Dai tecnicismi dei Lettuce, band di Boston in grado di far approdare il funk a Umbria Jazz. Alla voce del crooner dell’Essex, Jamie Cullum. Cronaca di un sabato sera al main stage al Santa Giuliana. A dire il vero è molto di più: i balli scatenati e saltellanti di un gruppo di anglosassoni ai lati della platea ne sono il più vivido ricordo. Ma lo sono anche gli abbracci tra spettatori amanti e innamorati, a tratti illuminati e cullati dalla sola luna piena, sulle note di un remake di ‘High and Dry’ molto azzeccato, non fosse altro per la voce dolce di Cullum, meno inquieta dell’originale Thom Yorke.
Dieci milioni di dischi venduti, un Grammy, due Golden Globe, numerosi altri premi e nomination: la star della serata è lui. Jamie Cullum, 38 anni, uno dei jazzman britannici più popolare di sempre. Lui canta, suona il pianoforte, la chitarra, le percussioni, salta sul palco. Non si risparmia per i suoi spettatori, che per la seconda serata di UJ17 non sono poi tantissimi (supereranno i 2000?). Quello di Cullum è decisamente un talento eclettico, che spazia tra più sonorità: il soul, l’hip hop, il rock, il pop. Le note di Cullum arrivano ad accarezzare un’atmosfera latineggiante, con ‘Next Year Baby‘, poi si tuffano in ‘What a difference a day made‘ e in ‘Blackbird‘ dei Beatles, rimaneggiata piano (un classico Fazioli) e voce. Poi un gesto di stima ed affetto per i suoi musicisti, con ‘Happy birthday’.
Con Cullum e con i Lettuce, Umbria Jazz si tuffa di nuovo nel passato, dopo il salto futuristico dei Kraftwerk, sul palco per la serata d’apertura del festival perugino.
I Lettuce si incontrarono per la prima volta a Boston nel 1992, ai corsi del Berklee. Fu allora che cominciarono a suonare insieme. Poi, con la fine delle lezioni, ognuno prese la propria strada. Due anni dopo si ritrovarono di nuovo lì, a Boston, e decisero di costituire una band stabile. Il profumo di quegli anni, ieri sera a Umbria Jazz, si sentiva eccome. E ancora con l’arrivo di Cullum sullo stage, hanno preso posto le note dei grandi classici: Herbie Hancock, Tom Waits, Miles Davis. E della sperimentazione degli Steely Dan, che rende la musica di Cullum sempre allegra, senza che la malinconia, seppur presente, ne prenda il sopravvento. E’ la storia della musica, che anche questa volta insegna qualcosa a chi apre cuore e mente.
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