No, un cuore solo non poteva bastare. E’ stato invece proprio il cuore a tradire la corsa di Nazzareno D’Atanasio, patron del Gruppo Maran venuto a mancare ieri mattina mentre dalla propria abitazione stava raggiungendo l’azienda. Orgoglio di una vita dedicata esclusivamente al lavoro e alla famiglia, baricentro da cui sarebbero partiti chissà quanti altri progetti ancora. Le esequie si terranno domani mattina alle 10,30 nella chiesa di Santa Rita. Il sindaco Cardarelli ha proclamato il lutto cittadino fino alle 12. Anche il consiglio comunale, in programma domani dalle 9, verrà sospeso per consentire alla Giunta e ai consiglieri comunali di partecipare al rito religioso.
Oratorio e lavoro – Nato il 23 agosto 1956 all’ospedale di Foligno, dove papà Giuseppe e mamma Giovanna avevano il loro medico di fiducia, ha vissuto la propria infanzia e adolescenza in via del Tiro a segno, incontaminata oasi di verde a ridosso delle mura urbiche. Alterna le corse in bicicletta e le partite a pallone, all’oratorio di Santa Rita o al parco di Villa Redenta, allo studio e all’aiuto di cui necessita il papà per mandare avanti la famiglia. E’ il primo di tre fratelli – dopo di lui nascono Fabio e Alberto -, anche se della famiglia fanno parte integrante gli amatissimi cugini Beniamino e Sonia. Il ruolo di primogenito lo accompagna per tutta la vita, perché Nazzareno c’è sempre, per chiunque. Terminati brillantemente gli studi con il diploma di perito elettronico (di cui andava orgoglioso alla faccia di qualche detrattore incontrato lungo il cammino), sente il bisogno di mettersi a lavorare per aiutare la famiglia. Rileva così un distributore di benzina all’ingresso nord della città del festival. E’ ancora troppo presto per far capire di che pasta è fatto, ma in animo suo comincia a gettare le basi per una carriera straordinaria. Qualche anno dopo, venduto l’esercizio di carburanti, apre la Piemme, società specializzata in servizi informatici e nella gestione delle risorse umane. E’ l’inizio di una nuova vita professionale che combacia con quella sentimentale: dall’unione con Teresa Maran nascono i figli Camilla ed Edoardo.
Il Gruppo Maran – L’esperienza nella Piemme e l’ingresso nel settore finanziario lo convincono a fondare nel 1993 la Maran Srl (poi trasformata in Spa), ribattezzata così in onore della moglie da cui prende in prestito il cognome. Estremamente riservato, schivo agli eventi mondani, D’Atanasio dimostra di essere un genio visionario, dotato di una incredibile dote nell’instaurare e, soprattutto, mantenere rapporti con tutti. Qualità che gli torneranno utili anche nei momenti meno sereni. L’insegnamento dei genitori, un certo fiuto e l’esser timorato di Dio come della Giustizia, lo mantengono a debita distanza dai furbetti che c’è sempre il rischio di incontrare. Capogruppo e controllate crescono a dismisura. La sede di Spoleto non basta più, grazie all’arrivo di sempre nuovi e importanti clienti (da Unicredit a Vodafone, solo per citare alcune delle aziende che ne preferiscono i servizi), ed ecco allora che la Maran sbarca a Pescara, Roma, Torino, Reggio Calabria e in Romania. Allo scorso anno il gruppo arriva a fatturare nel settore del recupero crediti più di 38 milioni di euro dando occupazione a circa 1.000 persone, quattrocento delle quali solo nella città del festival.
Nonostante gli impegni sempre più faticosi, D’Atanasio c’è sempre per tutti. Non c’è dipendente che non lo conosca personalmente, che non sappia che in caso di bisogno può entrare nel suo ufficio. Le opportunità della legge Biagi costituiscono certamente un ottimo motore per la crescita aziendale, ma lui non si accontenta e con il sindacato avvia un piano straordinario per stabilizzare il personale. Nel frattempo entra a far parte dei cda di DNT Group Srl e Ulisse 4 Srl.
L’improvvisa dipartita ha gettato nello sgomento anche i suoi più stretti collaboratori. Ed è inevitabile che i più si chiedano cosa potrà accadere. Senza dubbio la Maran ha al suo interno gli anticorpi idonei a superare questa difficile fase. Il timone condiviso con il fratello Fabio a capo della direzione operativa, con la moglie Teresa e, da pochissimo tempo, con il figlio Edoardo chiamato a fare i primi passi in azienda
L’ingresso in banca – Il salto di qualità sulla scena pubblica arriva il 21 aprile 2001 quando viene chiamato a far parte del board della Banca Popolare di Spoleto. Anche qui si impegna sodo e conquista con il tempo la stima e la fiducia dei colleghi, fuori e dentro la governance. Anche di quelli che rappresentano la minoranza, come i consiglieri di Rocca Salimbeni o lo stesso Giorgio Raggi (Coop centro Italia). Sono gli anni del massimo splendore della Spoleto cui seguiranno quelli degli scandali dai quali D’Atanasio si tiene sempre lontano. Il 14 febbraio 2011, dopo un cda durato tutta la notte, con Bankitalia che ha già messo nero su bianco la decapitazione del vertice, sfumata l’ipotesi di cooptare Fausto Protasi, accetta la carica di presidente della Banca. Comincia il periodo nero di piazza Pianciani. Sapeva bene che avrebbe dovuto muoversi in un board non ‘suo’, che sarebbe stato controllato persino dagli uscieri, che l’idea di risollevare le sorti dell’istituto non sarebbe stata digerita bene da chi realmente continuava a tenerne il timone. Ci provò lo stesso, perché non era uno da rinunciare alle sfide. Dalla sua sapeva di poter contare sulla famiglia con cui aveva condiviso la fatidica decisione, anche se non tutti i familiari erano d’accordo sapendo a quanto lavoro dovesse già far fronte. Alla guida della Popolare si vedono comunque i primi, deboli segnali di ripresa. Ma le guerre interne alla controllante della Bps, le continue intromissioni ne fiaccano l’immagine giorno dopo giorno. La morte nel giro di pochi mesi dei genitori, e un guaio di salute rappresentano ulteriori “colpi” che lo portano a rivedere il proprio ruolo a piazza Pianciani. Nell’autunno 2012 subisce anche l’assalto alla poltrona che respinge con fermezza e serietà. L’occasione per svelare alcuni retroscena e spiegare cosa è successo nei mesi precedenti lo si capisce nel corso di un pranzo con la stampa locale. E’ il 29 dicembre 2012. Ne scaturisce una intervista destinata a rimanere negli annali della storia dell’istituto e anche in questo caso una straordinaria testimonianza di quanto fosse difficile tenere la barra dritta. Nulla fa presagire che di lì a pochi giorni (il 16 gennaio 2013) rassegnerà le dimissioni dalla presidenza. Cosa è realmente successo in quelle due settimane resterà per sempre un mistero.
Soldi, potere e politica non hanno mai rappresentato un problema per Nazzareno D’Atanasio, anzi ha saputo dare ad ognuno il giusto significato. Lo dimostrò proprio in occasione della conferenza stampa del dicembre 2012 annunciando di aver rinunciato già da mesi agli emolumenti di presidente della banca. E ancora con la decisione di disdire i gadget natalizi in favore della mensa dei poveri che portò nelle casse della Caritas più di 30mila euro. Non amava che si sapesse cosa faceva per i più bisognosi. Ma in una città come Spoleto certi segreti non sono destinati a rimanere tali a lungo. Il suo impegno era risaputo in favore dei ragazzi dell’OAMI, di quelli del CEIS “Don Guerrino Rota”, persino per tenere aperto lo Sportello per gli immigrati. Per non parlare degli interventi in favore delle scuole o dei singoli studenti in difficoltà economiche, ai quali faceva dono dei computer. Così come, quando si trattava di assumere un giovane, prediligeva dare priorità prima di ogni cosa ai suoi concittadini. Sapeva tenere a bada anche la politica, specie i partiti, restando convinto sostenitore delle capacità dei singoli. Che poteva aiutare purché rispecchiassero doti di onestà e trasparenza. Fu così per Daniele Benedetti, è stato così, appena un anno fa, per l’attuale sindaco Fabrizio Cardarelli. Ancor più di recente per Catiuscia Marini.
L’ultima volta che l’ho incontrato è stato venerdì scorso per l’arrivo del ministro Boschi: ancora una sigaretta insieme (maledette!) a parlare di Calcio a 5, della gioia per l’eventuale promozione della Maran Nursia e delle preoccupazioni per il mantenimento in A2. Di progetti nel mondo dell’arte insieme al fratello Alberto, collaboratore di Vittorio Sgarbi, di possibili accordi con società del Nord Europa. Troppo per un solo Cuore.
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