In Umbria nel 2016 i reati ambientali sono aumentati, è questo il dato rilevante che emerge dal Rapporto Ecomafie di Legambiente presentato questa mattina a Roma alla Camera dei Deputati.
In Umbria nel 2016 i reati ambientali accertati delle forze dell’ordine e dalla Capitaneria di porto sono passati da 154 del 2015 a 392 del 2016. Cresce, anche il numero di denunce 346 (a fronte delle 90 della precedente edizione di Ecomafia), diminuiscono invece leggermente i sequestri, si passa dai 18 del 2015 ai 15 del 2016. Nel 2016 si registra anche un arresto, legato alla ben nota vicenda Gesenu. Dati che testimoniano anche in Umbria una sempre maggiore efficacia dell’azione investigativa e repressiva.
Un dato in controtendenza quello umbro rispetto a quello nazionale, che registra invece a soli due anni dall’entrata in vigore della legge sugli ecoreati, una lenta diminuzione degli illeciti ambientali e del fatturato delle attività criminali contro l’ambiente. Infatti nel 2016 i reati ambientali accertati delle forze dell’ordine e dalla Capitaneria di porto sono passati da 27.745 del 2015 a 25.889 nel 2016, con una flessione del 7%. Cresce, invece a livello nazionale il numero degli arresti 225 (contro i 188 del 2015), di denunce 28.818 (a fronte delle 24.623 della precedente edizione di Ecomafia) e di sequestri 7.277 (nel 2015 erano stati 7.055). Inoltre nel 2016 il fatturato delle ecomafie scende a 13 miliardi registrando un – 32% rispetto allo scorso anno, dovuto soprattutto alla riduzione della spesa pubblica per opere infrastrutturali nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso e al lento ridimensionamento del mercato illegale.
Nel 2016 grazie alla legge 68/2015 che ha inserito nel codice penale i delitti ambientali le forze di polizia hanno contestato in Umbria ben 66 ecoreati, facendo così registrare alla nostra regione un terzo posto a livello nazionale dopo la Campania, che è la regione con il numero più alto di ecoreati contestati (70) e la Sardegna con 67 ecoreati .
L’Umbria è anche la regione con il numero più alto di reati contravvenzionali contestati (64), seguita dalla Campania (60) e dalla Sardegna (53). Il maggior numero di persone denunciate per reati contravvenzionali è stato raggiunto in Liguria (83), seguita dalla Sardegna (80) e dall’Umbria (67).
Il 2016 è stato l’anno dell’inchiesta denominata ‘Spazzatura d’oro’ della Dda di Perugia che ha coinvolto i vertici dell’azienda umbra Gesenu Spa, che dovranno rispondere dell’accusa di disastro ambientale, oltre che di inquinamento ambientale e di altri reati ambientali. Altra importante inchiesta è quella che ha riguardato la Valnestore e le indagini sulla presenza di discariche abusive di ceneri di combustione prodotte da centrali termoelettriche nella zona di Pietrafitta, interrate unitamente a Rsu e altre tipologie di rifiuti di non meglio definita composizione.
“Quest’anno il Rapporto Ecomafia – dichiara Legambiente Umbria – ci restituisce una fotografia dell’Umbria sicuramente preoccupante, ma anche la conferma che, grazie all’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale, chi inquina non la fa più franca”.
“Non bisogna abbassare la guardia – continua Legambiente Umbria – occorre proseguire nel lavoro fatto in questo ultimo anno dalle forze dell’ordine e da Arpa Umbria, bisogna investire maggiori risorse nei controlli e impegnarsi per promuovere diffusamente la cultura della legalità nei vari livelli della società. Ciò che muove principalmente l’illegalità ambientale è prima di tutto la corruzione, un fenomeno sempre più dilagante, che facilita ed esaspera il malaffare in campo ambientale in maniera formidabile e coinvolge con disinvoltura il mondo economico, sociale e politico. Sappiamo bene che la corruzione è l’altra faccia delle ecomafie e che la criminalità organizzata anche in Umbria si muove su interessi sia legali che illegali non solo nel ciclo del cemento e dei rifiuti, ma anche nel turismo e nel commercio”.
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