Già dalla fine del 2007 le fiamme gialle indagavano su una società rimasta fino a quel momento sconosciuta al fisco: azienda dedita alla compravendita di auto che in poco più di due anni di attività ha organizzato un complesso sistema di frode che le ha permesso di realizzare cospicui guadagni esentasse. A portare a termine l'operazione sono stati i finanzieri di Città di Castello che hanno messo fine al raggiro denunciando 9 persone che, a vario titolo, facevano riferimento ai responsabili della società tifernate. Grazie anche alla compiacenza di taluni rivenditori ufficiali dislocati in Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria, la società verificata acquistava autovetture nuove senza applicazione dell’IVA, dichiarando le stesse come destinate all’esportazione in Paesi extra UE (operazioni non imponibili ai fini dell’Iva) ed immettendole, in realtà, sul mercato nazionale. Sono poco più di 400 le macchine per le quali le Fiamme Gialle hanno dettagliatamente ricostruito – attraverso i numeri di telaio – le varie transazioni e l’avvenuta immatricolazione in Italia, anziché l’esportazione verso Albania e Libia, come attestato nelle relative “dichiarazioni d’intento” (di esportazione) necessarie per la non applicazione dell’imposta. Per taluni clienti, inoltre, la società inviava in Germania proprie persone di fiducia, le quali acquistavano le autovetture richieste con pagamento in contanti e le portavano in Italia per la consegna al cliente finale. In questo caso l’assolvimento degli obblighi tributari necessario all’immatricolazione era “autocertificato” dalla società, la quale, nonostante il mancato assolvimento dell’IVA sugli acquisti, provvedeva a fatturarle con un’Iva che naturalmente veniva incamerata ma non versata all’Erario.
Gran parte degli acquirenti hanno dichiarato di avere contattato il rivenditore su internet, scegliendo per via elettronica modello, tipo e configurazione dell’autovettura da comprare. L’elemento che permetteva di rendere appetibile “l’affare” per l’acquirente finale era rappresentato dall’offerta di una supervalutazione dell’usato piuttosto che dal prezzo della macchina nuova: un fine artifizio, questo, finalizzato anche a non attirare l’attenzione degli Organi di controllo o di altri rivenditori del settore sull’offerta di vetture a prezzi “fuori mercato”.