CONFINDUSTRIA: BRUSCO CALO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE - Tuttoggi.info

CONFINDUSTRIA: BRUSCO CALO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

Redazione

CONFINDUSTRIA: BRUSCO CALO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

Mer, 25/02/2009 - 08:50

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La crisi investe tutte le regioni italiane e quasi tutti i comparti produttivi. E l’Umbria è in linea con l’andamento economico del paese. La conferma arriva anche dall’indagine congiunturale di Confindustria Umbria che per il IV trimestre del 2008 rileva un netto peggioramento del clima congiunturale per le imprese di ogni dimensione e settore. La seconda ondata della crisi recessiva, partita nell’ottobre 2008 dal fallimento di Lehman Brothers, ha investito soprattutto i comparti dei beni di investimento e di consumo durevoli.

Il brusco calo dell’occupazione e del reddito delle famiglie sta ora causando la terza ondata di recessione con ripercussioni anche sui comparti dei beni di consumo non durevole. Molti sono i segnali del propagarsi generalizzato della crisi. La produzione industriale è in caduta e tutti i settori vedono ordini e vendite in discesa. Famiglie e imprese appaiono ora maggiormente orientate a rimandare le spese. Anche per l’edilizia arriva la definitiva conferma della chiusura di un lungo ciclo espansivo. In Italia Pmi e grandi imprese sono colpite con differenti sfumature e con intensità non uniforme. Unioncamere ha rilevato nel quarto trimestre 2008 per le piccole imprese una caduta annua del 7,6% della produzione e del 7,3%degli ordinativi, contro il -4,9% e il – 7% per le grandi. Nell’analisi dell’ISAE (l’Istituto di studi e analisi economica), il saldo degli ordini cade di 34 punti per le piccole imprese e di 38 per le altre nel periodo da settembre a gennaio.

I consumi elettrici a gennaio sono precipitati di 8 punti (calo record da 34 anni).Anche per quanto riguarda le condizioni per investire, il peggioramento è leggermente meno accentuato tra le aziende di minori dimensioni, tra le quali il 65% le giudica peggiorate a dicembre rispetto a settembre, contro il 68% delle medie e il 71% delle grandi (Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore). Ma il sintomo principale di peggioramento della congiuntura è la caduta della produzione industriale: -4,3% nel 2008 sul 2007. La flessione è da considerare la peggiore dal 1991. Per l’Umbria il cedimento potrebbe essere inferiore anche di mezzo punto percentuale. Fatto di per sé positivo ma non tanto da far dimenticare che il futuro non è affatto incoraggiante. Le previsioni scontano, infatti, il perdurare delle difficoltà. Gli indicatori sull’andamento della produzione sono tutti orientati verso il basso, la fiducia delle imprese, secondo le indagini dell’ISAE, è al minimo e il portafoglio ordini è ulteriormente assottigliato rispetto a tre mesi fa: se ne può dedurre che lo scenario, per il primo semestre 2009, non sarà per nulla incoraggiante e che la misura del successo, anche nei prossimi trimestri, sarà nell’arretrare meno piuttosto che nell’avanzare di più rispetto ai competitori.

“Pur persistendo una fascia di imprese capaci di espandere la loro attività nonostante le grandi difficoltà del momento – sottolinea il presidente di Confindustria Umbria Umbro Bernardini – il peggioramento della congiuntura per l’industria umbra viene confermato da due dati. Il primo è la forte contrazione del numero di imprese che si dichiarano sostanzialmente stabili ovvero che si mantengono sui livelli produttivi dei precedenti trimestri. Il secondo elemento è il raddoppio del numero delle imprese che dichiarano di aver visto abbassare i volumi di produzione”. In particolare, a preoccupare è l’aumento del numero di imprese con flessioni della produzione superiori al 5%: erano il 12% tre mesi fa e ora sono il 23%, se si considera l’orizzonte strettamente congiunturale; erano il 13,9% e ora sono il 28% se si considera l’orizzonte tendenziale, ovvero rispetto alla situazione del quarto trimestre del 2007. Come accennato, resiste un numero anche piuttosto consistente di imprese che indicano di essere riuscite non solo a tenere le posizioni ma persino a migliorarle.

Nel complesso le imprese che tengono sono all’incirca un quinto del totale: un po’ più, il 20,3%, se si considera il dato congiunturale e un po’ meno, il 19,9%, se si considera il dato tendenziale. Da mettere in evidenza, anche come elemento di buon auspicio, è la presenza di una quota di imprese, pari al 5,4%, che segnalano recuperi consistenti rispetto al trimestre precedente e soprattutto la presenza di un numero quasi doppio di imprese (sono infatti il 9,3%) che segnalano recuperi rispetto al corrispondente quarto trimestre del 2007.Nel quadro generale sono altresì da includere una flessione, ma relativamente contenuta, dell’occupazione (tra il -1,4% e l’1,7%), anche se altre fonti segnalano un aumento di ricorsi alla Cassa integrazione, da ritenere campanello di allarme per il prossimo futuro e un netto peggioramento nell’orizzonte delle aspettative: le imprese si riconoscono molto più preoccupate che in passato per l’evidenziarsi di rallentamenti delle vendite e di riduzioni nel numero dei contatti commerciali. L’ampiezza e la complessità delle pressioni sull’attività delle imprese può essere ben rappresentata dal caso delle imprese della meccanica. Queste nelle precedenti rilevazioni tendevano a differenziarsi per una maggiore dinamicità collegata all’apertura di nuovi mercati e alle capacità di specializzarsi su produzioni di nicchia e tecnologicamente avanzate, mentre ora appaiono conformarsi al profilo generale dell’industria.

Come anticipato, per il complesso delle imprese, anche per quelle della meccanica, si accresce l’area delle maggiori difficoltà: le aziende che segnalano una riduzione della produzione del 5% e più erano il 5,4% in occasione della precedente rilevazione e sono ora il 14,8%. Cresce anche l’area delle difficoltà “medie” (quelle che si traducono in una perdita di produzione tra il – 2,5% e il – 5%): le imprese incluse in questa area, infatti, erano il 10,8% nel terzo trimestre 2008 e sono ora il 18%. Si riduce, inoltre, la quota delle imprese con difficoltà moderate (tra il –1,0% e il –2,5%): dal 16,1% del totale all’attuale 11,1%, mentre si contrae di poco la quota di imprese che non risente delle difficoltà del periodo e addirittura se ne avvantaggia: erano nel complesso il 24,3% nella precedente rilevazione e sono ora il 22,2%.


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