L'omelia del vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, in occasione dei festeggiamenti del santo patrono San Valentino, in presenza delle massime autorità civili, religiose e militari della città, è stata come al solito pungente e incisiva. Monsignore non ha risparmiato la politica, attaccando una classe dirigente che, a opinione del vescovo, “ad uno sguardo attento appare però sempre più evidente come un'intera generazione si stia avvicinando alla conclusione del suo periodo di responsabilità pubblica. I contenuti della sua memoria, i suoi gesti, le sue emozioni sono parte importante della storia della città. Ma possono ancora garantirne il cambiamento?”. In queste parole è evidente l'auspicio a un rinnovamento radicale della città così come San Valentino è il santo rinnovatore dell'amore, chiamando a testimonianza la predica di Pentecoste di San Pietro: “ Riprendendo il profeta Gioele, l'apostolo evoca una specifica vocazione profetica per le generazioni più giovani, direi quasi un loro ruolo critico. Mentre per le generazioni di mezzo, quelle che hanno in mano le decisioni fondamentali per il destino della città, quelle che hanno il dovere di ideare e realizzare progetti, parla della capacità di costruire visioni, qualcosa cioè che sia in grado motivare il cammino ai più giovani e di fornire un senso all'impegno di tutti. Ecco il compito delle classi dirigenti. Esse sono al servizio della città quando riescono a costruire istituzioni, modi di comportamento, regole, che sono capaci di afferrare il cambiamento e di accompagnarlo. E per far questo abbiamo bisogno dello sguardo del Vangelo, dell'abitudine alla libertà, di attuare relazioni autentiche costruite nella verità e che siano di coesione e non di divisione. Una coesione che nasce dalla maturità, dall'autonomia, dalla capacità di elaborazione che libera da un atteggiamento di subalternità che indebolisce l'ideazione e la realizzazione delle risposte concrete ai problemi della città”.
Ancora più incisive le parole di Paglia riguardo l'impegno che la futura generazione dovrà assumersi per rilanciare la città di Terni: “E permettete che fermi un poco l'attenzione proprio su quest'ultimo punto. La questione dei gruppi dirigenti di tutte le sfere sociali della città, infatti, mi pare essenziale se vogliamo assicurare la crescita e la ripresa di Terni. Lo abbiamo già sottolineato in altre occasioni: senza gruppi dirigenti forti, autorevoli, espressione di sfere sociali della città altrettanto forti ed autonome, non si apre lo spazio per una ripresa della città, quello spazio che consente a Terni di mantenere le potenzialità e l'autorevolezza di una città consapevole del proprio passato e aperta alle sfide del futuro. Se per un verso la città è ciò che tutti insieme riusciamo a costruire è anche vero che la funzione dei suoi gruppi dirigenti è essenziale per individuare i traguardi, per dare un senso al raggiungimento di questi traguardi, per rinforzare l'identità della città, per motivare l'impegno di tutti. E' invece percepibile la sensazione diffusa di una perdita di forza che porta a conservare stancamente uno spirito di subalternità piuttosto che di autonomia, a solidificare un atteggiamento di miope diffidenza nei confronti della logica dell'apertura e della competizione. Non ci si rinnova scegliendo una scontata cooptazione piuttosto che una salutare competizione.
Rispetto al passato recente – continua il vescovo – dobbiamo anche prendere atto di un'ulteriore trasformazione che sembra attraversare la città. Alla tradizionale presenza pervasiva dei gruppi dirigenti della politica – che contrasta comunque con quella visione aperta e poliarchica di città che abbiamo più volte richiamato come propria di una visione cristianamente ispirata – si va affiancando un processo in parte diverso, nel quale la politica perde progressivamente terreno e si rinchiude nella difesa degli interessi degli addetti ai lavori. Sì, la politica si è abbassata troppo, mentre è indispensabile che acquisisca una qualità più alta, pena un indebolimento cronico della città e la fine delle sue possibilità di rinnovamento. Subalternità e chiusura impediscono alla politica di svolgere il proprio servizio alla città, rendono il futuro di Terni sempre più dipendente da decisioni che la città subisce senza contribuire a costruire”.
Riferendosi poi alle parole di Papa Benedetto XVI, sulla necessità di un impegno dei laici cattolici nella salvaguardia dei valori cristiani in politica ha aggiunto: “Benedetto XVI ha invocato per i cristiani l'avvento di una nuova generazione di laici impegnati in politica. Dobbiamo chiederlo anche per Terni e non solo per i cristiani. Un cambio generazionale appare sempre più ineludibile. E' vero che la generazione non è fatta semplicemente dall'anagrafe, o dal tempo esteriore o dalla semplice coincidenza cronologica, quanto da un tempo interiore, da un'appartenenza, da una memoria. Tempo interiore, appartenenza, memoria con cui dunque anche gli uomini e le donne di questa città hanno pensato e continuano a pensare agli interrogativi e alle sfide che attendono il futuro di Terni. Ad uno sguardo attento appare però sempre più evidente come un'intera generazione si stia avvicinando alla conclusione del suo periodo di responsabilità pubblica. I contenuti della sua memoria, i suoi gesti, le sue emozioni sono parte importante della storia della città. Ma possono ancora garantirne il cambiamento? D'altra parte se è vero che non è l'anagrafe a fare la generazione è anche vero che, nel ciclo della vita, ogni generazione “anagrafica” elabora un suo ruolo peculiare, intesse con gli avvenimenti del suo tempo un dialogo del tutto speciale, fatto di elementi ricorrenti e di novità. Gli elementi ricorrenti sono quelli propri del tempo anagrafico, le novità sono quelle proprie del tempo storico”.
In chiusura c'è stato un ulteriore riferimento alla generazione di papi del '900, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II e alla grande stagione conciliare del Vaticano: “Fu un tempo di straordinario rinnovamento, reso possibile da un maturo, equilibrato ed esteso processo di cambiamento anche generazionale nel quale hanno trovato spazio la revisione critica, la riforma, il governo e il sogno. Quest'anno ricordiamo i cinquanta anni dell'apertura del Vaticano II. Mi auguro che la nostra Chiesa diocesana possa rivivere quella straordinaria primavera conciliare. Sento particolarmente vicine a noi, alla nostra Chiesa diocesana, le parole che Giovanni XXIII pronunciò quasi come suo testamento: “Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l'uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e ovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica. Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio… E' giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne l'opportunità e di guardare lontano”.
Così Giovanni XXIII. Su questa scia, su quella di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, come pure di Benedetto XVI, vogliamo continuare anche noi. Il Concilio ci invita a comprendere meglio il Vangelo e a cogliere i “segni dei tempi”. In questo modo ritroveremo la forza e l'audacia per costruire un futuro nuovo per la nostra città. Preghiamo oggi il Signore per Terni. Preghiamo per i suoi figli più anziani perché possano vedere una nuova primavera per essa; preghiamo per noi, figli più adulti di questa città, perché possiamo essere più generosi sulla via della giustizia e dell'amore per tutti; preghiamo per i figli più giovani di Terni perché possano sperare in un futuro più sereno e possibilmente tra noi; preghiamo per i nostri bambini perché possano vedere una città migliore di quella di oggi. E San Valentino, angelo di Terni, vegli su di noi e su tutta la città, sul suo oggi e sul suo domani. Amen”.
San Valentino, la celebrazione nella basilica di Terni. Paglia bacchetta politica”Contrasta con la visione cristiana”
Mer, 15/02/2012 - 00:15