Un vortice di parole, capace di catturare, emozionare e stordire il pubblico. Strappando risate da far venire il mal di gola, costringendo la mente ad un dispendio di energie che portano quasi ad annullarsi entrando nel ritmo che Alessandro Bergonzoni impone al suo “Nel”, andato in scena a Foligno venerdì scorso. Non c’è fune da attraversare per passare da un grattacielo all’altro. Nè asta per restare in equilibrio. Eppure resta in perfetto equilibrio, portandosi dietro, su quella stessa fune, il suo pubblico. Cercando di dare risposte possibili all’impossibile. «Là, oltre l' almeno, tra campi di mucchi, nella valle del sé, nel regno dei gesti, agli antipodi, dove si mandano giù i rospi per sputare i principi, dove si usa l' incredibile per fare il possibile, là, c'è la lingua levatoia che fa passare il pensiero” scrive Bergonzoni della sua ultima opera teatrale.
Portata in scena nella città della quintana, penultima tappa di questo 2009 che gli ha regalato non poche soddisfazioni. Come il premio Ubu quale miglior attore teatrale (prima di lui è andato a Luca Ronconi, Carmelo Bene, Leo De Berardinis, Federico Tiezzi e Pina Baush) e la lectio magistralis tenuta in primavera a Londra, ospite della Italian Society della Oxford University.
C’è l’uomo al centro, il suo disagio, la sua forza e disperazione. Parole e battute innescano una sequenza micidiale, che solo Bergonzoni può interpretare. Come sa bene il suo pubblico che anche a Foligno gli ha tributato il tutto… esaurito.
SC