Cattolici improbabili; politici arruffoni; prelati d’assalto; mercanti nel tempio da scacciare via, come nel Vangelo secondo Matteo: questa è la fotografia che la Magistratura ha scattato sulla Chiesa di Dio a Terni, fino a qualche tempo fa ridotta a una sorta di bancomat per fare affari, acquisire contributi nazionali e regionali, speculare sine limite.
Si può con certezza affermare che, per un buon decennio, alcuni dipendenti della Curia, pagati profumatamente e spesso associati a imprenditori e professionisti non solo locali, grazie ai proventi di attività incredibilmente impiantate in Piazza Duomo, potevano invero spandere e spendere in immobili, night club, auto sportive e chi più ne ha, più ne metta: il trionfo del pacchiano.
Alcuni miei cari sacerdoti ricordano ancora l’arroganza e la prepotenza con cui certi plenipotenziari sbattevano fuori dagli uffici gli stessi parroci, quando costoro avevano solo bisogno di eseguire lavori di manutenzione alle chiese. E quegli condivano pure tali esecrabili condotte con lazzi ed espressioni da suburra.
Su tutto vigilava il nostro pastore, spesso tuttavia altrove impegnato in ragione delle sue alte attività anche all’estero. E così, in sua assenza, prosperavano pure certuni politici di dubbia statura morale, ma a cui sembravano comunque garantiti appoggi elettorali basati su potere e affari non propriamente adamantini: l’ex convento delle Orsoline, poi sventrato; il c.d. Castello di S. Girolamo a Narni, assurdamente acquistato in vista di una maldestra rivendita; la sentenza Giordanelli, con la truffa perpetrata nei confronti di una famiglia generosa e perbene, nonché dello stesso Stato; la cessione a prezzo di favore di aree pregiatissime ai parenti di dirigenti apicali del Comune; certe strutture di Amelia, ormai in rovina; un’esposizione debitoria sempre più alta fino alla dolorosa cassa integrazione di alcuni dipendenti diocesani. Queste e altre debolezze gestionali rischiano di cancellare quel che di buono e persino di visionario l’episcopato Paglia realizzò in quegli anni difficili, dalla tenace difesa del lavoro al rafforzamento del polo scolastico cattolico, senza dimenticare la costruzione di una più solida rete di solidarietà, con la creazione del Fondo regionale di aiuto alle famiglie povere e con il potenziamento della mensa per i più bisognosi, in una cornice di rafforzato dialogo tra i popoli e le religioni. Un legato purtroppo pesantemente contraddittorio.
Nell’auspicio che ognuno possa dimostrare la propria innocenza, l’era di Papa Francesco ha certamente segnato una svolta profondissima e qualche conseguenza si rileva anche nell’emergere di fatti imbarazzanti non più tenuti sotto silenzio nel concorso di brani ben poco autorevoli della Magistratura e di apparati dello Stato che definire opachi è un eufemismo: settori di fatto deviati che hanno portato non soltanto una diocesi, ma l’Umbria e l’Italia intera proprio al punto di non ritorno cui siamo giunti, ma che, contestualmente, non hanno nemmeno agevolato lo stesso mons. Paglia nel capire cosa stesse davvero accadendo. In tal senso la libera Magistratura ora deve andare avanti e scoperchiare finalmente tutto, a partire dal livello politico-amministrativo che ha assecondato certi disegni, compartecipandone pienamente.
Come che sia, un giorno la Provvidenza inviò monsignor Vecchi, mandato dal Vaticano a “sistemare i conti”: questi ha sempre parlato chiaro su quel che non andava a Terni. Monsignor Piemontese sta oggi parimenti proseguendo in un’azione di pulizia che va coralmente sostenuta, ma che, prevedibilmente, incontrerà ancora numerose quanto viete resistenze.
Andrea Liberati – Candidato Presidente Regione Umbria Movimento Cinque Stelle