Ma quanto è bello andare al Santa Giuliana e poter avere la possibilità di ascoltare un concerto di Jazz! Avete letto bene, non è una ovvietà dettata dal caldo soffocante di questi giorni.
Il fatto è che recentemente, almeno da una decina di anni a questa parte, il melting pot musicale messo in scena da Umbria Jazz al Santa Giuliana rende la vita difficile a parecchi addetti ai lavori.
Per orgoglio di “bottega” vorremmo sempre poter dire e scrivere, in accordo con il claim lanciato dal presidentissimo Renzo Arbore, che Umbria Jazz è “il più bel festival del mondo, o almeno uno dei più belli…”, ma spesso invece dobbiamo fare i conti con programmi “strani “, stringere i denti e tirare avanti a muso duro.
E così ieri sera, in uno scatto di orgoglio tipico della manifestazione quando si trova in evidente difficoltà, al Santa Giuliana sono andati in scena due concerti dal grande valore musicale e artistico, ma sopratutto nel primo caso, con le Ladies, abbiamo riassaporato un bel jazz, ben suonato, energico, passionale.
La direzione artistica di Ladies! è di Renee Rosnes, pianista e arrangiatrice canadese che ha suonato con Joe Henderson , JJ Johnson e James Moody ma che ha conosciuto la definita consacrazione nel quartetto di Wayne Shorter. Cecile McLorin Salvant canta, Anat Cohen suona il clarinetto e Melissa Aldana, cilena, il sassofono. Queste tre artiste sono state già ascoltate a Umbria Jazz, e Cecile e Melissa hanno in comune anche l’ essere passate da vincitrici per il prestigioso concorso del Thelonious Monk Institute. La formazione comprende anche Ingrid Jensen alla tromba, con una sezione ritmica formata da Noriko Ueda, contrabbasso, e Allison Miller, batteria.
Con una scaletta virata al classico rivisitato (tanti standard compreso A.C.Jobim) lo scopo dell’ensemble è quello di dire al pubblico di Umbria Jazz che le donne salveranno il mondo. E ne siamo fermamente convinti, visto che per il momento hanno egregiamente “raddrizzato” l’Arena che, dopo i giocattoloni elettronici (CLICCA QUI), il ciccia e riciccia italico, tipico dell’assoluta mancanza di idee innovatrici (CLICCA QUI), e il crooner che canta di tutto (CLICCA QUI), stava rapidamente virando verso il porto della stanchezza.
Magnifiche musiciste, seduttive, con la loro allure fatta di tubini coloratissimi, stoffe preziose e capelli tagliati alla Mascagni (la batterista Miller), le sette eroine mescolano pianissimi e sussurri a zampate “come a lionessa che ti disquassa la tua criniera nera”, direbbe il poeta Dino Campana.
Sul secondo concerto c’è poco da aggiungere in termini di qualità e passione, visto che la protagonista è stata Dee Dee Bridgewater.
Il ritorno di Dee Dee Bridgewater a Umbria Jazz è sempre un po’ come quando torna un parente stretto che ha fatto fortuna all’estero e Dee Dee fa parte della storia del festival, e viceversa. Nel 1973 era una ragazza che cantava nella notevolissima Orchestra di Thad Jones e Mel Lewis che apri’ la prima edizione. Nessuno allora poteva immaginare che da grande sarebbe diventata una star, vincitrice di tre Grammy e un Tony Awards, completamente a suo agio nei concerti e nelle piece teatrali, fortemente impegnata nella lotta per i diritti civili e lo sviluppo tanto da essere nominata ambasciatrice della FAO.
Adesso, dopo tanti omaggi a primedonne del jazz, da Ella Fitzgerald a Billie Holiday, il suo nuovo progetto discografico ed il relativo tour promozionale sono dedicati alla musica di Memphis, Tennessee, che è la sua città natale ed è anche una delle grandi capitali della musica americana. E Dee Dee lo spiega al pubblico del Santa Giuliana, “volevo capire chi sono, cosa sono e da dove vengo…”, con la sua consueta affabilità e disponibilità. Del resto siamo parenti, ed è così che si fa a casa propria.
Talmente disponibile che, iperattiva come sempre, non l’ha fermata nemmeno un incidente occorso ad una gamba, motivo per cui la cantante si è esibita saltando da un lato all’altro del palco con indosso una vistosissimo tutore, il tutto con grandi tremori del suo staff.
Agghindata come sempre con qualcosa di vistoso, occhialoni, collanoni, braccialoni, la qualunque insomma purchè si veda a un km di distanza, Dee Dee sfodera ancora oggi una voce potente e cristallina, tagliata alla perfezione per il genere Memphis. Canta di tutto, blues, soul, r&b, da Tina Turner ad Al Green fino ad arrivare a Bobby Blue Band, in un grande lavoro di rivisitazione. Un prodotto davvero gradevolissimo in cui le radici del jazz sono disseminate in ogni dove.
Per fortuna nostra e del pubblico, un genere che non è agli antipodi ma che ha un filo conduttore con il tema principale della manifestazione. Qualcosa che insomma ci fa sentire meno contaminati e bisognosi di antibiotici.
Applausi calorosi per tutti, e non ne avevamo dubbio.
Al netto dell’andamento dei biglietti venduti e del pubblico presente in città e ai concerti, tema sul quale torneremo con i dati alla mano, ci sono ancora appuntamenti importanti all’Arena e quindi, come si dice in questi casi, la speranza è l’ultima a morire.
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Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)