Carlo Vantaggioli
Ci voleva qualcosa di tradizionale, di classico, per salutare l'apertura del 40ennale di Umbria Jazz a Perugia (ieri 5 luglio ndr.). Così niente di meglio che un repertorio fortemente legato al Blues, madre di tutti i jazz del mondo, magari suonato da un artista che è nato con Umbria Jazz e crescendo si è fatto onore. Diana Krall è un po' tutto questo. La sua prima volta a Perugia fu nel 1996 in trio, suggerita a Pagnotta dal crooner Tony Bennet. Poi tornò nel 2006, con un concerto nel solco della tradizione delle grandi pianiste-cantanti. Il suo ultimo album Glad Rag Doll, prodotto da T-Bone Burnett, è invece un tuffo nei solchi dei polverosi 78 giri dove era incisa la vecchia america post-epopea Western, quella che si avvicinava, in un modo tutto suo, alle sciccherie dell'Europa un po' viziata e viziosa, entrando così dritta dritta nella depressione del '29. Quando si apre il sipario, il palcoscenico è attrezzato come un vecchio teatrino di provincia americano fondale fisso, e con le quinte, imitazione di sontuosi drappeggi di velluto rosso. Ma la musica dell'Arena Santa Giuliana è un prodotto di livello decisamente superiore rispetto all'orchestrina anni '30. La voce della cantante-pianista canadese è sempre rotonda e pronta ai cambi di intensità, “una carezza in un pugno” direbbe il Molleggiato. Nessuna incrinatura e la band, Stuart Duncan-violino (virtuosissimo ndr.), Aram Bajakian-chitarra, Dennis Crouch- contrabbasso, Patrick Warren-tastiere, Karriem Riggins-batteria, segue l'artista in un rodato show che fa rilassare e compiacere completamente il pubblico, accorso numerosissimo (poco meno di 4mila ndr.) all'Arena. Un viaggio in una America provata e dolente, fatta di polvere e fattorie assolate, di vacche, grano e famiglie sedute sotto il portico a rinfrescarsi con la limonata. Oltre il repertorio di Glad Rag Doll, c'è spazio anche per alcune cover di Nat King Cole, Fats Waller, ma anche di Joni Mitchell e Tom Waits. Questi ultimi due forse i brani più emozionanti della serata. La poesia della Mitchell resa magnetica ed intensa dalla voce della Krall e poi lo zolfo e l'odor di bruciato di Temptation di Waits. E mentre Waits non ci mette un oncia di fatica a far capire al pubblico che tipaccio sgangherato è, la Krall diafana, biondissima ed in grande forma, ci prova con convinzione a cantarla da arrochita. Magari avrà una doppia vita segreta, chissà.
Pubblico assolutamente entusiasta che chiama deciso il bis con un frastuono di piedi sul praticabile dell'Arena che sembra un terremoto, bis concesso generosamente per altri 4 pezzi.
Insomma un bel prodotto, di gran classe, anche se un pizzico di pazzia in più non ci sarebbe stato male. Ma da quello che si sente in platea, lo show vale il prezzo del biglietto.
La giornata inaugurale di UJ era cominciata con la consueta parata a Corso Vanucci dei Funk Off, con il chiacchiericcio e la sfilata di personaggi più o meno noti nel back stage del Santa Giuliana, e dannazione delle dannazioni, con le patatine fritte aumentate. Ma la crisi c'è e si sente anche sul pasto dei derelitti.
Apprezzatissimo il concerto di Tuck and Patti che si esibiscono al ristorante coperto del back stage. Anche loro una scoperta del marpione Renzo Arbore, il presidente della Fondazione UJ. Per molti puristi (ed epicurei aggiungiamo noi), anche meglio della Krall, se non altro perchè si ascoltano davanti ad un piatto di spaghetti.
Ma su questo non ci sentiamo di concordare, visto il dolore ancora vivo per l'aumento delle patatine.
Questa sera sul palco del Santa Giuliana Jan Garbarek e Trilok Gurtu. Si torna al classico-contemporaneo.
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Video: Nicola Palumbo
Foto: Car.Van.