Personale che trasporta i pazienti Covid costretto a svestirsi all’aperto, fuori dall’ospedale. Con tute, guanti e mascherine di protezione, potenzialmente contaminati dal Coronavirus, lasciati in secchi che rimangono aperti.
E’ quanto denuncia la Fials Sanità, attraverso una lettera che il legale del sindacato, Marzio Vaccari, ha inviato ai vertici della Regione Umbria e al commissario della Usl 2 De Fino.
Dopo aver lamentato la carenza di sicurezza circa i percorsi interni all’ospedale di Spoleto, da quando è diventato Covid, la Fials denuncia la situazione incredibile che ormai da un mese avviene fuori dal pronto soccorso dove arrivano le autoambulanze che trasportano i pazienti infettati dal Coronavirus.
Tute e guanti contaminati in un bidone aperto
Come testimonia una foto scattata nel luogo adibito alla svestizione, il personale che trasporta i pazienti Covid è costretto a togliersi gli indumenti protettivi all’aperto, in uno spazio dove sono state posizionate due sedie di plastica. E un bidone dove finiscono appunto tute monouso, guanti e gli altri dispositivi di protezione potenzialmente contaminati. Con il rischio che il vento possa farli volare via.
Svestizione sotto la pioggia
“Il personale – si legge nella lettera indirizzata a Regione e Usl 2 – deve compiere queste operazioni in tutte le condizioni atmosferiche, sole, pioggia, vento, di notte e/o di giorno, con i rischi che da ciò derivano. In tutto questo anche i pazienti Covid che vengono ‘scaricati’ dall’ambulanza, rimangono esposti alle intemperie”.
Problema, quello della pioggia, che pare possa essere limitato a breve grazie all’intervento di un’associazione di volontariato disposta a mettere a disposizione un tendone.
Ma soprattutto una situazione di pericolo, per lo stesso personale ospedaliero e per gli utenti che continuano a frequentare il nosocomio per le prestazioni rimaste.
La Fials chiede una struttura dedicata
Per questo la Fials chiede “una immediata soluzione del problema, con la individuazione di una struttura dedicata a tale operazioni, rilevando ancora una volta l’assoluto disagio del personale che rischia di infettarsi per tale evidente disorganizzazione”.