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LEGAMBIENTE: USCITO IL RAPPORTO ” ECOMAFIE 2008″

Redazione

LEGAMBIENTE: USCITO IL RAPPORTO ” ECOMAFIE 2008″

Gio, 05/06/2008 - 08:39

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In Italia aumentano i reati, le persone denunciate, i sequestri effettuati e i clan: nel 2007 tutti i numeri dell'illegalità ambientale in Italia crescono in maniera preoccupante. Crescono in particolare gli incendi boschivi dolosi e gli illeciti accertati nei cicli del cemento e dei rifiuti. Sparisce nel nulla una montagna di rifiuti speciali alta poco meno di 2000 metri. Cosa nostra entra a pieno titolo nella gestione del ciclo dei rifiuti ed emerge la “multifunzionalità” del clan dei Casalesi, capace di spaziare dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dall'agricoltura al racket degli animali. I clan dell'ecomafia salgono a 239 (36 in più rispetto allo scorso anno) e il loro giro d'affari stimato per il 2007 si attesta sui 18 miliardi e 400 milioni di euro (quasi un quinto del business totale annuo delle mafie) pur contraendosi rispetto all'anno precedente di circa 4,4 miliardi di euro.Storie e numeri aggiornati sul malaffare che purtroppo riguardano sempre più anche l'Umbria, fino a qualche anno fa considerata isola felice e ben lontana da infiltrazioni malavitose.

E' quanto viene riconfermato dal Rapporto Ecomafia 2008, l'annuale rapporto di Legambiente presentato ieri a Roma da Vittorio Cogliati Dezza e da Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente.E si conferma anche che il ciclo del cemento e quello dei rifiuti sono al centro di traffici illeciti umbri. Per quanto riguarda i rifiuti nel 2007 si sono mantenute stabili le infrazioni accertate rispetto allo scorso anno, ma sono raddoppiati i denunciati, che passano da 114 a 211. Numeri che destano comunque preoccupazione se letti tenendo in considerazione sia la limitata estensione territoriale, sia lo scarso numero di abitanti dell'Umbria. Al centro di una delle più importanti indagini Orvieto e la discarica delle “Crete”, con la presunta infiltrazione della camorra nel trasferimento dei rifiuti dalla Campania all'Umbria in occasione dell'emergenza rifiuti del 2003. La logistica ed il trasporto dei rifiuti tra Napoli ed Orvieto – secondo i magistrati – sarebbero stati appaltati a due società nell'orbita della camorra. I dieci imputati inoltre sono accusati di falsi, abusi e reati ambientali. A rischio di prescrizione se il processo dovesse essere trasferito a Napoli.Numerose inoltre sono le operazioni dei carabinieri del Noe e della Guardia Forestale che riguardano discariche abusive sull'intero territorio umbro.

E' evidente come molte aziende continuano a violare la normativa ambientale per quanto riguarda i rifiuti speciali e come questa diffusa disonestà sembra interessare anche grandi società come a Terni, dove un inchiesta ancora in corso sta accertando se la ASM, responsabile della gestione dell'inceneritore, ha bruciato materiali non autorizzati e se ingenti quantità di liquami sono state scaricate nel Nera in disprezzo dei limiti di concentrazione per mercurio e metalli pesanti. Ma sono soprattutto i reati legati al ciclo del cemento che dimostrano come l'Umbria diventa base ideale per attività “fuori sede” dei clan della 'ndrangheta e della camorra, bisognosi di nuovi mercati in cui riciclare i ricchi proventi dei traffici di rifiuti e stupefacenti. Ricordiamo che l'operazione Naos, condotta a metà febbraio del 2008 dai carabinieri dei Ros e coordinata dalla Dda di Perugia, ha messo in luce l'intreccio di interessi malavitosi che operano in Umbria diventata, dopo il terremoto del 1997, terreno fertile per le attività dei gruppi criminali.

L'operazione ha portato all'arresto di 57 persone esponenti del clan camorristico dei casalesi e della cosca della 'ndrangheta Morabito – Palamara – Bruzzaniti, ma anche amministratori pubblici, professionisti e il direttore di un istituto di credito perugino. Una rete di rapporti necessaria per realizzare i progetti di quella che gli inquirenti hanno definito una “joint-venture camorra-'ndrangheta” in grado attraverso l'appoggio di politici e settori bancari, di accaparrarsi appalti pubblici milionari, riciclando in insediamenti turistici e alberghieri i proventi dei loro loschi affari. Ma anche comprando società in crisi e creandone di nuove “pulite” che sfruttando il meccanismo del massimo ribasso si aggiudicano gli appalti pubblici, assumendo poi operai in nero e lavorando con materiali scadenti.

“Una pratica quella del massimo ribasso utilizzata negli appalti pubblici – dichiara Alessandra Paciotto, Presidente di Legambiente Umbria – che ha offerto nuove opportunità alle aziende legate a strutture criminali. In Umbria la pratica del massimo ribasso, che ha riguardato soprattutto il settore edilizio e quello del ciclo dei rifiuti, ha alterato le regole del libero mercato e per molte aziende dei settori interessati ne è derivata una grave crisi economica, seguita in alcuni casi da un “sostegno” da parte di soggetti con precedenti penali. Altro aspetto degno di attenzione – continua la rappresentante di Legambiente – è l'incremento in Umbria degli investimenti di capitali in attività ricettive da parte di individui che presentano collegamenti con gruppi mafiosi. Operazioni caratterizzate dal notevole impiego di capitali e dalla bassa redditività dell'investimento stesso”. “Tutti fattori questi – conclude la Paciotto – che non devono far abbassare l'attenzione, ma devono invece incoraggiare la costruzione di un sistema di legalità organizzato e diffuso tra cittadini e amministrazioni che impedisca non solo i reati ambientali minori, ma sappia tenere testa alle azioni criminali delle ecomafie”.

“Le ecomafie gestiscono nel nostro Paese una vero e proprio sistema eco-criminale, estremamente flessibile e diversificato, al quale dobbiamo contrapporne uno legale ed eco-sostenibile – commenta Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente – E dobbiamo saperlo difendere con strumenti adeguati. Per questo, come ogni anno, rilanciamo la proposta di introdurre i delitti contro l'ambiente nel nostro Codice penale, per punire in maniera congrua chi avvelena l'aria che respiriamo, inquina l'acqua, saccheggia il territorio, minaccia la nostra salute, penalizza le imprese pulite. Esistono già proposte di legge ampiamente condivise e un quadro di riferimento comunitario sostanzialmente definito. Servono la volontà politica e il tempo per farlo, due condizioni che ci auguriamo siano soddisfatte al più presto. E' urgente, inoltre, reistituire la commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e reintrodurre il fondo per la demolizione degli ecomostri”.


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