Pd, Leonelli si "scongela" e saluta - Tuttoggi.info

Pd, Leonelli si “scongela” e saluta

Massimo Sbardella

Pd, Leonelli si “scongela” e saluta

Ma indica i reggenti a cui "lasciare" il partito | La Direzione si aggiorna al 20 marzo | Verso le amministrative e la "nuova frontiera"
Ven, 16/03/2018 - 06:18

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Giacomo Leonelli era entrato in Direzione, riunita nella jellata sede di via Bonazzi, “congelato” dal Nazionale al suo scomodo posto da segretario regionale del Pd. Ne è uscito confermando (e formalizzando, dopo essersi scongelato da solo) la propria volontà di lasciare l’incarico. Ribadendo, tuttavia, di non sentirsi più responsabile di altri per una batosta che il Pd ha incassato dalla Calabria al Friuli, isole comprese. Anzi, Leonelli ha evidenziato ancora una volta come, da queste parti, ad eccezione di Toscana ed Emilia Romagna, il partito sia andato meno peggio che altrove.

Ha accusato chi ha usato l’esito del voto e la composizione delle liste “per delegittimare qualcuno di noi“, senza rendersi conto, ha attaccato, “che in questa maniera si indebolisce tutta la nostra classe amministrativa, con in testa i sindaci che a breve saranno chiamati all’appuntamento elettorale“. “E anche il governo della Regione“, ha aggiunto.

Reggenti in lascito

Salutando, Leonelli ha annunciato le mani nelle quali propone di lasciare il partito, almeno per le prossime settimane, fino all’assetto definitivo legato, nelle modalità e nei tempi, agli esiti delle dinamiche nazionali. Per il segretario dimissionario (portavoce di un’ampia maggioranza) la reggenza collegiale non può prescindere dai due segretari provinciali (Miccioni e Trappolino), dal tesoriere Tosti e da Chiacchieroni.

Grisù-Chiacchieroni

Proprio il vulcanico capogruppo a Palazzo Cesaroni in questi giorni sta svolgendo il ruolo di pompiere, nel centrosinistra e nel Pd. Il che la dice lunga sulla situazione del partito. Occhio però: se le cose si ingarbugliano, pur con la manetta dell’acqua in mano, può sempre scappargli una lingua di fuoco.

I possibili esiti

A qualcuno la mossa di indicare i reggenti da parte del dimissionario segretario non è piaciuta. Di fatto, è la considerazione, tutti i livelli del partito sono stati delegittimati dall’esito del voto. Per questo, si considera più adeguata la scelta di altre figure. E si torna a parlare dalla presidente del consiglio regionale Donatella Porzi e di qualche sindaco non impegnato a breve in campagna elettorale.

Le primarie (da statuto imprescindibili per la scelta del segretario regionale) potrebbero slittare a dopo l’estate e con esse, appunto, il nome della nuova guida. Ad alcuni circoli territoriali la cosa non dispiacerebbe più di tanto, potendo avere in questo modo le mani più libere nella conduzione della campagna elettorale per le comunali. Sempre che la reggenza non decida di tenere ben salde le briglie.

Ma prima di tutto, c’è da convincere gli scontenti sui nomi fatti. La partita è rinviata al pomeriggio del 20 marzo, giorno per il quale è stata aggiornata la Direzione regionale.

Certo, se a metà aprile l’Assemblea nazionale dovesse arrivare ad eleggere il nuovo segretario – evento non improbabile – tutta la riorganizzazione del partito potrebbe essere rivista. Anche in funzione dell’eventuale formazione di un Governo di scopo oppure si arrivi a un esecutivo politico.

Trasporti, sanità, lavoro e… rimpasto

Ma Leonelli, nella sua relazione, ha cercato di non parlare solo il politichese. Ed ha indicato i temi sui quali l’azione di governo, a livello locale, deve concentrarsi con decisione: infrastrutture (a partire dall’aeroporto), sanità (liste di attesa in particolare) e lavoro (gestione delle grandi vertenze, ma anche nuova occupazione). “Il tutto senza eludere il fatto che, accanto a una rinnovata agenda politica – ha aggiunto – non sarebbe incongruo introdurre alcuni elementi di innovazione degli interpreti“.  A Chianella saranno fischiate le orecchie.

Marini e la statistica

Un messaggio in linea con quello fatto all’indomani del voto dalla presidente Marini. Che concorda con Leonelli su tre punti fondamentali: la vittoria sarebbe stata tale anche candidando Papa Francesco; la colpa è principalmente nel vento che sta spirando in tutta Europa; l’azione del governo regionale è stata buona, ma va accelerata in alcuni punti; la composizione della Giunta deve essere cambiata.

Detto questo, Marini è convinta che il centrosinistra, con un rinnovato slancio, possa tornare a giocarsi le prossime partite delle urne con reali chanches di vittoria. Una previsione supportata anche dalla statistica, visto quanto affermato dal professor Bracalente.

Le fasce danno prurito

I sindaci sono in fermento e torneranno ad incontrarsi. I vertici del partito si sono sentiti scavalcati e temono che ognuno vada per la sua strada. Da Gualdo Tadino, Presciutti scalpita. Negli otto comuni dove si tornerà subito al voto si sta più guardinghi.

Il buen (e momentaneo) retiro del sottosegretario

Il sottosegretario Bocci (perché finché Gentiloni resta a Palazzo Chigi, questa è la carica dell’esponente umbro) alla Direzione regionale non c’era. Per ritemprarsi ha evidentemente bisogno di più di dieci giorni di riposo. C’erano i suoi, ma non hanno dato fuoco alle polveri e sono rimasti allineati e coperti.

Guasticchi e la nuova frontiera

Pierino-Guasticchi non ha invece saputo tenere a freno le mani sulla tastiera, una volta tornato a casa, e all’indomani ha consegnato alla propria bacheca Facebook un giudizio lapidario su questa Direzione regionale: “Poche idee e molto confuse, e la rabbia degli esclusi e di quelli che vorrebbero candidarsi a qualcosa“. Lui indica la direzione: non certo a sinistra, dove c’è da recuperare “il misero 3% di LeU“, ma verso la “prateria” che si estende al centro, “impropriamente occupata da Lega e 5 stelle“. Questa la nuova frontiera verso cui muovere le truppe dem, una volta individuato il generale Carson per guidarle. Sempre che, invece, a suonare la carica sia il generale Custer e si finisca per lasciare lo scalpo agli indiani sulle rive del Little Bighorn.

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