Omicidio Provenzano, arrestato a testimoni "C'è il mio zampino" - Tuttoggi.info

Omicidio Provenzano, arrestato a testimoni “C’è il mio zampino”

Sara Minciaroni

Omicidio Provenzano, arrestato a testimoni “C’è il mio zampino”

Gregorio Procopio per quell'omicidio è già stato assolto due volte, ma la Procura non molla / Le implicazioni con altre inchieste
Gio, 15/01/2015 - 18:52

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“In questo c’è il mio zampino”. Così si rivendica un omicidio, si semina la paura e si ottiene “rispetto”. Perché se sbagli muori. Sono le regole della malavita, quella mafia che parla per simboli e fa trovare davanti ad un portone una tavoletta di legno a simboleggiare la bara e il cuore di un animale ucciso.

Non è una sceneggiatura sulle bande criminali, non siamo nei luoghi dove ci si aspetterebbe di incontrare la mafia, ma nell’ordinanza di misure cautelari con la quale sei persone sono state spedite in carcere per aver, a vario titolo, collaborato all’omicidio di Roberto Provenzano, ucciso quasi dieci anni fa a Ponte Felcino e secondo al Procura con le aggravanti della premeditazione e del motivo abbietto. Non è un film, ma il racconto secondo gli inquirenti, di come un uomo legato alla ‘ndrangheta sia stato ucciso per aver violato le regole dello spaccio di droga e aver messo insieme un debito clamoroso che non era in grado di pagare.

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Gli arrestati – Gregorio Procopio per quell’omicidio è già stato assolto due volte. Il 20 gennaio si pronuncerà la Cassazione, ma la Procura non molla, convinta che a premere il grilletto e a far esplodere quel colpo diretto alla testa di Provenzano sia stato lui. Salvatore Papaianni e Vincenzo Bartolo sono indagati quali istigatori dell’omicidio, nonché per esserne stati gli organizzatori e per aver collaborato per procurarsi l’arma. Giuseppe Affatato sarebbe stato il primo ma non l’unico ad avere contrasti con la vittima per questioni di droga e a segnalare il fatto al Papaianni, per poi dare la sua approvazione all’omicidio. Platon Guasi, colui che avrebbe seguito la vittima nella notte dell’omicidio. Procopio Antonio avrebbe accompagnato l’assassino sul luogo del delitto e poi si sarebbe occupato di procurargli la fuga e di far sparire l’arma, mentre a Francesco Elia è toccato il compito di “palo”.

Questa mattina durante il primo interrogatorio di garanzia che si è tenuto in carcere, Antonio Procopio ha negato di essere in qualche modo coinvolto nell’omicidio di Provenzano e sopratutto ha negato di aver mai pronunciato le frasi che oggi lo ‘incastrano’, davanti alla coppia che per mesi, secondo un’altra inchiesta (quella relativa agli arresti per gli SPARI AI NEGOZI DI PERUGIA), avrebbe reso succube.

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I due testimoni, ora sotto protezione, raccontano questo agli inquirenti nel marzo del 2014: “Nell’occasione del ritrovamento del cadavere di un calabrese a Ponte Felcino, mi diceva che era stato l’autore affermando testualmente ‘in questo c’è il mio zampino'(…) e che i carabinieri non avevano capito niente perchè l’esecutore materiale era stato Gregorio e lui stesso aveva fatto scomparire l’arma” e non solo ma che “l’omicidio era stato necessario per dei problemi legati ad una partita di stupefacente”. Cioè secondo quanto ricostruito la vittima “aveva fatto il furbo, non dando il ricavato della vendita di una partita di droga a chi gliel’aveva fornita”.

Ed oltre alle dichiarazioni della coppia ci sono le intercettazioni telefoniche, da rivalutare alla luce delle nuove tecnologie e dalle quali risulta una conversazione tra Gregorio Procopio e Francesco Elia:

F: Lo dovete tummare?

G: mh!

F: Ah lo dovete tummare?….Lo ha detto Salvatore? Lo ha detto?…Papaianni?

F: Si pensa che qua fa un’altra fine (alludendo a Roberto Provenzano)

G: Ma mi dispiace perchè è oggi, però stasera me lo gioco a Robertino

Conversazione che secondo gli inquirenti non ha possibilità di equivoco. Lo stesso giorno intorno alle 14 in un container sottoposto ad intercettazione Procopio Gregorio incontra Guasi Platon, detto Tony, e nella conversazione, dopo che Tony aveva protestato di esser “da lui troppo amico” Procopio afferma “Basta che vieni tu, però. Tu solo vieni, perchè se mi dice certe cose mi dispiace spararlo. Ci sei tu sparo, ma se non vieni tu no”.

Questa vicenda si interseca infine anche con l’operazione “Quarto Passo” perché Papaianni e Bartolo sono gli stessi già arrestati nell’ambito dell’indagine sulla ‘ndrangheta in Umbria.

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