“Se non torniamo al lavoro manuale, se non insegniamo ai nostri figli che è 'si necessario studiare', ma senza lavoro non si vive piu’, se non riscopriamo i valori di una volta … quelli veri, che ci sono stati tramandati per generazioni, come appunto il lavoro, la famiglia, la sussidiarietà e la solidarietà, difficilmente riusciremo ad uscire da una crisi sempre più violenta, economica si, ma soprattutto sociale.”
Così si esprime Stelvio Gauzzi, Segretario di Confartigianato Imprese Perugia, a proposito della costante crescita della disoccupazione giovanile e del rapporto esistente tra scuola ed impresa.
“Il tema della scuola, afferma Gauzzi, è da molto tempo al centro di uno scontro aspro tra chi vuole innovare e riformare e chi invece vuole lasciare le cose come stanno. La situazione è preoccupante, perché mi sembra che non ci sia un serio confronto in atto: di fronte a precisi progetti del Governo non ci sono infatti contro proposte, bensì soltanto slogan senza alcun significato, puramente ideologici, gli stessi di tantissimi anni fa (quarant’anni nei quali vi sono stati cambiamenti epocali nell’economia, nella politica, nella cultura)”.
“Eppure, prosegue il Segretario Gauzzi, anche da noi il concetto “scuola” è uno degli argomenti più sentiti da parte delle famiglie e della società civile. Tutti gli studiosi “non di parte” e quindi non legati ai vari carri politici, evidenziano che la nostra scuola versa in una situazione drammatica, con una spesa fuori da ogni parametro (spesa che pagano i contribuenti) e con risultati educativi di basso profilo. La spesa scolastica nazionale ha superato i 60 miliardi di euro (in forte aumento), ma ciò che fa più riflettere è che il 96,98% sono spese correnti, in gran parte stipendi (si sono moltiplicate le Cattedre e posti senza tenere conto delle reali esigenze dell’economia e della società; abbiamo 5.500 corsi di laurea, contro la metà della media europea, senza dimenticare che nel sistema scolastico nazionale ci sono più bidelli – 167.000, che Carabinieri – 116.000. Secondo i dati dell’OCSE la spesa che il nostro paese investe per ogni studente è ai massimi livelli, mentre i nostri studenti si collocano agli ultimi posti nella matematica e nella fisica. L’ Università italiana produce meno laureati del Cile e, “dulcis in fundo” la nostra migliore Università (quella di Bologna) è al 192 posto della graduatoria mondiale, dopo la Corea. Ed allora mi domando: visto che i dati appena esposti non sono di Confartigianato ma dell’OCSE o dell’ISTAT, possibile che nessuno senta la necessità di sedersi intorno ad un tavolo per discutere seriamente del problema??? Chi si farà carico di valorizzare in modo appropriato il rapporto tra scuola e mondo del lavoro, tagliare le enormi spese inutili e recuperare il valore del merito e della qualità scolastica ??. Anche gli ultimi dati dell’ISTAT sull’occupazione parlano di una crisi economica che impatta duramente sui giovani, con particolare riferimento alle donne. Occorre però evidenziare che i danni apportati dalla crisi debbono essere sommati a quelli storici del nostro “sistema paese”, figli di una politica che da tantissimi anni ha preferito scaricare i debiti sul futuro…. Dei giovani. A questo quadro certamente un po’ triste va aggiunta una preoccupante difficoltà nell’aggangiare una pur minima crescita occupazionale (i tassi di disoccupazione che si registrano tra i giovani è superiore al 30% se maschi, e oltre il 40 % se donne).
“Purtroppo, continua Gauzzi, ci sono ancora troppe barriere e ambiguità tra il mondo della scuola e quello del lavoro ed una quantità di percorsi di studio inesorabilmente destinati alla disoccupazione. Abbiamo sacrificato la formazione professionale per favorire una liceizzazione selvaggia, che alimenta facoltà come giurisprudenza, lettere, scienze della comunicazione ….. Abbiamo invece bisogno ti tornare alla manualità: qui il lavoro si trova …. Dove ??? … Nella filiera della panificazione, della pasticceria, della ristorazione, della falegnameria, dell’idraulica, della robotica e persino nel settore della bellezza e dell’estetica. Il lavoro manuale da poi una chance straordinaria in più: quella di passare da dipendente ad imprenditore. Non dimentichiamo che l’Italia è il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania, il secondo per l’export. Dal Rinascimento questo è quello che sappiamo fare meglio: oggetti. Ma con un qualcosa in più che nessuno potrà mai imitare: lo stile, la fantasia, il gusto. Dovremmo infine impegnarci per dare più valore alle nostre produzioni, magari con una Legge seria sul MADE IN ITALY”.
“Credo, conclude Gauzzi, che se i ragazzi non si sono fatti una precisa idea del nostro settore, la stessa sia dovuta ad una errata valutazione da parte delle famiglie, del mondo dell’artigianato e della micro e piccola impresa. I ragazzi usciti dalla scuola non sanno bene come orientarsi nel caotico mondo della burocrazia, non sanno come muoversi per avere i primi contatti con le imprese. Se hanno la fortuna di ottenere un lavoro, affrontano questa esperienza vedendo per la prima volta macchinari ed attezzature, perché durante il periodo scolastico, sono rimasti saldamente sui banchi …. In altre parole abbiamo una scuola che è lontana anni luce dal mondo del lavoro. Ed allora dobbiamo rilanciare il modello dell’alternanza scuola / lavoro, gli stage presso le aziende e i tirocini formativi attraverso il coinvolgimento nel mondo scolastico, di soggetti Istituzionali, economici e sociali presenti sui territori. Solo se scuola, famiglie ed impresa troveranno elementi comuni su cui interagire, i giovani potranno avere maggiori facilità d’ingresso nel mondo del lavoro, e le imprese potranno trovare nelle nuove generazioni quelle risorse utili per migliorare sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello dell’innovazione, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale dei vari territori”.