Nel giorno in cui la Banca d’Italia presenta l’aggiornamento dei dati sull’economia regionale, anche Ires Cgil, con il presidente Bravi ed il confermato segretario generale regionale Sgalla, analizza la situazione economica dell’Umbria, con particolare attenzione al versante occupazionale.
La lettura dei dati Istat relativi al secondo trimestre del 2018 capovolge il fronte dell’andamento dell’occupazione trimestrale su base tendenziale, con un cambio di passo interessante in cui si passa dal -1,3% tendenziale del precedente trimestre a un +1,5% attuale. Si arresta quindi la fase di deterioramento dell’occupazione del mercato del lavoro umbro, che era andata avanti per due trimestri consecutivi evidenziando in questo secondo una dinamica degli occupati totali che torna positiva, gettando le basi per un nuovo ciclo di recupero. La variazione tendenziale ha portato ad un aumento, in valori assoluti, corrispondente a circa 5mila e 400 posti di lavoro in più. Il divario nei confronti del primo trimestre del 2008, tende a posizionarsi al -4,5% andando verso una lenta e graduale chiusura (l’anno scorso era pari a -5,9%).
I disoccupati si riducono in modo piuttosto pronunciato (-14,9%) determinando in un anno la discesa del tasso di disoccupazione di 1,5 punti che va a collocarsi al 9%. Riguardo alle caratteristiche di genere si osserva un contributo positivo più intenso per i maschi (+1,7%) rispetto alle femmine (+1,3%). Considerando la modalità di lavoro, dopo che per sei trimestri di seguito l’andamento occupazionale è stato interamente sostenuto in positivo dal lavoro dipendente, è cambiato il peso dei contributi, con un incremento degli occupati interamente a carico della componente autonoma (da -10,3% a +12,7%) rispetto a una contrazione che ha interessato, all’opposto, proprio il lavoro dipendente (da +1,7% a -2,2%).
Per l’Umbria, in particolare, una crescita occupazionale più sostenuta, insieme ad una flebile crescita economica, non era sostenibile a lungo e il sistema economico umbro è uscito dall’ultima recessione piuttosto indebolito. Diviene quindi basilare ancorare la ripresa ad un recupero dell’occupazione in grado di consolidarsi nel tempo.
I settori che danno lavoro in Umbria
L’analisi per settore di attività evidenzia come nel secondo trimestre del 2018 il miglioramento della dinamica occupazionale risulti dipendere in particolare dall’aumento delle attività commerciali e turistiche (da +3,9% a +7,7% la variazione) insieme all’agricoltura (da -14,3% a +33%) e al comparto costruzioni (da -13,8% a +16,8%); in valori assoluti la variazione maggiormente intensa ha riguardato il comparto commerciale – turistico (con +5 mila e 400 unità), portando il livello di stock ad un’incidenza del 21%; il contributo generato per la variazione complessiva è pari a 1,5 punti. Si ridimensiona notevolmente l’industria in senso stretto (da +7,8% a -13%) con un contributo alla variazione complessiva incisivo in termini negativi (-2,6%). Il recupero occupazionale risulta caratterizzato da uno composizione più eterogenea in cui, tuttavia, l’industria non ha apportato il contributo auspicato e necessario per rafforzare la ripresa dell’occupazione.
Più assunzioni a tempo indeterminato
Nel periodo gennaio-giugno 2018 le assunzioni complessive di lavoro dipendente, in base ai dati INPS, continuano ad aumentare anche se ad un ritmo inferiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente pari a circa 5 mila posizioni di lavoro dipendente in più e un incremento relativo del 12,2% rappresentando una decelerazione nei confronti del +28,2% registrato nel primo semestre del 2017; il totale si porta così a poco più di 46 mila assunzioni totali: la quota di lavoratori somministrati risulta superiore all’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato (19,7% rispetto a 13,7%) considerando il semplice peso sulle assunzioni totali al netto delle trasformazioni. Da un lato si conferma, fin dai primi tre mesi dell’anno, la ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato (che passano da –12,3% di giugno 2017 a +19,6%) e dall’altro lato sembrano continuare ad aumentare tutte quelle forme di rapporto atipico riconducibili in senso ampio al lavoro a tempo determinato, anche se con dinamiche più moderate rispetto a quanto registrato nello stesso periodo dell’anno precedente; per esempio il lavoro intermittente passa da una dinamica quasi esponenziale (+144,6%) a un andamento più contenuto (+3,6%). Il lavoro a termine cresce meno del tempo indeterminato (+10,2%) risentendo soprattutto di proroghe e rinnovi dei rapporti in essere per limitare la stretta sulle causali.
Stabilizzazioni dei precari
In un quadro generale caratterizzato da flussi sul versante domanda di lavoro in fase di assestamento il lavoro a tempo indeterminato tende a rimarcare la fase di recupero, tanto che otteniamo 9 mila e 585 rapporti complessivamente attivati se consideriamo anche le trasformazioni (+23,6% in un anno). La quota di incidenza cambia e sarebbe pari al 13,7% se consideriamo le assunzioni a tempo indeterminato semplicemente sul totale; se, tuttavia, escludiamo le assunzioni stagionali, e pesiamo i nuovi rapporti di lavoro attivati e variati sul totale rapporti attivati e variati, ovvero tenendo conto anche delle trasformazioni, allora la quota salirebbe al 20,2% e risultando in moderato aumento in un anno (era al 18,6%).