di Paolo Pacifici (*)
In questi giorni il dibattito politico nella zona della valle umbra sud è quasi monopolizzato dal tema dell’affidamento al privato di una quota importante della proprietà dell’azienda che dovrà gestire il ciclo dei rifiuti.Tale percorso, in particolare, alla luce delle proroghe introdotte dal Decreto Legge “Cresci Italia”, va sospeso per avviare una serie di riflessioni su cui la politica locale deve interrogarsi.
È un diritto di ogni cittadino quello di vedere garantito il controllo delle tariffe sulla raccolta dei rifiuti e la possibilità di vivere in un ambiente pulito e libero dall'inquinamento.
Un bene comune, dunque, presupposto per il godimento del diritto alla salute costituzionalmente garantito.
Per adempiere pienamente a questa funzione, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti non può e non deve essere gestito con metodi che antepongono alla tutela degli interessi generali della popolazione l’aspirazione imprenditoriale al perseguimento del massimo profitto. Al contrario, si impone il più ampio coinvolgimento diretto degli utenti e dei lavoratori nella assunzione delle scelte strategiche di gestione, nella determinazione degli obiettivi di qualità del servizio e nella rigorosa verifica del raggiungimento dei predetti obiettivi.
Il compito del soggetto gestore del servizio di raccolta dei rifiuti deve essere il perseguimento di una politica volta alla riduzione dei rifiuti alla fonte, la diffusione della cultura del riuso e del riciclo, l'implementazione dei più efficienti sistemi di raccolta differenziata, la ricerca delle migliori alternative ad ogni ipotesi di incenerimento e la difesa della legalità in un settore che le cronache ci descrivono pesantemente infiltrato dalla criminalità organizzata.
È fondamentale continuare a difendere la prospettiva di un assetto societario in cui la governance aziendale non sia appannaggio di soggetti privati, al fine di garantire il soddisfacimento dell’interesse generale della popolazione.
In questo senso il pubblico deve avere un ruolo realmente determinante rispetto alle scelte aziendali strategiche.
Sarebbe pertanto necessario che tutta la società civile, le organizzazioni sindacali e le forze politiche – a livello locale e nazionale – si oppongano in maniera netta alle politiche privatizzatrici dei servizi pubblici locali contenute, da ultimo, anche nel recente decreto “Cresci Italia” in favore di misure volte ad agevolare la gestione “in house”.
A livello locale occorre modificare il Piano regionale dei rifiuti, per consentire all’ATI 3 di sperimentare soluzioni innovative finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo rifiuti zero, in alternativa a qualsiasi ipotesi di incenerimento, comprese quelle nei cementifici.
È dunque inopportuna la fretta con cui in questi giorni si cerca di accelerare sulla privatizzazione di VUS, nonostante la proroga – al 31.12.2012 – del termine per l’attuazione delle norme privatizzatrici della c.d. manovra di ferragosto, sulla cui legittimità costituzionale siamo in attesa del giudizio della Consulta.
Dopo lo scorporo e la ripubblicizzazione del ramo acqua, attraverso il ritorno ad un’azienda di diritto pubblico i Sindaci dell’ATI 3 devono dare mandato di predisporre la Delibera di ricognizione dei servizi di pubblica utilità da sottoporre all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Tale atto dovrà contenere un'attenta ed articolata analisi delle esigenze della popolazione, evidenziando le caratteristiche tecniche e finanziarie proprie del servizio per dimostrare che, almeno nel nostro territorio, raccolta e smaltimento vanno gestiti con modalità che escludano la possibilità di fare utile e quindi mantenendo il servizio in house.
Nella peggiore delle ipotesi di bocciatura dello studio da parte dell’Antitrust, la delibera di ricognizione avrà comunque la funzione di definire le caratteristiche tecnico operative alle quali il gestore del servizio dovrà attenersi nello svolgimento della sua attività.
(*) Sindaco di Campello sul Clitunno