Terni, stato di agitazione dei dipendenti della Camera di Commercio - Tuttoggi.info

Terni, stato di agitazione dei dipendenti della Camera di Commercio

Redazione

Terni, stato di agitazione dei dipendenti della Camera di Commercio

La Rsu, "Il Governo lo chiama riordino dell'ente ma in realtà è un vero e proprio smantellamento che non giova a i dipendenti"
Sab, 30/01/2016 - 09:22

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“Il Governo lo chiama “riordino”, ma quello che si prospetta, per i dipendenti della Camera di Commercio di Terni, è un vero e proprio smantellamento”. Lo denuncia in una nota la Rsu dell’Ente. “La motivazione ufficiale – spiega la rappresentanza sindacale – è quella di ‘efficientare’ la Pubblica Amministrazione, con un taglio delle sedi e la riduzione ad un massimo di 60 Camere, un taglio delle funzioni essenziali (funzione di sostegno alle imprese e ai territori, proprio in una fase economica così delicata come quella che stiamo vivendo) e un taglio del personale del 15% entro 180 giorni, che salirà al 25% una volta che saranno finiti gli accorpamenti. In sintesi, oltre 1000 dipendenti camerali che arrivano a 3000 considerando il sistema camerale a livello nazionale”.

“Lavoratori – dicono dalla Rsu – che contribuiscono con il loro lavoro a fare del sistema camerale una delle “eccellenze” della Pubblica Amministrazione . Lavoratori i cui costi attualmente non sono a carico del bilancio dello Stato in quanto le Camere di Commercio sono Enti Autonomi che si autofinanziano, ma con gli esuberi annunciati e l’eventuale ricollocamento in altri enti pubblici, diventerebbero una spesa in più per lo Stato e quindi per i cittadini”.
Quindi, a chi giova questo decreto? “Non giova ai dipendenti – risponde la Rsu – lasciati a sorte incerta (mobilità, accompagnamento forzato alla pensione, esuberi?), con uno spreco di risorse e professionalità. Non giova alle piccole e medie imprese che hanno sempre trovato nel sistema delle Camere di Commercio, presenti in ciascuna provincia, supporto, sostegno, consulenza gratuita, sin dalla fase di avvio della propria attività. E non giova all’economia del Paese – concludono i rappresentanti sindacali – che si è sviluppata negli anni del dopoguerra proprio su questo imponente tessuto di microimprenditorialità, che sempre più sarà costretto ora a rivolgersi a professionisti e/o esperti (o pseudo tali), alle associazioni di categoria, al ‘mercato’, per ottenere servizi e assistenza con costi ben maggiori delle poche decine di euro (in media 55 euro) risparmiate con il taglio del diritto annuale”.

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