatto altre attività”. Per fortuna almeno la sua casa ha retto ai terremoti di ottobre, “ma da quella di mamma a Collescille non siamo riusciti a tirar fuori nemmeno un paio di mutande…

La cioccolateria di Arianna e la voglia di non mollare

Arianna Verucci il 24 agosto di un anno fa non era a Norcia, “avevo portato i miei figli al mare e sarei dovuta rientrare il 23, ma mi avevano chiesto di restare ancora qualche ora. Il brutto del terremoto l’ho trovato quando sono tornata: nell’abitazione non c’erano danni ma era caduto tutto”. La vita torna a scorrere, più o meno normalmente; la sua attività, la Cioccolateria Vetusta Nursia, lungo viale della Stazione, nell’area industriale di Norcia, ha retto bene. Ma il 30 ottobre cambia tutto. Arianna non sapeva che fare, la struttura era seriamente danneggiata e rischiava di perdere macchinari ed investimenti di una vita, compromettendo anche la vita di alcune famiglie, quelle dei suoi 7 dipendenti. Tempo poche ore e decide di agire. Non ci sono anche norme che autorizzano gli interventi, ma lei non si ferma: trova una ditta che il 3 novembre, mentre la terra continua a tremare, inizia i lavori di ripristino della sicurezza. Il 6 gennaio, il giorno dell’Epifania, è la rinascita per la Cioccolateria: la nuova inaugurazione accolta con tantissimo affetto dai nursini e non solo. “Ho perso il Natale, che per noi era un periodo di grande lavoro: avevo tantissime richieste, ma non avevo la possibilità di vendere perché non potevo produrre. Siamo riusciti a vendere solo quello che siamo riusciti a recuperare” racconta Arianna. “Ho avuto l’aiuto di tante persone, c’è chi mi ha telefonato dicendo ‘voglio 50 euro di quello che ha’. La Pasqua ci ha dato un po’ di respiro, ora speriamo a Natale di ripartire. Di certo ora si vive giorno per giorno, vengono rimesse in gioco tutte le certezze che hai avuto nella vita. Per seguire i lavori prima e poter continuare a lavorare poi, in attesa di poter tornare a casa (illesa, ma in zona rossa), Arianna e la sua famiglia hanno inizialmente dormito in macchina, poi in camper e quindi acquistando a spese loro una casa mobile parcheggiata nel piazzale dell’azienda. Da circa un mese, finalmente, è potuta tornare nella sua casa. La storia della sua tenacia, comunque, è stata un esempio per tutti e non a casa le maggiori testate nazionali l’hanno voluta raccontare.

Lo zafferano di Ilaria e Lorenzo, tra la solidarietà e i bulbi rubati

Un’altra storia di caparbietà, seppure le difficoltà non sono finite, anzi, è quella di Ilaria Amici e Lorenzo Battistini. Dopo esser cresciuti nel Lazio ed un’esperienza in Australia, la coppia di trentenni è approdata a San Pellegrino di Norcia nel 2015 con un sogno: aprire un’azienda agricola.

Mio padre è di San Pellegrino, amavano queste terre e due anni fa ci siamo trasferiti qui” racconta Ilaria, la cui voce trasuda entusiasmo ed ottimismo nonostante le mille difficoltà. Nei primi mesi del 2016 i due giovani costituiscono la società Bosco Torto, si espongono economicamente, investendo i loro risparmi nell’acquisto di terreni, strumentazioni agricole e sementi. “Abbiamo acquistato una grande fornitura di bulbi di zafferano, avevamo delle cascine che stavano ristrutturando per fare un laboratorio per la lavorazione dello zafferano: eravamo pronti, i lavori sarebbero finiti a metà settembre”. Ma il destino è beffardo e quella terra che loro amano tanto gli gioca un bruttissimo scherzo. San Pellegrino di Norcia diventa il simbolo del sisma in Umbria, all’interno di un territorio che il 24 agosto in gran parte sembra aver retto e che è pronto a ripartire.

Ilaria e Lorenzo non si arrendono, nonostante le cascine siano inagibili e la casa che avevano preso in affitto era in zona rossa e quindi irraggiungibile, al pari di vari terreni per raggiungere i quali si poteva passare soltanto dall’interno del paese. Grazie alla solidarietà ed all’aiuto di tanti riescono a recuperare i bulbi di zafferano e a metterli a dimora. A metà ottobre i due trovano un alloggio nel centro di Norcia, in una struttura ricettiva che accetta anche il loro cane: la fioritura dei zafferani è in corso e bisogna far presto, il pistillo va essiccato immediatamente altrimenti non è più utilizzabile, sono lavoro e soldi persi. Strutture sostitutive dei laboratori non ne vengono concesse e Ilaria e Lorenzo mondano i fiori dentro quella che era la loro casa. Il 26 ottobre tornano due forti scosse, quelle con epicentro nella zona di Visso. “Siamo fuggiti dall’albergo ed abbiamo iniziato a dormire in macchina davanti al Coc di Norcia. Non riuscivamo ad ottenere nulla per lavorare lo zafferano: solo il 26 ottobre abbiamo perso 200 grammi di zafferano, quasi 5mila euro.  Ci è venuta in soccorso la Caritas con un camper – racconta Ilaria – abbiamo allestito un essiccatore elettronico lì dentro per poter continuare a lavorare. Abbiamo perso comunque due giorni, in macchina era impossibile mondare i fiori. Per un periodo sono scesa a Roma, alcuni amici ci hanno prestato laboratorio per il confezionamento”. Adesso la coppia abita nei container collettivi e ha il suo ufficio all’interno di un camper.

E’ stato un anno lunghissimo, eterno, ma siamo rimasti scioccati dall’aiuto ottenuto, sia dai singoli cittadini, con gli acquisti solidali, che da altri: Legambiente ci ha scelto per un progetto che ci ha aiutato ad acquistare i primi macchinari utili a lavorare i campi, i nostri li abbiamo persi tutti. Un’azienda di Varese invece ci sta aiutando nella ricostruzione del laboratorio de localizzato: avevamo un terreno idoneo, stiamo attendendo l’ok per l’ultima pratica che però non arriva, speriamo di averlo ad ottobre”. Ma oltre all’aiuto economico, Ilaria e Lorenzo di aiuto ne hanno avuto tantissimo anche materiale: “Il 24 agosto c’erano 40mila euro di bulbi di zafferano, 20 quintali, nel nostro magazzino danneggiato dal terremoto, i vigili del fuoco di Assisi sono riusciti ad estrarli tutti, ma poi è iniziata l’epopea per trovare dove metterli. Ci ha aiutato un ragazzo di Ospedaletto, che ci ha messo a disposizione un magazzino. Siamo riusciti a metterli a dimora quasi tutti, tranne una piccola parte che ci hanno rubato”. Ilaria non perde mai la fiducia, nonostante le difficoltà costanti, una vera e propria lotta contro i mulini a vento. Dopo il terremoto è arrivato l’inverno più rigido degli ultimi anni, la neve, il gelo, poi l’estate caldissima, la siccità e l’acqua che a San Pellegrino di Norcia non c’è: “Ogni cosa ne ha scatenate altre mille, ma alla fine ce la stiamo facendo. Avevamo lasciato solo le coltivazioni che con la brina notturna si salvano, anche se non pensavamo che avremmo dovuto fare i conti con quattro mesi di siccità”. Così la resa dei prodotti (oltre allo zafferano i due si sono concentrati sull’aglio nero) è stata minima. “Ma noi ci diciamo: ci sono aziende che devono attendere 10 anni per fare tutta questa esperienza, noi invece le abbiamo già provate tutte e speriamo che ci possa tornare utile in futuro”.

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