Pesticidi, scoli fognari, rifiuti: le acque in Umbria non sembrano godere di ottima salute. Dopo lo studio di Arpa a proposito del torrente Genna, che parla di “stato ecologico cattivo e contesto di degrado in cui versa il bacino del torrente” stesso, arrivano le analisi dell’ISPRA sull’utilizzo dei pesticidi. Un’indagine che ci rivela come nel cuore verde d’Italia, la contaminazione delle acque dovuta all’utilizzo di pesticidi raggiunge il picco del 95%, percentuale ben più alta rispetto a quelle relative alla pianura Padana, dove i dati segnalano la contaminazione maggiore a livello nazionale, e da dove proviene il maggior numero di campioni (oltre il 60%).
A rivelare tutte le analisi è l’edizione 2016 del Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, che si riferisce ai dati relativi al periodo 2013-2014. Il rapporto è predisposto dall’ISPRA sulla base delle informazioni trasmesse da Regioni e Province autonome, che attraverso le Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente effettuano le indagini sul territorio e le analisi di laboratorio.
Perché i pesticidi, è scritto nello studio dell’ISPRA, “essendo concepiti per combattere organismi ritenuti dannosi, possono comportare effetti negativi per tutte le forme di vita. In seguito all’uso, in funzione delle caratteristiche molecolari, delle condizioni di utilizzo e di quelle del territorio, possono migrare e lasciare residui nell’ambiente e nei prodotti agricoli, con un rischio immediato e nel lungo termine per l’uomo e per gli ecosistemi“. Una descrizione che fa riflettere, se si pensa che nei campioni analizzati, nel 2014 i prodotti trovati e definiti “molto tossici e tossici” rappresentano il 5,8% del totale, i “nocivi” il 24,3% e i “non classificabili” il restante 69,9 %.
In Italia, solo in agricoltura si utilizzano circa 130.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari (dai dati ISTAT del 2014), che contengono circa 400 sostanze diverse. Per effettuare le indagini approfondite, sono state effettuate a livello regionale, nel biennio 2013-2014, 1.351.718 misure da 29.220 campioni. Le indagini, nello specifico, aumentano rispetto al biennio precedenti, con un’incidenza che sfiora il 4,3%.
Accanto alla pianura padano-veneta, come detto, c’è dunque l’Umbria, il famoso cuore verde d’Italia. La verità non risparmia neppure la vicina Toscana. “In alcune Regioni – si legge nell’indagine – la contaminazione è molto più diffusa del dato nazionale, arrivando a interessare oltre il 70% dei punti delle acque superficiali in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, con punte del 90% in Toscana e del 95% in Umbria. Nelle acque sotterrane la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in Lombardia 50% punti, in Friuli 68,6%, in Sicilia 76%”. Il tutto è comunque da considerare pensando che, nel resto dell’Italia, la situazione resta ancora abbastanza disomogenea, dato che di fatto mancano le informazioni dal Molise e dalla Calabria, mentre in altre Regioni la copertura territoriale è limitata, o del tutto assente, specialmente per le acque sotterranee, così come è limitato il numero delle sostanze cercate. Di certo c’è che il numero delle sostante utilizzate è in aumento: 224 le sostanze trovate nelle acque, tutte diverse, un numero sensibilmente più elevato rispetto agli anni precedenti, dato che erano 175 nel 2012. Quelle più diffuse, e che superano i limiti consentiti, sono: bentazone, metalaxil, terbutilazina e desetil-terbutilazina, atrazina e atrazina-desetil, oxadixil, imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6-diclorobenzammide, metolaclor. Tra i pesticidi utilizzati, c’è anche il glifosato, finito sotto la lente delle indagini da quando l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha parlato delle sue potenzialità cancerogene.
L’Umbria porta poi con sé un altro ‘primato’, ossia quello legato alla copertura della rete delle acque sotterranee. L’Umbria ha una delle reti più fitte, insieme a Liguria e Lombardia. In alcune regioni d’Italia, proprio nelle acquee sotterranee c’è una contaminazione maggiore rispetto ai limiti dell’SQA, ossia dello Standard di Qualità Ambientale. “Anche per quest’anno – si legge nell’indagine – la Lombardia ha il livello più elevato di non conformità con il 51,3% dei punti, seguono il Lazio (40,0%), la Provincia Autonoma di Trento (23,3%) e l’Emilia Romagna (19,2)”. L’Umbria, anche per quanto riguardo le acque superficiali, resta fortunatamente nella media: con punte massime dello 0,05, rispetto al limite di quantificazione (LQ), la regione si posiziona al di sotto di situazioni ben più preoccupanti.
Il trend nazionale, rispetto alle analisi precedenti, è comunque in crescita: nelle acque superficiali, infatti, la percentuale di punti contaminati è aumentata di circa il 20%, in quelle sotterranee di circa il 10%. In conclusione, nel biennio 2013-2014, ancora più che in passato, sono state trovate miscele di sostanze nelle acque, con un numero medio di 4 sostanze e un massimo di 48 sostanze in un singolo campione. L’ISPRA prende comunque le dovute precauzioni e sottolinea che “la contaminazione da pesticidi, ma il discorso vale per tutte le sostanze chimiche, è un fenomeno complesso e difficile da prevedere, sia per il grande numero di sostanze impiegate, delle situazioni e delle modalità di rilascio, sia per la molteplicità dei percorsi che possono seguire nell’ambiente. La tossicità di una miscela è sempre più alta di quella del suo componente più tossico. Si deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono spesso esposti a miscele di sostanze chimiche, di cui a priori non si conosce la composizione, e che lo schema di valutazione basato sulla singola sostanza non è adeguato. È necessario prendere atto di queste evidenze, confermate a livello mondiale, con un approccio più cautelativo in fase di autorizzazione“.
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