Applausi scroscianti del Teatro Nuovo pienissimo per tutti, come da tradizione nelle arie più famose e almeno 5 chiamate alla ribalta
Ordo Ab Chao ! Ovvero dal Caos l’Ordine. E chissà se le intenzioni del regista Henning Brockhaus, artefice della messa in scena del Don Giovanni di Mozart, al debutto ieri sera al Teatro Nuovo di Spoleto per la 76^ Stagione del Teatro Lirico Sperimentale, siano state proprio quelle di ricordare ai più che secondo l’antico motto massonico citato, Mozart, componendo la famosa opera, voleva mettere ordine tra materia e spirito.
Seconda opera della famosa trilogia scritta da Wolfgang Amadeus con il librettista Lorenzo Da Ponte (le altre sono Le Nozze di Figaro e Così fan Tutte), il Don Giovanni irrompe nella scena musicale europea nel 1787 (edizione Praghese) solo dopo 3 anni dalla iniziazione di Mozart come Apprendista nella Loggia “Zur Wohltätigkeit” a Vienna.
Nella sterminata letteratura sul celebre compositore nulla è stato lasciato al caso o a interpretazioni che non fossero circostanziate dalla documentazione disponibile. Tuttavia il ruolo e l’influenza della sua appartenenza alla Massoneria illuminista settecentesca è ancora un tema aperto e di grande fascino.
L’ordine e l’Opera buffa
Diciamo questo perchè molto più di ciò che aveva in testa Brockhaus nel disegnare la regia dell’opera spoletina e lucidamente spiegato dal Condirettore artistico, Enrico Girardi, nel libretto di sala, ”Si tratta di un’edizione fresca, giovane, elettrica e frizzante della celebre opera buffa, finalizzata a valorizzarne la dimensione comica, senza però mortificarne i tratti drammatici. Ben sottolineato anche il tema della sessualità inteso come formidabile strumento di conoscenza della composita natura umana”, ciò che è andato in scena ci ha provocata la netta sensazione della ricerca di un equilibrio tra eccessi. La bulimia dongiovannesca del tutto (cibo, sesso, parole…) e la rigida, statuale, asciutta determinazione giudicante del Commendatore.
Stuoli di figure femminili, che non lasciano mai solo Don Giovanni nemmeno un minuto e che lo scortano senza sosta in ogni sua azione. Una sorta di pretoriane di quel Chao che sta cercando il suo Ordo.
O quella immagine forte di decine di sedie sospese in aria quasi fosse la cristallizzazione di un momento in cui tutto si rimescola ed esplode in attesa di un finale che poi consenta alle stesse di ricadere finalmente a terra.
Un caro amico presente a teatro ci ha detto, “Mi hanno fatto pensare a Magritte”.
E se anche il celebre pittore dell’uomo in bombetta sospeso in aria grazie ad un ombrello ha un che di onirico e di leggero- impalpabile, nel Don Giovanni la materia è talmente pesante e frequente che la caduta di Don Giovanni agli inferi in compagnia di Proserpina e Plutone può benissimo essere vista come una liberazione e un sollievo.
Molto divertente la trovata di illustrare il famoso catalogo nell’aria di Leporello “Madamina il catalogo è questo…”, con una sfilza di lingerie-trofeo appesa in aria.
E decisamente adatta la continua movimentazione della scena (anche troppo in alcuni casi) lasciando invece spazio alla interpretazione classica delle più famose arie dell’opera. Il tutto senza dimenticare che nel ‘700 quando si parlava di amore, oltre la pomposa affabulazione tardo- romantica, la componente fisico-sessuale era di una tale promiscuità reale da far impallidire anche i nostri perversi contemporanei.
E non fa nessuna differenza l’aver collocato la scena in una sorta di spazio senza tempo dove Don Giovanni è caratterizzato a metà tra Shaft (il celebre sbirro americano) e un pappone di Harlem. Un Leporello che sembra Renato Salvatori ne I soliti ignoti. Mentre le sulfuree pretoriane dongiovannesche che popolano l’opera sono quasi tutte in lingerie minimale o guepier. Tra il finto discinto e una gramaglia sexy (quella di una statuaria Donna Anna), tutto il resto non è molto diverso da quello che si potrebbe vedere in un matrimonio dei nostri giorni.
Il risultato, senza andare a cercare il politically correct nei riguardi delle donne e che nell’opera comandano (eccome!!), è di una messa in scena decisamente settecentesca, davvero molto oltre le intenzioni del regista Brockhaus, anche perchè la vera potenza evocativa è tutta chiusa nella partitura mozartiana e non altrove.
E così risultano incomprensibili alcuni giudizi sentiti nel foyer del genere bacchettone e bacchettante, “troppo spinta…troppo osè…troppo esplicita…” etc. etc.
Vorremmo proprio capire in che mondo delle immagini, o dell’intelletto vivono coloro che pensano che un Don Giovanni come quello visto al Lirico Sperimentale possa essere scambiato per un eccesso, quando la vera pornografia o prostituzione intellettuale sta in una miriade di atteggiamenti o fatti concreti in cui la morale o l’etica è fatta a brandelli quotidianamente. Ricordiamo a costoro che stiamo vivendo una crisi mondiale, una rivoluzione di una tale drammaticità globale in cui mimare un atto sessuale (in maniera del tutto innocente, non volgare e senza esplicitazione visiva) è la nostra unica salvezza, se solo ci ricordassimo che come linguaggio umano è talmente potente da arrivare a creare anche la vita stessa.
Nel contempo fa sorridere che nessuno mai, e dunque nemmeno ieri sera, si è scandalizzato per la richiesta di Zerlina al suo Masetto di essere picchiata ““Batti, batti la tua Zerlina!/Starò qui, starò qui/le tue botte ad aspettar!/Lascerò straziarmi il crine,/lascerò cavarmi gli occhi,/ e le care tue manine/lieta poi saprò baciar…” pur di fare pace dopo le avances di Don Giovanni. Sarà perchè Mozart era quasi coevo di De Sade, il noto marchese?
L’incomprensibile comunicato
E che dire dell’incomprensibile comunicato stampa inviato nei giorni scorsi alle redazioni da qualcuno ai vertici del Lirico che ha sentito la impellente necessità di trasformarsi in Ponzio Pilato, sostenendo che lo spettacolo non era adatto ai minori di 18 anni e che gli eventuali minori presenti sarebbero potuti entrare in teatro solo se accompagnati da adulti che avrebbero comunque dovuta firmare una liberatoria “morale” al Lirico che ovviamente se ne lavava le mani. Amen!!
Noi vogliamo molto bene all’Ente Lirico spoletino, ne siamo sostenitori e appassionati osservatori da anni, ma una frescaccia colossale come questa, che per altro rischia di trasmettere l’idea di un vertice del Lirico in crisi e litigioso, non ce la potevamo nemmeno lontanamente immaginare.
Ordo Ab Chao deve dunque essere di monito anche per chi ha in mano le sorti del prestigioso Ente. Sua la responsabilità di creare o meno problemi sciocchi in un momento in cui invece tutta la potenza creatrice dello stesso si fa sentire chiara e forte e l’attenzione è massima.
Forse è tempo di vedere le cose in altro modo e come diceva un celebre monaco buddista, “Quando la strada è sbagliata, allora cambia strada!”. Semplice no?
Cantanti, orchestra, e tutto il resto…
Saremo degli inguaribili innamorati del bel canto, e dunque fragili di natura, ma i ragazzi del Lirico Sperimentale, i giovani vincitori del Concorso Comunità Europe, si sono dimostrati di una bravura commovente.
Era palese come volessero tirare fuori il meglio di loro in termini di capacità vocale e attoriale. Il regista Henning Brockhaus e il direttore d’Orchestra Salvatore Percacciolo hanno compiuto un enorme lavoro. Tangibile il progresso di alcuni di loro visti in altre occasioni recenti, e a distanza di poche settimane la differenza è davvero importante.
Alberto Petricca–Don Giovanni e Matteo Lorenzo Pietrapiana–Leporello sono strabilianti per capacità vocale, mai in difficoltà e con la stessa potenza di espressione dall’inizio fino alla fine, oltre ad una capacità interpretativa notevolissima. Tagliati a misura per la parte.
Sara Cortolezzis è una Donna Anna di rara intensità che non avendo nessuna paura per la sua capacità vocale dedica la sua interpretazione al personaggio, dolente ma ferreo di Donna Anna. Modulazione vocale tra pianissimi e potenza, affascinante. Come è pienamente nel personaggio di Donna Elvira, Alessia Merepeza che combatte senza sosta per prendersi ciò che vuole, costi quel che costi. Voce e presenza fisica donano alla parte una simpatia e un valore di grande attrattività.
La coppia innocente (l’unica vestita di bianco) di Masetto–Davide Romeo e Zerlina–Elena Finelli è delicatissima, e adattissima all’idea che si ha di una coppia di giovanissimi sposi coinvolti loro malgrado in una trama terribile e a tratti crudele. Elena Finelli, voce squillante e forse non espressa fino in fondo in quanto a carattere, fa venire voglia di fidanzarsi ogni mezzora. Davide Romeo esprime tutto il disorientamento di un Masetto che rimane imperturbabile anche quando Zerlina lo prega di picchiarla in più di un modo per fare pace dopo le avances di Don Giovanni. Un po’ più di “tigna” vocale e non, non ci sarebbe dispiaciuta.
Efficace nella brevissima apparizione in scena, quella di Roberto Manuel Zangari–Don Ottavio. E come previsto in partitura, basso profondo e di grande effetto, anche per presenza fisica, Giacomo Pieracci– Il Commendatore. Dotato di barbone folto d’ordinanza, Pieracci incute il suo bel terrore alla congrega di gozzovigliatori, scandendo con nettezza le poche parole a lui dedicate dal libretto, ma forse le più terribili e definitive.
Coro, diretto dal M° Mauro Presazzi, e orchestra assolutamente fantastici, soprattutto la giovanissima Orchestra del Lirico che restituisce al pubblico un suono costante e mai invasivo rispetto a ciò che accade sul palcoscenico. Niente da invidiare ad altre formazioni di gran spolvero.
E un bravo forte e chiaro al M° Salvatore Percacciolo che ha diretto come meglio non si poteva, anche quando il birbo del regista Brockhaus si è inventato di mettere i cantanti in platea alle spalle del Direttore e sui palchi di terzo ordine, tanto che il poveretto ad un certo punto si contorceva tra orchestra e cantanti per l’attacco, moderno fachiro in pieno delirio settecentesco.
Efficaci come sempre le luci di Eva Bruno, i costumi “evocativi” di Giancarlo Colis e le coreografie delle pretoriane sulfuree, Valentina Escobar.
Applausi scroscianti del Teatro Nuovo pienissimo per tutti, come da tradizione nelle arie più famose e almeno 5 chiamate alla ribalta al termine.
L’Opera che non sfigura…
Una produzione di assoluto pregio che non sfigurerebbe in nessun teatro italiano. Ma senza andare tanto lontano, una produzione che starebbe benissimo in una manifestazione che non ha messo in scena l’Opera per ben due anni e con motivazioni fantozziane, senza offesa per il Rag. Ugo, come il Festival dei Due Mondi di Spoleto. E pensare che basterebbe lasciare montato il tutto fino a Giugno, e l’affare è fatto.
Ma forse è giunto il tempo di applicare il motto Ordo ab Chao anche da quelle parti. Gli spoletini e in generale il pubblico internazionale, fedeli a queste manifestazioni, vorrebbero non essere più umiliati con giustificazioni alla Pierino.
Per Gabriele Donati
Ed infine un lungo applauso e un minuto di silenzio dedicato in apertura di sipario a Gabriele Donati, attrezzista del Lirico Sperimentale e sportivo scomparso improvvisamente ieri 16 settembre a soli 40 anni, proprio mentre praticava sport. Lo spettacolo è stato tutto dedicato a lui, ricordando che la bellezza è per sempre, anche oltre il tempo della nostra vicenda terrena.
Ordo Ab Chao ! Dal Caos l’Ordine. Non ce lo dimentichiamo. Nemmeno quando un compiaciuto Don Giovanni ormai rinato dal fuoco se la ride beato da un palco di platea mentre osserva il dimenarsi della natura umana ancora viziata dal peso della materia.
Foto di scena: Ludovica Gelpi
Foto ringraziamento finale: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)