"Argento vivo", Guardia di Finanza stronca frode da 8 milioni su metalli preziosi - Tuttoggi.info

“Argento vivo”, Guardia di Finanza stronca frode da 8 milioni su metalli preziosi

Redazione

“Argento vivo”, Guardia di Finanza stronca frode da 8 milioni su metalli preziosi

In corso 28 decreti di fermo, perquisizione e sequestro nel territorio di Arezzo/ Perquisizioni anche a Bari, Roma, Perugia e Benevento
Mer, 11/02/2015 - 10:32

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Dalle prime ore di questa mattina, è in corso un’operazione della Guardia di finanza di Arezzo che sta dando esecuzione a decreti di fermo, perquisizione e sequestro nei confronti di 28 persone indagate per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Sono in corso 45 perquisizioni, che interessano prevalentemente la provincia di Arezzo, ma anche quelle di Bari, Roma, Perugia e Benevento. L’autorità giudiziaria di Arezzo ha inoltre ordinato il sequestro preventivo delle disponibilità finanziarie detenute dai principali indagati – anche in maniera dissimulata attraverso parenti -, fino all’importo di 3,2 milioni di euro, corrispondente a un valore equivalente al profitto del reato sinora già determinato in capo agli indagati, a fronte di una stima di IVA evasa nel solo 2014 pari a otto milioni di euro. Si tratta degli sviluppi di una complessa indagine che ha consentito di individuare l’esistenza di una frode fiscale all’IVA in atto nel settore del commercio di metalli preziosi (principalmente argento, ma anche platino, palladio e rodio), attuata da due distinte organizzazioni criminali.

Le due organizzazioni hanno acquistato per anni ingenti quantitativi di argento puro (in grani) in ambito nazionale, senza corrispondere l’Iva ai fornitori (applicando il meccanismo del “reverse charge”). A questo punto l’argento puro veniva trasformato in semilavorato (fuso in verghe) senza alcuna effettiva finalità commerciale ma solo con l’obiettivo di assoggettare ad Iva le successive vendite attraverso società c.d. “cartiere” che non versavano ne Iva e ne II.DD. Il metallo veniva poi definitivamente ceduto al cliente finale che lo faceva nuovamente affinare per ricollocarlo sul mercato.

Il sistema fraudolento consentiva ai membri delle associazioni criminali di intascare l’Iva generata dalle operazioni commerciali strumentalmente realizzate, nonché al cliente finale di acquistare i metalli preziosi a un prezzo sensibilmente inferiore a quello che avrebbe potuto spuntare se si fosse rivolto direttamente alle aziende che fornivano i beni e che davano inizio al “circuito” economico artificioso e “messo in piedi” al solo scopo di poter frodare l’erario.

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