Dall’aula un “vergogna, vergogna”, dall’emiciclo un “se il primo cittadino, il principe Romizi, non si presenta, lo andiamo a prendere dal suo ufficio”. E’ questa una nuova puntata del caso del piccolo Joan, il bambino nato in Spagna da due mamme perugine. E’ infatti di queste ore la notizia in base alla quale il Comune di Perugia ha deciso di ricorrere in appello contro la decisione del Tribunale di Perugia, che imponeva al Sindaco Romizi di trascrivere integralmente l’atto di nascita del bambino.
Una questione che ha preso, nel corso del pomeriggio di oggi 25 giugno, i colori della protesta durante la seduta del Consiglio comunale: da una parte l’associazione Omphalos, che con i suoi rappresentanti ha preteso spiegazioni dall’amministrazione; dall’altro il sindaco Romizi, il quale, dopo una lunga attesa, ha rimandato al mittente le accuse sul ricorso all’appello.
Ritardi e proteste
E’ cominciato non certo con i migliori presupposti il consiglio comune di Perugia di oggi: sindaco e assessori assenti. Unici pervenuti in prima battuta gli assessori Diego Dramane Waguè e Michele Fioroni. All’ordine del giorno anche l’interrogazione del gruppo del Partito Democratico, che, dopo aver chiesto più volte il riconoscimento del diritto di cittadinanza di Joan, della bigenitorialità, della trascrizione del suo atto di nascita, si è riproposto di incalzare il Sindaco sull’applicazione della sentenza del Tribunale Civile di Perugia, per una trascrizione dell’atto integrale.
Partono le prime battute da parte dei consiglieri dell’opposizione Tommaso Bori e Sarah Bistocchi: “gli assessori e la loro presenza non sono come figurine“, dicono. E ancora, “il bambino è un nostro concittadino. Il Sindaco Romizi venga in aula a spiegare e a dare una risposta alla grande presenza in sala. Questo comune sta danneggiando Joan con violenza. È servita la decisione di un giudice in Tribunale per dare la possibilità di vedersi riconosciuti i propri documenti”. Ma Romizi è impegnato nel suo ufficio e decide in prima battuta di non presentarsi. Scatta così la protesta: con i consiglieri del PD e del Movimento 5 Stelle, i rappresentati di Omphalos decidono di recarsi nell’ufficio del Sindaco.
L'”invasione” negli uffici del Sindaco
Il sindaco Romizi resta trincerato nel suo ufficio, “come in una roccaforte nel deserto“, confermano dall’opposizione. Impegnato in altri appuntamenti, compare solo dopo diverse decine di minuti di attesa, affermando di avere necessità di documentarsi sul caso prima di rispondere al question time e fare dichiarazioni. In un primo colloquio con le associazioni, Romizi replica: “il ricorso è stato presentato dall’avvocatura dello Stato“.
Una risposta che Omphalos non accette a cui replica con un coro di richiesta di dimissioni, appellandosi a quanto riportato nell’intestazione del ricorso stesso.
Romizi replica
Arriva poi il momento atteso per più di due ore. Il sindaco Romizi si presenta in aula: si scusa per il ritardo, puntando subito a evitare di fare del caso un questione di orientamento politico o a un credo di una singola persona. “La tematica – ha precisato – sta mettendo in grande difficoltà tutti i comuni. Si sta attendendo una legislazione nazionale che dia ad ogni sindaco un’indicazione precisa. Quello che posso assicurare è che il sindaco non ha mai fatto nessuna pressione rispetto a quale soluzione si dovesse adottare, anche perché ritengo che debbano essere gli uffici a dover istruire la pratica seguendo la normativa vigente.”
Romizi ha quindi ricostruito le principali tappe della vicenda, a partire dal 1 febbraio, quando il Comune ha ricevuto la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita dal consolato di Barcellona, nel quale il bambino risulta figlio di due madri (indicate come A e B), cittadine italiane residenti all’estero, unite civilmente all’estero. “Si è resa necessaria anche – ha previsto Romizi – la traduzione giurata proprio perché la casisitica non è prevista dal nostro ordinamento, traduzione che è arrivata a marzo. A quel punto, il 19 aprile, si è chiesto alla Prefettura un parere in merito alla trascrivibilità dell’atto, a seguito anche di altre pronunce e la Prefettura ha ribadito la necessità di applicazione della normativa attualmente vigente. Per questo la trascrizione è stata rifiutata -ha spiegato ancora il Sindaco- salvo poi inviare un’ulteriore richiesta di parere al Ministero degli Interni, senza peraltro ricevere risposta. Dico ciò a testimonianza del fatto che da parte dell’amministrazione non vi è nessuna chiusura, ma, al contrario, abbiamo messo in campo tutte le iniziative per avere una valutazione più completa possibile.”
In seguito, le madri hanno presentato ricorso e il 13 dicembre lo stesso Ministero degli interni ha proposto la trascrizione parziale dell’atto, solo relativamente alla madre partoriente. L’ufficio ha, quindi, proceduto alla trascrizione parziale dell’atto, adeguandosi alle direttive imparate dal Ministero ma, a marzo, il tribunale ha ordinato la trascrizione integrale dello stesso, atto contro il quale l’avvocatura distrettuale, che rappresenta tutti gli ufficiali di stato civile, in autonomia, ha presentato reclamo il 14 maggio scorso. “Il Sindaco di Perugia -ha spiegato Romizi- non è assolutamente intervenuto in quel reclamo, ma è l’Avvocatura dello Stato in autonomia che l’ha presentato e l’ha comunicato per conoscenza alla Prefettura e al Sindaco in quanto ufficiale di stato civile da essa rappresentato. Non corrisponde, quindi, al vero il fatto che il sindaco si sia attivato per il ricorso.”
Ad oggi, dunque, la trascrizione non è stata effettuata in quanto il decreto non è ancora esecutivo né l’esecutività risulta essere stata richiesta dalle parti. “Nelle more del reclamo – ha precisato ancora il Sindaco – abbiamo anche chiesto di poter procedere alla trascrizione e siamo in attesa da parte dell’avvocatura di una risposta al riguardo”.