Dopo l’allarme per la presenza di tracce di mercurio nei sedimenti del fiume Paglia, lanciato alcuni giorni fa, l’Arpa Umbria ha deciso di fare chiarezza e di fare il punto questa mattina durante la sua conferenza stampa sulle maggiori criticità ambientali riscontrate nella Conca ternana e sul conseguente potenziamento della propria struttura a servizio dell’Area Umbria Sud. La questione era stata risollevata, dopo 4 anni da quando è stata resa nota, dalla consigliera del comune di Orvieto del M5S Lucia Vergaglia. A preoccupare sono le condizioni del Paglia, in prossimità dell’impianto di discarica “le Crete”, e del Nera che confluiscono nel Tevere sfociando nel Mediterraneo.
“Dalle informazioni acquisite presso il Dipartimento Provinciale di Siena di ARPAT e dal Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze – relaziona Arpa – la presenza di mercurio risulta inequivocabilmente attribuibile alle attività estrattive che insistono nell’area sud del Monte Amiata. Anzitutto va evidenziato che circa il 65% del totale di mercurio estratto al mondo (1.000.000 ton) risulta provenire nell’area Mediterranea. Il quarto sito estrattivo al mondo è situato nel distretto minerario del monte Amiata, collocato a sud della Toscana, immediatamente a nord della regione Umbria con una produzione di circa 102.000 tonnellate di mercurio dal 1860 al 1980. Il fiume Paglia ha un ruolo chiave nel trasporto del mercurio in quanto drena questa area mineraria e si riversa nel fiume Tevere che, in virtù del contributo proveniente dal Paglia, può essere considerato uno dei maggiori contribuenti alla presenza di mercurio nel mar Mediterraneo”.
Per l’area, dopo le attività estrattive, esiste anche un progetto di bonifica, ancora in corso. Nel febbraio 2008 il Comune di Abbadia San Salvatore e Agip hanno firmato a Milano, il contratto preliminare che prevede la cessione al Comune, da parte di Agip, di tutte le pertinenze minerarie e di tutti gli immobili presenti nell’area che sarà interessata dalla bonifica, e l’erogazione di 18,1 milioni di euro. Il progetto di bonifica, ancora in corso, riguarda il solo sito minerario di Abbadia San Salvatore ultimo ad essere chiuso e nel quale sono state estratte circa 50.000 tonnellate di mercurio, approssimativamente pari al 50% del totale estratto nell’area; “va tuttavia sottolineata – aggiunge Arpa – una massiccia presenza di sedimenti contaminati da mercurio depositati sulle rive del fiume Paglia a valle di punti di confluenza con gli affluenti provenienti dall’area mineraria”.
A complicare il delicato equilibrio ambientale ci sono gli eventi di piena, che associati a “fenomeni meteorici straordinari, sempre più frequenti”, come forti piogge, giocano un ruolo fondamentale nella ri-mobilitazione di sedimenti spondali causando la dispersione nell’ecosistema di grandi quantità di mercurio. Questo fenomeno è ben dimostrato dagli esiti di due campagne di analisi eseguite dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, prima e dopo l’alluvione del Novembre 2012 dalle quali si evince un netto aumento della concentrazione di mercurio nei sedimenti spondali dopo l’onda di piena (anche sul Tevere). Un elemento che testimonia come il mercurio sia presente già a valle e non più solo nei siti minerari.
Quindi, come dimostrato da recenti studi, ad oltre 30 anni dalla chiusura del polo minerario continuano ad essere presenti effetti sull’ambiente consistenti in diffusione, anche a grande distanza, di mercurio nell’ecosistema (muscolo dei pesci, suolo, acque superficiali e sedimenti) principalmente attribuibili ad una fonte secondaria di contaminazione, non più situata nei siti estrattivi ma negli accumuli di sedimenti provenienti dai siti stessi ma attualmente presenti sulle rive del Paglia. Le analisi sui pesci hanno evidenziato una alta presenza di mercurio biodisponibile anche in relazione alla presenza di sostanza organica presente negli scarichi che insistono sull’asta fluviale.
Il contesto – La Conca Ternana, sito di storici insediamenti industriali, in particolare nei comparti siderurgico e chimico, comprende territori del Comune di Terni e del Comune di Narni, delimitata a Nord dai Monti Martani, a Sud dalla Macchia di Bussone, a Est dalla Valnerina, a Ovest dal Ponte di Augusto. Proprio l’evoluzione industriale e la riduzione di molte attività produttive nella zona, hanno avuto pesanti pesanti conseguenze sulla qualità dei suoli, degli acquiferi sotterranei e dell’aria. Sono inoltre le condizioni meteorologiche, in particolare durante l’inverno, a non favorire la dispersione degli agenti inquinanti, confinandoli al suolo. Il trend, si legge nel rapporto dell’Arpa Umbria, è dunque “decrescente dei valori emissivi a partire dal 2005 è solo ascrivibile al venir meno o al ridursi delle attività industriali nell’area”.
Il rischio per l’uomo – L’anello più debole di questa catena diventa così l’uomo: non solo il suolo o le acque superficiali, dunque, ma anche la popolazione può avere un impatto “oggi epidemiologicamente constatabile“, si legge nel rapporto Arpa, per via di ingestione, deposito e contatto con le emissioni. Per questo Arpa Umbria scrive e afferma in maniera convinta che la Regione intervenga per stabilire una strategia di intervento insieme ad altri Enti competenti in materia ambientale.
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