Inchiesta Bps: Procura e Mef sotto attacco / “Inviate Ispettori Giustizia" / Scs, respinti ricorsi degli ex - Tuttoggi.info

Inchiesta Bps: Procura e Mef sotto attacco / “Inviate Ispettori Giustizia” / Scs, respinti ricorsi degli ex

Carlo Ceraso

Inchiesta Bps: Procura e Mef sotto attacco / “Inviate Ispettori Giustizia” / Scs, respinti ricorsi degli ex

On Rampelli (FdI) chiede a Ministro Orlando invio ispettori a Spoleto / I veleni su giornali e tv / Agli ex PopSpoleto-Scs sfugge ‘buchino’ da 250 mln euro
Lun, 27/04/2015 - 23:52

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Non c’è pace a piazza Pianciani, sede della Popolare Spoleto, neanche dopo il trasferimento nelle solide mani di Banco Desio chiamata da Bankitalia a salvare l’istituto umbro dagli scandali e sofferenze patrimoniali che hanno comportato la definitiva caduta dell’ultima banca autonoma dell’Umbria. Nelle ultime settimane, causa anche la recente sentenza del Consiglio di Stato che ha parzialmente annullato per ‘carenza di istruttoria’ il decreto di commissariamento voluto da palazzo Koch nel febbraio 2013, sono molti i soggetti finiti sotto attacco da parte della vecchia guardia che nella sentenza amministrativa hanno voluto vedere un qualche appiglio per poter tornare in sella, non bastassero gli sfaceli fatti a danni di azionisti e risparmiatori: dalla Vigilanza alla Procura della Repubblica di Spoleto, dal MEF alla Scs (un tempo controllante con il 51%, oggi primo socio di minoranza con poco più del 9%). Secondo uno schema già noto fatto di veleni, ricorsi giudiziari, titoloni di ‘giornali’ e il solito “venticello” che “il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte ha crepar”.

Gli attacchi alla Procura – a tener banco è fondamentalmente l’inchiesta di palazzo di Giustizia che negli ultimi mesi ha subìto una clamorosa svolta con i 34 indagati per vari reati raggiunti dal decreto di conclusione indagini nella primavera 2013 (firmato dall’allora procuratore capo Riggio e dal pm Albano) divenuti poco più di una decina alla fine dello scorso gennaio a seguito di un nuovo decreto di chiusura dell’attività investigativa del pm Iannarone. Da questo momento si registra un susseguirsi di critiche al vetriolo, quando non veri e propri attacchi, specie nei confronti dei due ex pm di Spoleto. Sui quali nessuno, neanche il Tribunale, ha fin qui sentito di dover intervenire. Ma andiamo con ordine. E’ il 5 febbraio quando su un format trasmesso da Umbria Tv riappare, dopo un periodo di silenzio, l’ex presidente Giovannino Antonini. Il telecronista ci mette del suo: “questa grande inchiesta che aveva messo tutti alla sbarra in realtà – si sente nel video caricato anche su Youtube – si è rivelata una bufala a quello che sembra, perché l’indagine di Riggio è stata completamente sconfessata da Iannarone. Quello che sospettava un po’ la gente, che era una manovra per sfilare la banca a chi voleva tenerla a Spoleto, può prendere una giustificazione da quanto leggiamo in questi giorni?”. Più diplomatica la risposta di Antonini che, dopo aver evidenziato il proprio stile “riservato e pacato“, ricorda come già dalla conferenza del giugno 2013 aveva a suo dire dimostrato di avere ragione. Qualche frase però stride: “…ci vuole coraggio a fare una conferenza stampa contro la Procura di allora, poi come è andata a finire? Un procuratore è andato a Tivoli, un altro è stato prepensionato…oggi c’è una nuova procura, probabilmente ha riguardato gli atti con attenzione e preparazione…finalmente si comincia a fare un po’ di chiarezza, non totalmente…io sono stato usurato, non ho usurato…quando decidono i poteri forti di darti addosso, dietro Banca d’Italia come sappiamo tutti…ti chiudono conti in banca, ti massacrano economicamente, quello che hanno fatto a me”. Passano poche settimane e arriva un nuovo siluro, stavolta dalle colonne de Il Giornale di Sallusti che ritorna per l’occasione a Spoleto con l’inviato Stefano Zurlo. Basta il titolo per capire dove si va a parare “Così è sparita la Popolare Spoleto, azzerata da Bankitalia, pm e coop(edizione 25 marzo). Neanche una sola parola sui bilanci in rosso degli ultimi 4 anni, neanche una sulle presunte operazioni sospette. C’è però spazio, e tanto, alla difesa di Antonini & Co.. Anche a qualche colpo basso, ben mascherato, sulla tragedia familiare che aveva colpito il procuratore Riggio. Così Carlo Ugolini, presidentissimo della Aspocredit, associazione resuscitata ad hoc dopo il nubifragio di Bps che tanta sponda ha dato pure a quel duca di Varano e alla da lui rappresentata Nit Holding Srl finita al centro delle cronache nazionali per voler scalare prima Bps, poi nientepopodimenoche Rocca Salimbeni: “diciamo la verità – commenta Ugolini a Il Giornale – c’è stato un assedio alla banca, un fuoco concentrico con l’attacco simultaneo della Procura, della Banca d’Italia, delle coop umbre. Alla fine il ponte di comando è stato spazzato via, ora che la banca non è più degli umbri si scopre che la cacciata è stata sostanzialmente abusiva”. Neanche il difensore di Antonini, l’avvocato Manlio Morcella, ci va leggero con una dichiarazione (fin qui non smentita) che sembra gettare nuove ombre. Leggiamo: “In tutta la mia carriera non ho mai visto niente di così stupefacente, invece di chiedere il rinvio a giudizio dei 34 indagati, la Procura dopo quasi due anni di silenzio ha ridimensionato le vecchie accuse”, dice Morcella.

E’ invece un capolavoro di supercazzola giornalistica l’ultimo numero in edicola del mensile “Umbria Settegiorni” (un dettaglio che sia edito da Gigi Piccolo, l’imprenditore rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulla nota “Assemblea della vergogna”, quella che nel dicembre 2011 rimise in sella della Scs Antonini & Co.). La copertina annuncia uno scoop da Pulitzer: “La BPS ritorna agli umbri. Ecco perché”. Basta sfogliare fino a pagina 8 per fare l’amara sorpresa: “BPS torna agli umbri? Potrebbe!”, recita il nuovo titolo. Immaginarsi la faccia dell’azionista Scs che aveva acquistato la copia. Il servizio, a firma di tale Domenico Multedo (sconosciuto all’OdG dell’Umbria), più che chiarire le idee al lettore, sembra confondergliele con ben 11 frasi interrogative circa la situazione in cui versa l’ex controllante e gli effetti della sentenza del Consiglio di Stato. Più che un articolo, un quiz degno della settimana enigmistica.

Il 1 aprile scorso, quasi fosse un “pesce”, arriva la nota del Partito democratico locale a firma del segretario (ormai ex, dopo le dimissioni di qualche giorno fa) Roberto Loretoni che, con non poco cipiglio, dopo l’aumento di capitale della Bps – Banco Desio, aumento sottoscritto più di un anno fa dai Commissari di Bankit, annuncia: “La battaglia del Pd in nome della legalità non finisce certamente qui. Abbiamo dato mandato ai nostri parlamentari di presentare una interpellanza al ministro dell’Economia per far piena luce sulla vicenda e daremo il massimo sostegno alle iniziative che le associazioni dei consumatori stanno intraprendendo per tutelare gli oltre 19 mila soci della Spoleto Credito & Servizi da una operazione viziata da illegittimità derivata perché non tiene in alcun conto delle statuizioni delle sentenze del Consiglio di Stato”. Da far sbiancare per la paura anche Rambo. Peccato che il Pd, negli ultimi 4 anni non abbia speso una parola, dicesi una, sugli scandali che hanno travolto piazza Pianciani. Neanche in difesa delle istituzioni, Procura e Banca d’Italia in primis. Dove siano le interrogazioni dei parlamentari umbri del piddì è un altro mistero. Che si potesse trattare di un pesce d’aprile se n’è avuto qualche sospetto in più quando, con straordinario sincronismo, lo stesso 1 aprile è arrivata sul tavolo delle redazioni la nota del capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Perugia che chiedeva al sindaco Romizi di “interrompere l’assordante silenzio che tutti i livelli istituzionali da anni in Umbria hanno mantenuto sull’argomento (peraltro trattato da numerose testate giornalistiche anche di rilevanza nazionale)”. Insomma, sulle vicende della fu Banca degli umbri, sembra proprio che la fine dell’inverno abbia fatto saltare quei tappi di cerume che per anni hanno tenuti inermi e inerti svariate schiere di politici.

E’ in questo clima rovente che il sottosegretario al Mef, Enrico Zanetti, nei giorni scorsi ha risposto ad una interrogazione dell’onorevole Laffranco in merito alla sentenza del CdS, precisando che il ministero “sta valutando le eventuali iniziative da assumere. L’annullamento ha riguardato i soli decreti ministeriali…la pronuncia affronta, solo incidentalmente, i correlati atti della Banca d’Italia”. Una interrogazione liquidata velocemente dall’onorevole Zanetti. Tuttoggi.info ha più volte chiesto al capo ufficio stampa del ministro Padoan lumi in merito, ma senza alcun risultato. Sembra però – il condizionale è d’obbligo – che sul tavolo del titolare del dicastero dell’economia e finanze sia pronto un decreto che sanerebbe l’istruttoria con cui è stato dichiarato il commissariamento, in pratica un provvedimento avente valore ex tunc. Non fosse che gli effetti del decreto sono stati ormai prodotti e la realtà economica e patrimoniale della Bps a luglio 2014, ovvero alla fine del commissariamento, è risultata ben più disastrosa di quella verificata un anno e mezzo prima dalla Vigilanza.

L’inchiesta nel mirino – chi vuole invece vederci chiaro è l’onorevole Fabio Rampelli, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, che lo scorso 17 aprile, ma se ne è avuta notizia solo oggi, ha presentato una dettagliata interrogazione scritta ai ministri Padoan e Orlando (Giustizia) per chiedere rispettivamente quali azioni intende il Mef adottare “alla luce della recente sentenza del Consiglio di Stato”; mentre al titolare del dicastero della Giustizia, “se non ritenga di valutare i presupposti per un’ispezione presso la Procura della Repubblica di Spoleto”. Il parlamentare dopo aver ripercorso la storia dell’inchiesta – dall’esito degli “accertamenti della Polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma che concordavano con le risultanze cui erano addivenuti i magistrati” Riggio e Albano, al trasferimento del pm Albano, alla decisione “a sorpresa del procuratore di rassegnare le dimissioni” (il dottor Riggio anticipò di qualche mese la pensione dopo 47 anni di servizio, n.d.r.) – ha evidenziato che dal “29 maggio 2013 non è ancora intervenuta alcuna richiesta di rinvio a giudizio, e secondo notizie di stampa non smentite dall’ufficio della procura, nello scorso mese di marzo la procura avrebbe stralciato la posizione di ben venti indagati e, a quanto sembra, diversi dei più gravi reati fin lì contestati dai magistrati che si erano precedentemente occupati dell’inchiesta”. Bisognerà attendere ora la decisione del ministro Orlando che, in caso affermativo, non avrebbe precedenti nella storia di corso Mazzini, dove ha sede la Procura, retta da pochi giorni dal nuovo Procuratore capo Alessandro Cannevale.

Ricorsi respinti – Intanto il nuovo corso della Scs incassa una prima vittoria dopo il ricorso con procedura d’urgenza avviato da alcuni soci  ed ex amministratori della Scs che chiedevano l’annullamento dell’assemblea che lo scorso 11 ottobre aveva registrato la vittoria della lista del presidente Marcucci opposta a quella dei fedelissimi dell’antoninipensiero guidati da Ugolini. Ai 7 promotori dell’iniziativa (Carlo Ugolini, l’ex senatore e sottosegretario al Mef Pierluigi Castellani, Luigi Marinangeli, Gianni Medei, Massimo Perari, Gilberto Stella e Ponziano Taboriti), si sono aggiunti ad adiuvandum altri 22 soci (Domenico Sabatini, Alberta Corteggi, Manlio Speranza, Daniele Alleori, Marika Stella, Vincenzo Piermarini, Antonella Caporaletti, Silvano Gori, Elema Piermarini, Irene Piermarini, Luigi Romagnoli, Antonia Miarelli, Annamaria D’Agostino, Paolo Allegrucci, Corrado Morici, Edilnardi costruzioni, Umbertina Moretti, Giampiero Nardi, Graziano Tiberi, Maria Cappelletti, Corrado Donnola e Elisa Fe De Angelis) e gli stessi ex amministratori difesi dall’avvocato Francesco Pugliese (Leodino Galli, Giovannino Antonini, Marco Bellingacci, Massimo Morelli, Pasquale Coreno, Cesare Cattuto, Gianfranco Binazzi e Rodolfo Valentini).

Causa intentata nei confronti della cooperativa (assistita dai legali Bruno e Stefano Negrini), del commissario di Bankit, Gianluca Brancadoro (difeso dall’avvocato Sabrina Santarelli) e del notaio, la dottoressa Valentini Natalini che aveva presenziato ai lavori con molta attenzione (rappresentata dagli avvocati Nicola Di Mario e Armando Santoni). Il nodo del contendere sarebbe su un presunto difetto dei votanti e sull’incompatibilità in capo ai due consiglieri Elena Piselli e Massimo Marcucci. Quest’ultimo per una presunta incompatibilità in quanto esercente la professione di avvocato. Strano che, specie gli ex amministratori, possano aver sollevato una eccezione simile, visto che almeno negli ultimi 10 anni non hanno mai battuto ciglio nel nominare quegli avvocati chiamati a far parte dei board di Scs ed ex Bps (come lo stesso Bellingacci, Zuccari o il compianto Caparvi). Tuttoggi.info ha potuto visionare la sentenza depositata nelle scorse ore dal giudice di Spoleto, il dottor Luca Marzullo. Un dispositivo lungo ben 10 pagine con il quale il giudicante non solo ha rigettato tutti i ricorsi per “incompetenza” del Tribunale (l’istanza doveva essere presentata al Tribunale per le imprese di Perugia), ma è entrato nel merito su ogni eccezione sollevata dai ricorrenti. “Non poche perplessità”, ha scritto fra l’altro il giudice, solleva la ricostruzione degli attori in termini di invalidità-caducante degli effetti dell’annullamento del commissariamento derivanti dalla sentenza del Consiglio di Stato. Tutte le domande cautelari sono state così rigettate rinviando ogni decisione sulle spese al giudizio di merito che si terrà il prossimo 12 maggio.

L’assemblea della vergogna – una udienza civile che seguirà di 5 giorni l’avvio del processo penale a carico di 7 persone (Giovannino Antonini, Nadia Tiberi, Gigi Piccolo, Marco Pirone e i 3 revisori dei conti Cerbella, Mallardo e Rossi) rinviate a giudizio a vario titolo – ingiurie, minacce, falso – dal gup Federica Fortunati dopo l’esposto presentato dall’ex vicepresidente Scs Danilo Solfaroli in merito alla Assemblea del 17 dicembre 2011 che rimise in sella il cda guidato da Antonini, l’ultimo prima del commissariamento. Ironia della sorte, anche alla luce della recente sentenza del dottor Marzullo, sui lavori di quella assemblea – di cui Tuttoggi.info riuscì a trovare il video che dimostrava i poco ortodossi metodi usati per zittire i contrari alla linea dell’ex dominus – è ancora pendente davanti al Tribunale di Spoleto un ricorso civile che chiedeva l’annullamento della stessa e dell’elezione del Cda che ne era scaturito.

Al lavoro con difficoltà – nonostante il clima di veleni, governance e management Scs continuano nel loro lavoro di risanamento. Non senza difficoltà. A quelle arcinote di natura economico-finanziaria, aggravate anche da nuove “scoperte” che avrebbero convinto gli amministratori a chiedere la verifica ad un consulente, si sono aggiunte le difficoltà per rimborsare, attraverso un mutuo che dovrebbe essere concesso da Desio, i 15 milioni di euro al Monte dei Paschi a seguito della rottura dei patti parasociali. Nei prossimi giorni comunque Marcucci dovrebbe varare un nuovo Piano industriale elaborato d’intesa con il presidente Bps, l’avvocato Stefano Lado, che anche nei giorni scorsi ha ribadito di tenere in grande considerazione il futuro del socio di minoranza.

Quel ‘buchino’ divenuto voragine – certo è che tutto questo caos, nel quale da sempre c’è chi si trova a proprio agio per sparigliare le carte, sembra servire a tener tutti lontano da quella che è la triste realtà che i bilanci della Spoleto hanno segnato nell’ultimo quadriennio. Basta fare due conti per capire a ridosso di quale baratro è stato portato l’istituto spoletino: quasi 190 milioni di euro. Al ‘buco’ del 2011 che fece segnare il primo ‘rosso’ di 12 milioni di euro, sono seguiti i 32 mln dell’anno successivo, i 110 mln della gestione commissariale (feb. 2013 – lug. 2014) ai quali aggiungere i 35 mln rilevati da Banco Desio nei restanti 5 mesi dello scorso anno. Il tutto al netto di circa 65 milioni di recuperi fiscali, senza i quali il passivo sarebbe oggi pari a 255 milioni di euro.

Numeri da brivido che fanno pendant con altri indicatori rilevati al 31 dicembre scorso: dalle sofferenze lorde e nette assestate rispettivamente a 505 milioni e 161 milioni, agli incagli lordi e netti a 277 milioni e 181 milioni. Facile capire come la banca brianzola, stando alle parole dell’a.d. Tommaso Cartone, abbia fin qui già dovuto “investire oltre 420 milioni di euro”. Forse chi ha reso possibile questo sfacelo farebbe bene a rimanere in disparte e possibilmente anche in silenzio; chi invece si sveglia solo oggi ergendosi a paladino dei 21mila soci della Scs farebbe meglio a guardare al passato prima di parlare del presente. Utopia. Non sarebbe più la litigiosa Spoleto, dove il giochetto del divide et impera ha governato almeno negli ultimi 20 anni. E forse dove si spera di tornare a governare.

© Riproduzione riservata

Modificato il 23 gennaio 2017


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